· Città del Vaticano ·

Nelle diocesi francesi

Nell’attesa di ritrovarsi tutti insieme

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08 aprile 2020

Quest’anno l’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus ha dettato anche in Francia misure eccezionali per i riti liturgici della Settimana Santa. Rinviato nella sua forma solenne anche uno dei momenti più attesi nell’anno dai sacerdoti e dai loro pastori: la messa crismale, considerata una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri con lui. Di fronte alla pandemia e secondo le raccomandazioni della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, le diocesi di Francia hanno deciso di rinviare questa messa ai giorni precedenti la Pentecoste o di mantenere la celebrazione ma con poche persone e senza il tradizionale rinnovamento delle promesse sacerdotali. In segno di comunione, i vescovi hanno tuttavia invitato i loro preti a pregare singolarmente rispettando lo stesso orario.

«La messa crismale — indica monsignor Matthieu Rougé, vescovo di Nanterre, nella periferia di Parigi — costituisce un momento importante dell’anno liturgico per l’insieme della diocesi. Per i preti è molto prezioso rinnovare le promesse sacerdotali prima di amministrare la cresima e il rinnovo delle promesse di battesimo dei fedeli durante la vigilia pasquale. Attraverso la benedizione degli oli, portiamo nella preghiera tutti coloro che sono stati affidati al nostro ministero di santificazione. Sono numerosi i sacerdoti che desiderano confessarsi all’avvicinarsi della messa crismale, e molte diocesi, tra cui la mia — continua il presule — di solito preparano questa messa con un tempo di raccoglimento e la prolungano con un momento di fratellanza».

«Per un vescovo, celebrare la Settimana Santa fisicamente lontani gli uni dagli altri è estremamente doloroso, ma lo è anche per i preti, i diaconi, i consacrati e i fedeli — commenta ancora il presule, che ha deciso di celebrare la messa del crisma alla fine del tempo pasquale —, tuttavia grazie agli strumenti tecnologici che ci consentono delle ampie ritrasmissioni, siamo chiamati a un maggior investimento spirituale». D’altronde, rileva monsignor Rougé, «quest’anno tutto sembra essere chiamato a evolvere verso un accrescimento di profondità spirituale in una grande povertà sensibile, una vera “kenosis”. Dall’inizio del confinamento, sono colpito dall’intensificazione della vita di fratellanza nella mia diocesi: celebrazioni religiose in comune, pasti condivisi, lavoro collettivo per proporre ai fedeli strumenti di formazione innovativi. In questo contesto di kenosis liturgica e umana, siamo chiamati ad andare al fondo del nostro sacerdozio».

«Mi mancherà molto non poter concelebrare questa messa, anche se ne comprendo i motivi — confida dal canto suo don Cédric Burgun, sacerdote della diocesi di Metz e vice-decano della facoltà di diritto canonico di Parigi — di solito per me si tratta anche di un’occasione per rivedere i miei confratelli, spesso lontani, visti i ritmi diversi delle nostre attività. È quindi una grande rinuncia per noi, anche se avremo modo più in là di celebrare la messa crismale». Per molte diocesi, ricorda, la messa del crisma è «un’occasione per riunirsi intorno al vescovo, un tempo di incontro, di dialogo, nel corso del quale il vescovo può rivolgere un incoraggiamento particolare nella missione sacerdotale». Certamente, ammette, «anche durante Pasqua viene rinnovata la promessa di seguire il Cristo da parte dei fedeli e dei preti, ma nella messa crismale si rinnova questa chiamata particolare che i sacerdoti hanno ricevuto».

Inoltre, «nel corso della messa crismale più che mai il vescovo si sente padre». «Ci sono altre occasioni di concelebrare con il proprio pastore come per esempio nel corso delle ordinazioni sacerdotali — prosegue don Cédric — ma in questo caso il vescovo, usando in particolare l’espressione “carissimi figli”, si rivolge veramente ai preti della sua diocesi nella sua dimensione paterna, oltre a quella fraterna».

Nella cattedrale gotica di Amiens, a nord della Francia, il vescovo, monsignor Olivier Leborgne, ha celebrato la messa crismale martedì sera con poche persone, mantenendo soltanto la benedizione degli oli sacri, e ogni prete della diocesi è stato invitato a celebrare la messa contemporaneamente, dal canto suo, in segno di comunione. «Inoltre, ogni giorno invio ai sacerdoti una piccola meditazione per esprimere il mio legame spirituale di comunione», racconta monsignor Leborgne. «La crisi sanitaria — spiega poi il presule — ci ha spinto a ripensare la nostra missione, nella mia diocesi per esempio l’impegno dei sacerdoti si era un po’ affievolito nella celebrazione delle esequie, adesso è invece diventata la nostra missione primordiale, qualcosa si è rinnovato». «Siamo meravigliati da come hanno reagito tanti sacerdoti che offrono il dono di se stessi — osserva il vescovo di Amiens — dedicandosi alla cura di coloro che soffrono maggiormente nelle loro comunità, forse ancor più amorevolmente di prima».

«Non so se il coronavirus farà sorgere delle conversioni o se l’uomo ripartirà come se niente fosse — commenta da parte sua don Cédric — ma molti sacerdoti hanno trovato nuovi modi di comunicare con i loro parrocchiani, le iniziative pastorali si stanno moltiplicando, e soprattutto la Chiesa è tornata alla sua missione originaria, quella di pregare vicino ai malati e a coloro che soffrono». «Si parla molto della malattia, ma noi preti non dobbiamo dimenticare di intensificare la nostra preghiera e tutta una catechesi della speranza anche per coloro che sono paralizzati dalla paura», insiste il sacerdote, ritenendo che «i fedeli hanno più che mai bisogno di potersi rivolgere ai loro sacerdoti»

«Esprimendo attenzione, testimonianza, insegnamento, i sacerdoti devono più che mai essere portatori di questa speranza che, fondata sulla fede, apre alla carità. La fiamma della fede — riassume il vescovo di Nanterre — non si spegnerà mai: è questa la nostra parola d’ordine diocesana durante il confinamento. Ciò che stiamo vivendo è inedito e doloroso, ma sono persuaso che contiene i germi del rinnovamento».

di Charles de Pechpeyrou