Cerca

La denuncia di Stc: in Italia 336 mila tra bambini e adolescenti hanno avuto esperienze di lavoro La denuncia di Stc: in Italia 336 mila tra bambini e adolescenti hanno avuto esperienze di lavoro

Save the Children: la piaga del lavoro minorile colpisce anche l'Italia

L’organizzazione che lavora per la difesa dell’infanzia e dell’adolescenza, in una ricerca, rivela la relazione tra sfruttamento e giustizia minorile. Don Francesco Preite, del Comitato scientifico del dossier e presidente di Salesiani per il Sociale APS: “Bisogna mettere in campo politiche di contrasto alla povertà educativa”

Beatrice D’Ascenzi – Città del Vaticano

Una realtà globale, quella del lavoro minorile, sempre più diffusa e preoccupante, ma difficile da intercettare a causa dell’assenza di rilevazioni statistiche ufficiali. Save the Children richiama l’attenzione sul tema dello sfruttamento dei minori con l’indagine pubblicata nei giorni scorsi “Non è un gioco”. Le stime dell’organizzazione sono impressionanti: 336 mila, tra bambini e adolescenti, tra i 7 e i 15 anni (quasi 1 minore su 15) hanno avuto esperienze di lavoro. Di questi, il 27,8% dei 14-15enni, circa 58mila adolescenti, è stato coinvolto in attività lavorative dannose per il percorso scolastico, perché svolte durante l’orario di scuola o in orari notturni, e per il benessere psicofisico. “Il fenomeno è molto legato alla povertà educativa, come anche il report di Save the Children dimostra”, spiega don Francesco Preite, presidente di Salesiani per il Sociale APS, e che fa parte del Comitato scientifico che ha collaborato alla ricerca, che a Vatican New sottolinea come il lavoro minorile pregiudichi la vita del minore, influenzando soprattutto la condizione futura dei giovani Neet, ossia coloro che non studiano, che non hanno un lavoro e che non sono impegnati in percorsi formativi, alimentando inoltre la trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione sociale.

Ascolta l'intervista con don Francesco Preite

Il rapporto tra lavoro minorile e circuito penale

Quello che emerge dall’indagine di Save the Children è inoltre la relazione tra lavoro e giustizia minorile. I dati rivelano un legame importante tra esperienze lavorative precoci e coinvolgimento nel circuito penale. Quasi il 40% dei minori presi in carico dai Servizi della Giustizia Minorile - un ragazzo su tre - ha svolto attività lavorative prima dei 16 anni, l’età consentita per legge in Italia. “Soprattutto i ragazzi delle grandi periferie – continua don Preite – cercano di aiutare la propria famiglia nella gestione economica, ma anche di realizzarsi. Si presentano sulla strada di questi ragazzi soprattutto i clan, promettendo non soltanto guadagni facili, ma anche la scalata ai vertici criminali”. Un percorso che rischia di segnare la loro crescita, prosegue il sacerdote, per il quale “bisogna mettere in campo politiche di contrasto alla povertà educativa, ma soprattutto di accesso al mondo del lavoro, in grado di sbloccare la scala sociale.”

L’online e lo sfruttamento degli adolescenti

Accanto ai settori d’impiego più comunemente associati al fenomeno del lavoro minorile come la ristorazione, la vendita al dettaglio nei negozi, le attività in campagna e in cantiere o il lavoro di cura nei confronti dei parenti, emerge una nuova forma di sfruttamento: il lavoro online. Un impiego che riguarda il 5,7% dei ragazzi intervistati da Save the Children, che all’organizzazione hanno riferito di lavorare in modo continuativo in vari ambiti, come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi e il reselling, una pratica che consiste nella rivendita a prezzo maggiorato di prodotti ricercati tra cui, soprattutto, articoli da ginnastica, smartphone e sigarette elettroniche. “Come spesso Papa Francesco ci indica, siamo in un cambio d’epoca. Oggi c’è una rivoluzione digitale che sta investendo la società civile soprattutto i più giovani – prosegue don Preite - non si tratta soltanto di strumenti, ma di cultura digitale che, in questa epoca così fragile, offre l’opportunità di novi mestieri”. 

Il ruolo della Chiesa

In questo quadro preoccupante il ruolo educativo della Chiesa assume una dimensione ancora più necessaria, rivolgendo la sua attenzione soprattutto ai più fragili, vittime anche del divario territoriale tra nord e sud. “La cosa più importante per un minore, è il clima di fiducia e di accoglienza” conclude Preite che, citando Don Bosco, avverte: “I giovani sono di chi arriva prima. Pertanto bisogna avere la capacità di introdurli in una comunità dove ci siano più attori responsabili, educandoli e inserendoli attraverso corsi di formazione professionale o percorsi scolastici. Con questa alleanza si può e si deve, insieme, poter combattere questo fenomeno e dare una possibilità alle giovani generazioni.”

 

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

08 aprile 2023, 12:23