Nella messa a Santa Marta Francesco prega perché il Signore tocchi il cuore di mafiosi e usurai

Per la conversione dei tanti Giuda di oggi

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08 aprile 2020

«Preghiamo oggi per la gente che, in questo tempo di pandemia, fa commercio con i bisognosi; approfittano della necessità degli altri e li vendono: i mafiosi, gli usurai e tanti. Che il Signore tocchi il loro cuore e li converta». Non è ricorso a giri di parole Papa Francesco, mercoledì mattina, 8 aprile, all’inizio della messa celebrata nella cappella di Casa Santa Marta e trasmessa in diretta streaming. Invitando poi, nell’omelia, a guardare ai tanti «Giuda istituzionalizzati» di oggi che, in diversi modi, sfruttano e vendono le persone, familiari compresi. Ma anche al «piccolo Giuda» che è in ciascuno, pronto a tradire per interesse.

«Mercoledì Santo è chiamato anche “mercoledì del tradimento”, il giorno nel quale si sottolinea nella Chiesa il tradimento di Giuda», ha spiegato il Papa dando il via alla sua meditazione. Il passo del Vangelo di Matteo (26, 14-25), proposto dalla liturgia, ricorda proprio che «Giuda vende il Maestro».

In realtà, «quando noi pensiamo al fatto di vendere gente — ha fatto presente il Pontefice — viene alla mente il commercio fatto con gli schiavi dall’Africa per portarli in America: una cosa vecchia». E ci sembra una «cosa lontana» anche «il commercio, per esempio, delle ragazze yazide vendute a Daesh».

Però «anche oggi si vende gente, tutti i giorni» ha affermato Francesco. Anche oggi, dunque, «ci sono dei Giuda che vendono i fratelli e le sorelle: sfruttandoli nel lavoro, non pagando il giusto, non riconoscendo i doveri».

«Anzi, vendono tante volte le cose più care» ha rilanciato il Papa, confidando di pensare «che, per essere più comodo, un uomo è capace di allontanare i genitori e non vederli più; metterli al sicuro in una casa di riposo e non andare a trovarli». Si «vende» senza scrupoli.

A questo proposito il Pontefice ha ricordato che «c’è un detto molto comune che, parlando di gente così, dice che “questo è capace di vendere la propria madre”: e la vendono». Come a dire: «Adesso sono tranquilli, sono allontanati: “Curateli voi”».

«Oggi il commercio umano — ha insistito Francesco — è come ai primi tempi: si fa. E questo perché? Perché: Gesù lo ha detto. Lui ha dato al denaro una signorìa. Gesù ha detto: “Non si può servire Dio e il denaro”, due signori» (cfr. Luca 16, 13). Ed «è l’unica cosa — ha fatto notare — che Gesù pone all’altezza e ognuno di noi deve scegliere: o servi Dio, e sarai libero nell’adorazione e nel servizio; o servi il denaro, e sarai schiavo del denaro».

«Questa è l’opzione», ma «tanta gente vuole servire Dio e il denaro e questo non si può fare» ha puntualizzato il Papa. Tanto che, «alla fine, fanno finta di servire Dio per servire il denaro». Si tratta degli «sfruttatori nascosti che sono socialmente impeccabili, ma sotto il tavolo fanno il commercio, anche con la gente: non importa. Lo sfruttamento umano è vendere il prossimo».

«Giuda se n’è andato — ha proseguito il Pontefice — ma ha lasciato dei discepoli, che non sono suoi discepoli ma del diavolo». Del resto, «com’è stata la vita di Giuda noi non lo sappiamo. Un ragazzo normale, forse, e anche con inquietudini, perché il Signore lo ha chiamato a essere discepolo». Però «lui mai è riuscito a esserlo: non aveva bocca di discepolo e cuore di discepolo come abbiamo letto nella prima lettura» ha rimarcato Francesco, facendo riferimento al passo tratto da libro del profeta Isaia (50, 4-9).

Insomma, Giuda «era debole nel discepolato, ma Gesù lo amava». In realtà, ha aggiunto il Papa, «il Vangelo ci fa capire che» a Giuda «piacevano i soldi: a casa di Lazzaro, quando Maria unge i piedi di Gesù con quel profumo così costoso, lui fa la riflessione e Giovanni sottolinea: “Ma non lo dice perché amava i poveri: perché era ladro”» (cfr. Giovanni 12, 6).

E così «l’amore al denaro lo aveva portato fuori dalle regole: a rubare, e da rubare a tradire c’è un passo piccolino» ha affermato il Pontefice. «Chi ama troppo i soldi — ha aggiunto — tradisce per averne di più, sempre: è una regola, è un dato di fatto». Ed ecco che «il Giuda ragazzo, forse buono, con buone intenzioni, finisce traditore al punto di andare al mercato a vendere: “Andò dai capi dei sacerdoti e disse: ‘Quanto volete darmi perché io ve lo consegni’”, direttamente?» (cfr. Matteo 26, 14).

«A mio avviso, quest’uomo era fuori di sé» ha spiegato Francesco. «Una cosa che attira la mia attenzione — ha confidato — è che Gesù mai gli dice “traditore”; dice che sarà tradito, ma non dice a lui “traditore”. Mai gli dice “vai via, traditore”. Mai! Anzi, gli dice “amico” e lo bacia».

Siamo davanti al «mistero di Giuda: com’è il mistero di Giuda? Don Primo Mazzolari l’ha spiegato meglio di me» ha affermato il Papa ricordando l’omelia — di cui riportiamo uno stralcio in questa pagina — che il parroco di Bozzolo pronunciò il Giovedì santo del 1958. «Sì, mi consola — ha proseguito — contemplare quel capitello di Vèzelay: come finì Giuda? Non so. Gesù minaccia forte, qui; minaccia forte: “Guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”» scrive Giovanni nel suo Vangelo. «Ma questo vuol dire che Giuda è all’Inferno? Non so. Io guardo il capitello. E sento la parola di Gesù: “Amico”» ha detto Francesco.

Tutto «questo — ha affermato — ci fa pensare a un’altra cosa, che è più reale, più di oggi: il diavolo entrò in Giuda, è stato il diavolo a condurlo a questo punto. E come finì la storia? Il diavolo è un mal pagatore: non è un pagatore affidabile. Ti promette tutto, ti fa vedere tutto e alla fine ti lascia solo nella tua disperazione ad impiccarti».

«Il cuore di Giuda», ha fatto presente Francesco, è «inquieto, tormentato dalla cupidigia e tormentato dall’amore a Gesù». È «un amore che non è riuscito a farsi amore». Così Giuda, «tormentato con questa nebbia, torna dai sacerdoti chiedendo perdono, chiedendo salvezza». Ma si sente rispondere: «Cosa c’entriamo noi? È cosa tua». Infatti «il diavolo parla così e ci lascia nella disperazione».

Concludendo la meditazione il Pontefice ha invitato a pensare «a tanti Giuda istituzionalizzati in questo mondo, che sfruttano la gente». Ma ha chiesto di pensare «anche al “piccolo Giuda” che ognuno di noi ha dentro di sé nell’ora di scegliere: fra lealtà o interesse». Con la consapevolezza che ciascuno «ha la capacità di tradire, di vendere, di scegliere per il proprio interesse. Ognuno di noi ha la possibilità di lasciarsi attirare dall’amore dei soldi o dei beni o del benessere futuro». Insomma: «Giuda, dove sei?» è una domanda che Francesco suggerisce di porre a se stessi: «Tu, Giuda, il “piccolo Giuda” che ho dentro: dove sei?».

È poi con la preghiera del cardinale Rafael Merry del Val che il Papa ha invitato «le persone che non possono comunicarsi» a fare la comunione spirituale. E ha concluso la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica. Per sostare infine in preghiera davanti all’immagine mariana nella cappella di Casa Santa Marta, accompagnato dal canto dell’antifona Ave Regina Caelorum.

 

Il testo di don Mazzolari riproposto dal Papa nell’omelia

Nostro fratello


Povero Giuda. Povero fratello nostro. Il più grande dei peccati, non è quello di vendere il Cristo; è quello di disperare. Anche Pietro aveva negato il Maestro; e poi lo ha guardato e si è messo a piangere e il Signore lo ha ricollocato al suo posto: il suo vicario. Tutti gli apostoli hanno abbandonato il Signore e son tornati, e il Cristo ha perdonato loro e li ha ripresi con la stessa fiducia. Credete voi che non ci sarebbe stato posto anche per Giuda se avesse voluto, se si fosse portato ai piedi del calvario, se lo avesse guardato almeno a un angolo o a una svolta della strada della Via Crucis: la salvezza sarebbe arrivata anche per lui. Povero Giuda. Una croce e un albero di un impiccato. Dei chiodi e una corda. Provate a confrontare queste due fini. Voi mi direte: “Muore l’uno e muore l’altro”. Io però vorrei domandarvi qual è la morte che voi eleggete, sulla croce come il Cristo, nella speranza del Cristo, o impiccati, disperati, senza niente davanti. Perdonatemi se questa sera che avrebbe dovuto essere di intimità, io vi ho portato delle considerazioni così dolorose, ma io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l’ultimo momento, ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due ladroni.

(Giovedì Santo, 3 aprile 1958)

Il capitello di Vézelay


«Mi consola contemplare quel capitello di Vézelay». È la confidenza spirituale offerta da Papa Francesco nella sua meditazione mattutina a Santa Marta. Il riferimento è a un capitello medievale della basilica di Vézelay, in Borgogna, dedicata a Santa Maria Maddalena, sull’antica via per Santiago de Compostela. Proprio sul primo capitello, a circa venti metri dal pavimento, a destra guardando l’altare, c’è una scultura che colpisce e sconcerta. Da un lato si vede Giuda impiccato, con la lingua di fuori, circondato dai diavoli. La sorpresa arriva dall’altro lato del capitello: c’è il Buon Pastore che porta sulle spalle proprio il corpo di Giuda.