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L'ingresso del centro migranti al porto di Shengjin a 60 chilometri dalla capitale Tirana L'ingresso del centro migranti al porto di Shengjin a 60 chilometri dalla capitale Tirana  (AFP or licensors)

Italia, nuova stretta sui migranti. È legge il decreto Albania

Approvata in via definitiva la legge che converte il cosiddetto decreto Albania sul trasferimento dei migranti nei centri di Shengjin e di Gjader. Il provvedimento amplia i casi che consentono il trasferimento coatto degli stranieri anche a coloro che sono in attesa di espulsione. L'avvocato Loredana Leo, dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, spiega ai media vaticani cosa è cambiato

Stefano Leszczynski - Città del Vaticano

Con una larga maggioranza al Senato, lunedì scorso, in Italia, è stata approvata in via definitiva la legge che contiene disposizioni urgenti per il contrasto dell'immigrazione irregolare. Il provvedimento tuttavia non si è limitato a sancire la conversione del decreto già approvato dalla Camera a marzo ma, con delle modifiche introdotte in itinere, estende la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture di trattenimento realizzate in Albania e trasforma i centri per migranti di Shengin e Gjader in centri di permanenza per il rimpatrio dei migranti. Una misura normativa che la Commissione europea considera in linea di principio conforme al diritto europeo, anche se, a fronte dell’interesse suscitato negli Stati membri, il governo albanese ha messo prudentemente le mani avanti, sottolineando l’eccezionalità del Patto siglato con l’Italia e ribadendo di non voler replicare l’accordo con altri partner. Resta il fatto che la nuova legge italiana prevede anche la possibilità di realizzare nuovi centri per il rimpatrio in Albania e di ampliare, eventualmente, quelli esistenti.

Ascolta l'intervista con Loredana Leo

Cosa cambia con la nuova legge

A spiegare in un’intervista ai media vaticani cosa comportino i punti principali della nuova legge è l’avvocato Loredana Leo dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione – Asgi. “La prima conseguenza - sono le sue parole - è che viene estesa la possibilità di portare in Albania determinate categorie di persone. Quindi non più soltanto persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane all'esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell'Unione europea, anche a seguito di operazioni di soccorso, ma anche persone che sono già destinatarie di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati. In particolare, si prevede la possibilità di trattenere in Albania anche quei richiedenti asilo sospettati di aver presentato richiesta di protezione internazionale in maniera strumentale, dunque per cercare di dilazionare i tempi della propria permanenza in Italia o evitare di essere espulsi”.

Assistenza legale indebolita

La norma approvata in Senato estende tuttavia anche a questi casi la procedura accelerata di esame della domanda di protezione internazionale. Finora erano limitati a due casi: i migranti che presentavano domanda d'asilo direttamente alla frontiera o nelle zone di transito, dopo essere stati fermati per aver eluso o tentato di eludere i controlli, e coloro che provenivano dai Paesi sicuri, come stabilito dal decreto Cutro. “Resta però irrisolto il nodo dell’accesso all'assistenza legale da parte di coloro che vengono trasferiti nei centri in Albania – obietta l’avvocato Leo – e questa parte del provvedimento continua a essere molto molto critica”.

L'esternalizzazione che piace all'Ue

Anche la Commissione europea ha proposto una nuova stretta sulle richieste d'asilo nell'Unione europea, rivedendo il concetto di Paese terzo sicuro, che consente agli Stati membri di considerare inammissibile una domanda di asilo quando i richiedenti potrebbero ricevere una protezione efficace in un Paese terzo considerato sicuro per loro. “La Commissione europea si sta sempre più orientando nella direzione di replicare quello che è finora l'esperimento del protocollo Italia Albania. – commenta l’avvocato Leo - E sta andando sempre più nella direzione di aumentare gli accordi con i Paesi terzi sia per il rimpatrio di persone irregolari, sia della riammissione di richiedenti asilo con degli strumenti giuridici che vanno proprio nella direzione di esternalizzare quanto più possibile le procedure di asilo e le eventuali procedure di rimpatrio di cittadini stranieri che siano irregolari sul territorio”.

Il nodo delle espulsioni

Tanto il Protocollo Italia-Albania, quanto le proposte della Commissione europea, secondo l'avvocato, restano fumose sulle modalità con cui alla fine dovrebbero realizzarsi i rimpatri dei migranti cui non spetta alcuna forma di protezione. Il meccanismo dei rimpatri richiede infatti quantomeno l’esistenza di precisi accordi di riammissione con i paesi di provenienza dei migranti. E questo particolare contribuisce a creare uno spazio di incertezza anche per i paesi terzi che stringano accordi sulla gestione dei migranti con i paesi membri dell’Ue. “Gli effetti che queste politiche di esternalizzazione hanno anche sui Paesi terzi – nota Loredana Leo – sono purtroppo un aspetto ancora poco indagato, perché questi paesi si trovano in qualche modo coinvolti in processi che rischiano di provocare ripercussioni interne anche sulle proprie opinioni pubbliche”.

I rischi per i paesi terzi

La domanda inespressa è su cosa potrebbe accadere a lungo termine nei Paesi terzi se alla fine i Paesi europei non dovessero trovare una soluzione per rimpatriare effettivamente i migranti che sono stati respinti dall’Europa. Ad oggi, su questo punto, né la legge appena approvata in Italia, né il Protocollo Italia-Albania, fanno chiarezza. Fermo restando il limite massimo dei 18 mesi di permanenza dei migranti nei centri albanesi sotto la giurisdizione italiana; un limite oltre il quale il rientro in Italia diventa apparentemente l’unica alternativa per procedere all’espulsione.

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22 maggio 2025, 13:49