· Città del Vaticano ·

È l’ora della vita contemplativa

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26 marzo 2020

Una lettera del cardinale Ouellet alle clarisse di Assisi

Come spose dell’Agnello immolato le monache contemplative, soprattutto in questo periodo di pandemia del covid-19, si inchinano «maternamente sugli agonizzanti del giorno e sui disperati della notte», e invocano su ogni dolore e ogni morte «la consolazione della speranza che non delude». Lo sottolinea il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, in una lettera inviata a madre Chiara Agnese Acquadro, badessa del Protomonastero delle clarisse di Assisi. La presenza discreta e diffusa di chi per vocazione e per amore di Cristo ha scelto la via della clausura, fa notare il porporato, «è un balsamo di tenerezza e di pace sulle piaghe di tutti i fratelli e sorelle nell’umanità».

Cara Madre Agnese,  Lei mi ha telefonato a proposito della pandemia del coronavirus. Era il momento in cui Papa Francesco domandava alle famiglie in isolamento involontario che i loro cuori oltrepassassero le mura domestiche. Cor ad cor loquitur. Ci siamo aiutati vicendevolmente a reagire nella fede e Lei mi ha pregato di scrivere qualche parola alle sue sorelle monache. 

Lo faccio volentieri per amicizia, ma soprattutto nel nome di Gesù che vi ha chiamato un giorno all’isolamento volontario per amore. Non siete forse benedette perché camminate con Lui al cuore della Chiesa pellegrina, aprendo sempre di più la vostra anima ai segreti del Suo Cuore? Si pensa a volte che abbiate fuggito il mondo per gioire tranquillamente dell’amicizia di Dio. L’attualità ci libera da questa visione parziale. Nell’ora infatti in cui, nonostante l’eroismo di uomini e donne che operano nella sanità, tante famiglie soffrono la malattia e la morte dei loro cari nella solitudine, senza poterli accompagnare né dar loro l’estremo saluto, voi, contemplative del Crocifisso, voi siete al loro capezzale, voi alle quali lo Spirito allarga il cuore fino alle frontiere più nascoste dell’umanità che soffre. 

Cara Madre Agnese, la pandemia che ci confina in casa è la vostra ora, l’ora della vita contemplativa che riconduce l’umanità e la Chiesa a Dio, all’essenziale della fede, alla preghiera e alla comunione nello Spirito. Voi, spose dell’Agnello immolato, vi inchinate maternamente sugli agonizzanti del giorno e sui disperati della notte, e invocate su ogni dolore e ogni morte la consolazione della Speranza che non delude. La vostra presenza discreta e diffusa, portata dal Soffio del Risorto e dai profumi del Suo Amore nuziale, è un balsamo di tenerezza e di pace sulle piaghe di tutti i fratelli e sorelle nell’umanità. 

Come è possibile questo? Chiede una generazione paralizzata dalla mondializzazione dell’indifferenza e accecata dal culto di Mammona. Eppure, nella grande prova attuale, ogni coscienza è interrogata da questo arresto planetario che rassomiglia ad una quaresima universale. La paura dell’incontrollabile contagio, il tracollo delle borse finanziarie e la paralisi sociale costringono ad aprirsi a domande più essenziali. Un giorno, la Vergine di Nazareth, stupita dall’Annuncio dell’Angelo, pose una domanda vitale per l’intera umanità: Come avverrà questo, poiché non conosco uomo? La risposta divina, inedita, scese dal cielo: Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Risposta che inaugura l’ultima tappa del progetto di Dio, le sue nozze con la sua creatura in Gesù Cristo, Lui che innalza la sua sposa creata alle più alte vette dell’Amore. 

Questo sogno era quello della Sapienza divina alle origini della creazione, quando lo Spirito si librava sulle acque primordiali, preparando il giardino dell’Eden per la felicità della famiglia umana. Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata (Pr 8, 22.24). La Sapienza non fu per nulla sconvolta dalla pazzia dell’umanità, seppe ricondurla dal suo smarrimento con la follia dell’Amore di Gesù fino alla morte di Croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel suo Nome potessimo anche noi essere partecipi delle prerogative del suo amore creatore e redentore. 

Care monache e care anime contemplative che custodite la speranza della nostra terra minacciata, l’Amore del Redentore che vi ha sposato, quest’Amore senza frontiere e senza limite nella libertà dello Spirito, vi permette di volare in alto e lontano come colombe messaggere di Pace e di Speranza. L’Amore che si è caricato dei nostri dolori e dei nostri errori, che è stato «fatto peccato in nostro favore» (2 Cor 5, 21) e che ha vinto il male, la morte e l’Inferno con la sua obbedienza, quest’Amore immolato e vincitore vi conduce con sé nella sua corsa verso le vittime più sofferenti del suo corpo mistico. 

Santa Teresa - Benedetta della Croce (Édith Stein), destinata all’inferno di Auschwitz, l’ha espresso un giorno in questo modo: «Senti i gemiti dei feriti sui campi di battaglia? Senti i rantoli dell’agonia dei moribondi? Il lamento, la sete e il dolore degli uomini agitano le tue viscere? Desideri esser loro vicino, aiutarli, consolarli e curare le loro ferite più profonde? 

«Abbraccia Cristo. Se gli sei unita con legame nuziale, il suo sangue scorrerà nelle tue vene, il suo sangue che sana, riscatta, santifica e salva. Unita a lui tu sarai presente in tutti i luoghi di dolore e di speranza». (Ave Crux, Spes unica, 14 settembre 1939). 

Nei giorni di questa orribile tribolazione, Etty Hillesum, un’altra ebrea sacrificata, rapita da una gioia tutta cristiana a causa di un’affascinante intima scoperta, stringeva teneramente il suo Dio per soccorrerLo, poiché Lo sentiva ferito da un indicibile odio. 

È vero che non siamo tutte anime elette, il peso degli errori appesantisce le nostre ali di compassione, ma la nostra vita contemplativa non è forse avvolta nell’offerta immacolata di Maria, indissolubilmente unita al sacrificio pasquale del suo divin Figlio? Che senso ha allora rattristarsi pesantemente per i nostri peccati? Dimentichiamoci della nostra miseria e abbiamo occhi solo per questa Alleanza infinitamente feconda di cui portiamo al mondo la gioiosa testimonianza. Per il volontario isolamento delle nostre anime nascoste nelle fenditure della roccia, non siamo la Chiesa Sposa deputata al culto del Dio Sposo in rappresentanza dell’intera umanità, attendendo con ardore il suo ritorno come le sentinelle l’aurora? 

Care contemplative della Passione del Signore, voi trovate in queste sofferenze d’Amore tutta l’umanità e tutta la divinità riunite in una sola carne. Voi siete amorosamente presenti a Dio e in Dio a tutta la creazione ch’Egli porta nella sua mano sovrana. D’Amore innamorate, voi muovete le stelle, spostate le montagne, irrigate la terra con acque vive sotterranee e purificatrici, rivolgete il cuore degli Angeli e degli uomini verso la pace nella storia, abbellite la Chiesa di fiori e di frutti gustosi, in breve, rallegrate il Cuore della santa Trinità con la vostra lode risonante a Gloria del suo Amore. 

Poiché siete nella prima linea della Chiesa in tutte le battaglie dello Spirito, noi, preti e laici alle prese con le urgenze dell’ospedale da campo, leviamo gli occhi verso la luce che risplende sul Tabor dei vostri chiostri. Noi resistiamo nella pianura sostenuti dal vostro ascolto di Gesù e dalle vostre braccia levate al cielo. La vostra vita illumina la nostra vita e ci rende più viventi di questa Vita divina da donare ai mendicanti di questo mondo. Siate benedette e ringraziate da Colui la cui intimità ricolma ogni desiderio e ancor più. Abbiate cura di noi nella vostra preghiera con il Successore di Pietro che vi implora di assisterlo sempre e soprattutto in quest’ora di pandemia. 

Cara Madre Agnese, in questo inedito tempo di quaresima e di speranza, Le rimango unito e riconoscente della sua chiamata, lieto di questa comunione più profonda che riaccende la nostra speranza nel Cristo risorto. Gloria a Dio, Grazie a voi, Pace alla Terra messa alla prova!