· Città del Vaticano ·

Primo incontro mondiale della gioventù promosso in rete da Scholas Occurrentes al tempo dell’emergenza sanitaria

È la speranza il vaccino contro il covid-19

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31 marzo 2020

Come realizzare il primo raduno mondiale di giovani al tempo del covid-19, quando per antonomasia gli incontri personali sono limitati o, in alcuni Paesi, praticamente assenti? Scholas occurrentes ci è riuscita utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione sociale.

Ragazze e ragazzi di tutto il mondo si sono ritrovati, lunedì 30 marzo, davanti a computer, a smartphone e tablet e si sono collegati attraverso la rete internet: un arcobaleno di saluti e di volti giovanili che si sono incontrati virtualmente per rispondere alle sfide dell’emergenza sanitaria globale.

Giovani appena svegliatisi nel Continente americano hanno incrociato gli sguardi con quelli che vivono in Asia e in Oceania, dove il giorno era ormai tramontato: in più di centoventi hanno accolto l’invito di Papa Francesco al dialogo, alla fraternità, alla solidarietà. E hanno risposto a quelli che sono, al contempo, appello e invocazione del Pontefice: «Nessuno si salva da solo». Su un immaginario mappamondo, a poco a poco, le luci delle connessioni si sono accese su 60 città: da Miami a Maputo, da Santo Domingo a Roma, da Madrid a Port-au-Prince, da Lisbona ad Asunción del Paraguay; e poi ancora a Barranquilla, Buenos Aires, Tokyo, Città del Messico, Barcellona, Setagaya-ku, Porto, La Plata, Napoli, Tampa, Vigo, Panama, Bucarest, Cascais, Monterrey, Medellín. Immagini di facce sorridenti, di adolescenti catturati dalla videocamera nei momenti più usuali e comuni della giornata: chi beveva, chi suonava la chitarra, chi accarezzava il gatto, chi mostrava la cameretta, chi faceva colazione e chi augurava buongiorno o buonanotte nelle varie lingue. Parole come coraggio, incontro, sacrificio, famiglia, unità, condivisione, fraternità, empatia, sono echeggiate attraverso i vari monitor.

I ragazzi si sono confrontati su una realtà completamente nuova: la pandemia del covid-19 che pone interrogativi e problematiche inedite e getta nella paura e nel disagio milioni di famiglie. È per questo che la cultura dell’incontro, anche se a distanza per motivi di prevenzione, è quanto mai necessaria. I ragazzi si sono scambiati le esperienze che stanno vivendo in questo momento di epidemia, non nascondendo la paura e il senso di impotenza, ma cercando di progettare il dopo e quello che verrà. Con la certezza che niente sarà più come prima. Moltissimi sono stati gli appelli alla responsabilità e alla solidarietà verso i malati e quanti soffrono per la perdita dei loro cari. Diverse le sensibilità e i contesti a seconda o meno della presenza del covid-19 in misura marginale o esponenziale nei Paesi di appartenenza. Dalle loro parole traspariva la consapevolezza di dover affrontare l’emergenza attraverso la prevenzione, come ha detto Celestino dal Mozambico: «Dobbiamo restare nelle nostre case e prenderci cura di noi stessi. Anche se qui il virus non è ancora arrivato, dobbiamo proteggerci. Ci sono molte persone che vogliono uscire... Sembra che non ci sia consapevolezza di ciò che sta accadendo, ma è perché non conoscono la gravità» della situazione.

Altro elemento evidenziato, il timore che le strutture sanitarie e sociali non possano reggere all’ondata di possibili contagi, come ha affermato Dominique, di Haiti: «Qui siamo preoccupati. Se stanno soffrendo i paesi che in genere sono pronti a resistere a questo tipo di crisi, immaginando Haiti, crediamo di non esser pronti. Quindi se hai l’opportunità di aiutare qualcuno, fallo. Questo è il momento della solidarietà».

Anche Bryan, di Panamá, è sulla stessa linea: «Vedo sempre qualcosa di positivo in tutto, ed è ciò che stiamo condividendo; non abbiamo perso la rete di comunicazione, e questa è la cosa più importante. Sebbene siamo in un momento di crisi, siamo ancora in piedi; non come amici o conoscenti, ma come la grande famiglia di Scholas».

Molto coinvolti emotivamente i ragazzi che vivono nelle terre in cui la pandemia sta facendo diverse vittime: come Sonia, di Palermo, che ha definito l’iniziativa di Scholas «una boccata d’aria che in questo momento unisce pezzi di cuore sparsi in tutto il mondo. È speciale. Grazie per continuare a farmi vivere emozioni che non potrò mai trasmettere a parole», ha aggiunto.

Il primo appuntamento virtuale globale ha avuto come attività conclusiva la condivisione di parole e idee attorno alle quali continuare a sviluppare il dialogo e il contatto virtuale continuo. Due sono stati i termini guida ripetuti da più parti: “speranza” e “incontro”. Giunta l’ora di chiudere i collegamenti è stato come interrompere il momento più piacevole della giornata e per qualcuno quello più simpatico vissuto da settimane. A quel punto, è intervenuto José María del Corral, co-fondatore della rete mondiale Scholas occurrentes insieme a Enrique Palmeyro che, rivolgendosi ai ragazzi, ha detto loro: «Oggi avete creato il miglior vaccino, e gli avete dato un nome: “speranza”». (n.g.)