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Il 30 maggio ricorre la Giornata mondiale della Sclerosi multipla Il 30 maggio ricorre la Giornata mondiale della Sclerosi multipla 

Sclerosi multipla, il Bambino Gesù: accanto ai pazienti per i loro progetti di vita

Oggi, martedì 30 maggio, si celebra la Giornata mondiale dedicata alla malattia neurodegenerativa che solo in Italia affligge migliaia di bambini, adolescenti e adulti. "I pazienti oggi possono provare a condurre una vita ordinaria, costruendo una famiglia, svolgendo una professione", spiega Massimiliano Valeriani, responsabile del centro di riferimento di sclerosi multipla per l’età pediatrica del Bambino Gesù.

Layla Perroni – Città del Vaticano

“C'è un concetto un po' vintage di questa malattia, per cui lo sforzo di tutto il personale socio sanitario, fin dal principio, è fare in modo che i pazienti abbiano veramente una vita ordinaria. In questo anche le terapie aiutano”. Ad affermarlo è il dottor Massimiliano Valeriani, responsabile del centro di riferimento di sclerosi multipla per l’età pediatrica del Bambino Gesù, in occasione della Giornata mondiale dedicata a questa malattia neurodegenerativa che coinvolge il sistema immunitario del paziente. Essa causa infatti una reazione anomala delle difese immunitarie che attaccano alcuni componenti del sistema nervoso centrale scambiandoli per agenti estranei, da cui la definizione di patologia autoimmune. Secondo gli studi scientifici odierni, il palesarsi dell’infezione è legato probabilmente ad una predisposizione genetica, ad un’infezione pregressa del sistema nervoso centrale o a fattori ambientali. Si pensa, inoltre, che la comparsa della cronicità sia connessa alla presenza del virus Epstein-Barr, causa della mononucleosi. “Questo ovviamente non significa che tutti coloro che vengono infettati dal virus di Epstein-Barr hanno un'elevata probabilità di sviluppare la sclerosi multipla. Anche perché questo innesco virale agisce su una predisposizione genetica”, spiega il dottor Valeriani.

Ascolta l'intervista al dottor Massimiliano Valeriani

I sintomi e la diagnosi

La malattia colpisce per lo più i giovani adulti, soprattutto quelli che appartengono ad una fascia d’età compresa tra i 20 e i 40 anni. Gli studi epidemiologici hanno dimostrato che non è raro che essa possa anche interessare soggetti in età pediatrica, a patto che abbiano più di dieci anni. “È veramente singolare che una diagnosi di sclerosi multipla venga fatta prima del compimento dei dieci anni d’età. Anche perché la sua presenza viene sospettata sulla base di sintomi che possono essere molto diversi fra di loro", aggiunge il medico del Bambino Gesù. “I più frequenti sono la presenza di una neurite ottica, quindi di un calo del viso oppure di un disturbo motorio. A volte possono comparire anche disturbi sensitivi come riduzione della sensibilità o sensazioni, formicolii o vertigini. Ovviamente se il medico o il referente responsabile ha il sospetto di una patologia neurologica, consiglierà al paziente di recarsi presso un neurologo”. In questo caso lo specialista suggerisce al paziente di effettuare una risonanza magnetica. Se è in corso un’infezione da sclerosi multipla, infatti, sono presenti nel sistema nervoso centrale delle aree di infiammazione che possono essere evidenti sia a livello dell'encefalo che del midollo spinale”.

Due trattamenti diversi

Negli ultimi dieci anni la prognosi della sclerosi multipla è radicalmente cambiata e sta mutando sempre di più. Il numero crescente di terapie a disposizione non determina la guarigione completa della malattia, ma ne riesce comunque a fermare l'evoluzione. “Nel mondo scientifico vengono utilizzate due tipi di terapie per coloro che sono affetti da questa malattia neurodegenerativa. La prima è quella definita dell'attacco acuto che si basa sulla somministrazione di steroidi ad alte dosi. Questa terapia riesce, tuttavia, a far regredire la sintomatologia, ma purtroppo non previene la comparsa di nuove aree di infiammazione all'interno del sistema nervoso centrale e quindi la comparsa di nuovi sintomi”, sottolinea il dottor Valeriani. "Nel caso in cui la prima cura farmacologica non avesse l’effetto sperato, ne esiste - specifica - un secondo tipo. Questa seconda terapia è incentrata sull’uso di farmaci che modificano il decorso della malattia ed è proprio in questo campo che sono stati fatti dei progressi molto importanti negli ultimi anni”. L’avanzare della ricerca – che prevede ormai l’utilizzo di farmaci sempre più modificanti – ha permesso di trovare un trattamento che sia efficace contro la sclerosi multipla anche in età pediatrica. Nonostante questo, “l'autorizzazione per l’uso di nuovi medicinali destinati ai minori avviene sempre successivamente rispetto a quanto non avvenga nell'adulto. Perché in genere questi farmaci vengono inizialmente approvati nell'adulto e poi vengono condotti degli studi di sicurezza e efficacia nel bambino”.

Tra integrazione ed accettazione sociale

Prima che le cure del secondo tipo vengano approvate, possono passare anche degli anni. Nel frattempo la vita del bambino o della bambina continua senza alcun tipo di problema. “Ad esempio gli immunosoppressori che determinano l’immunosoppressione tramite diversi meccanismi e che in genere non vanno a interessare quella che è la memoria immunitaria del paziente, non devono far pensare che il bambino o l'adolescente che assuma questi farmaci debba vivere in una campana di vetro. Il minore può fare tutte le sue attività, può continuare andare a scuola, può fare sport, può vedere gli amici, la fidanzatina o il fidanzatino” sottolinea con decisione il responsabile del centro di riferimento in età pediatrica del Bambino Gesù. “Oggi le terapie richiedono delle somministrazioni abbastanza dilatata nel tempo. Ad esempio, se si inietta una dose endovena ogni sei mesi, tra una somministrazione e l'altra, il paziente quasi si dimentica della malattia e questo è molto importante dal punto di vista psicologico”.

No a immagini stereotipate

L’esistenza di alcuni farmaci, come i cosiddetti anticorpi monoclonali diretti verso una popolazione di globuli bianchi, riesce a tenere sotto controllo l’infiammazione del sistema nervoso centrale a lungo, anche per alcuni anni. “Sottolineo ulteriormente questo perché se un tempo la sclerosi multipla veniva associata all'immagine della paraplegia, quindi del paziente in sedia a rotelle, oggi questo concetto è radicalmente cambiato - rimarca Valeriani - ed i pazienti affetti da sclerosi multipla possono avere una vita normale. Io ho fatto degli esempi che riguardano l'età pediatrica, ma se ci si allarghiamo anche al giovane adulto posso affermare che i pazienti possono veramente avere una famiglia, avere dei figli, lavorare. Purtroppo se si inserisce sui motori di ricerca il termine 'sclerosi multipla', le prime immagini che vengono fuori sono ancora quelle delle sedie a rotelle”.

La miglior cura è l’affetto

Di fronte alla comparsa della sclerosi multipla il paziente, adulto o bambino che sia, trova nella famiglia e negli amici un forte sostegno e supporto. “Per coloro che vivono questa esperienza, è molto importante e complicato stare vicino ad un paziente che comunque è affetto da una malattia cronica, questo non lo possiamo disconoscere”, conclude lo specialista. “Si tratta di una cronicità che interesserà il paziente per tutto il corso della vita. Da questo punto di vista è importante che le persone che sono vicine a coloro che hanno questa patologia abbiano questa consapevolezza e che si fidino della persona che è affetta dalla sclerosi multipla. È solo in questo modo che coloro che contraggono la malattia hanno una progettualità per la loro vita”.

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30 maggio 2023, 10:20