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Veduta aerea della fuga di civili tra Goma e Kibati Veduta aerea della fuga di civili tra Goma e Kibati 

Prime verità sul dramma delle violenze in Congo

Sono stati pubblicati i primi risultati dell’indagine delle Nazioni Unite sul massacro di fine novembre nella Repubblica Democratica del Congo. C’è la conferma di almeno 131 civili massacrati. I vescovi locali raccomandano iniziative a difesa della sicurezza e della pace. Da Roma il cardinale Ambongo condanna le violenze, esprime preoccupazione lanciando appelli alla popolazione all’unità

Vatican News

Almeno 131 civili sono stati uccisi dai ribelli dell'M23 (Movimento 23 marzo) il 29 e 30 novembre nell'est della Repubblica Democratica del Congo, secondo un'indagine preliminare delle Nazioni Unite: lo ha annunciato la missione Onu nella Rdc (Monusco) in una nota. Le autorità di Kinshasa avevano parlato lunedì di un bilancio di circa 300 morti nel villaggio di Kishishe, nella provincia del Nord Kivu. L'indagine preliminare delle Nazioni Unite sta esaminando quanto accaduto a Kishishe e nel vicino villaggio di Bambo.

L’eccidio a fine novembre

Si tratta del massacro perpetrato il 29 novembre nel villaggio di Kishishe, nel Nord Kivu, a circa cento chilometri dal capoluogo della regione, Goma. Le vittime sono 300: responsabili della carneficina, secondo il governo di Kinshasa, sono i ribelli del gruppo M23, che avrebbero così violato la tregua con la ripresa dei combattimenti contro l’esercito nella regione orientale del Paese.

La missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite (Monusco) in Rdc ha denunciato come “atti spaventosi” l’eccidio, invitando “tutte le autorità competenti a indagare senza indugio e ad assicurare i responsabili alla giustizia”. Anche Amnesty International ha reagito chiedendo al M23 di cessare di accanirsi sulla popolazione, dopo che negli ultimi giorni decine di civili non combattenti sono stati uccisi nelle zone orientali del Paese in attacchi indiscriminati e, in alcuni casi, con esecuzioni sommarie. “Il gruppo ribelle M23 deve porre immediatamente fine agli attacchi deliberati e indiscriminati contro i civili”, ha dichiarato Flavia Mwangovya, vicedirettrice di Amnesty International per l’Africa Orientale, il Corno d’Africa e la regione dei Grandi Laghi.

Il popolo chiede sicurezza

Domenica scorsa i cattolici della Repubblica Democratica del Congo sono stati chiamati ad una marcia contro l'insicurezza nell'est del Paese. Di recente numerose manifestazioni sono state organizzate dalla società civile, in particolare a Goma, capoluogo di provincia, per protestare contro il deterioramento della situazione della sicurezza, ma anche per denunciare il "silenzio e l'ambiguità" della comunità internazionale di fronte a ciò che viene percepito come aggressione.

L’appello dell’arcivescovo di Kinshasa

Da Roma, il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo metropolita di Kinshasa., ha espresso il suo sostegno alle intenzioni di pace della marcia e si è detto preoccupato per il rischio di una sorta di “balcanizzazione” del Paese.  “Un congolese che ama il suo Paese e che è toccato dalla sofferenza del suo popolo - ha sottolineato - deve alzarsi e dire no al progetto di dividere il Paese”. Per poi spiegare: “La marcia non ha alcun significato politico, piuttosto vuole mostrare al mondo che siamo un solo popolo, uniti per la causa nazionale, uniti per la sovranità del nostro Paese e per la dignità del nostro popolo”. In un videomessaggio condiviso sul suo account Twitter alla vigilia della marcia, il cardinale ha ricordato che si tratta di situazioni precarie che vanno avanti da decenni.

I vescovi locali, al termine della loro ultima assemblea plenaria, avevano invitato a pregare e a manifestare per il ritorno della pace nel Paese. Un invito rilanciato da diversi Ordinari nelle rispettive diocesi.

Radici di conflittualità

Diverse milizie operano nell'est della Repubblica Democratica del Congo sin dalle due grandi guerre di cui il Paese è stato teatro verso la fine dello scorso millennio. Tra questi, il Movimento 23 Marzo (M23), che ha preso il controllo di diverse località nei territori di Rutshuru e Nyiragongo, nella provincia del Nord Kivu, è accusato dal Congo oltre che dalle Nazioni Unite di essere sostenuto dal Rwanda. Kigali nega sistematicamente. Un vertice del 23 novembre in Angola ha ordinato un cessate il fuoco seguito dal ritiro dei ribelli dalle posizioni conquistate negli ultimi mesi, in caso contrario una forza regionale dell'Africa orientale dispiegata nella parte orientale della RDC li avrebbe cacciati. Ad oggi non sono stati osservati ritiri.

In un'intervista rilasciata sabato 3 dicembre a Radio Vaticana - Vatican News, il premio Nobel per la pace, Denis Mukwege, ha invitato la comunità internazionale ad agire: “Si tratta di crimini contro l'umanità, crimini di guerra che possono anche essere crimini di genocidio, e la comunità internazionale non può chiudere gli occhi”. 

Il prossimo viaggio del Papa

Papa Francesco visiterà  la Repubblica Democratica del Congo da martedì 31 gennaio a venerdì 3 febbraio. Sarà nella capitale Kinshasa, mentre la tappa a Goma, inizialmente prevista, è stata annullata. 

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08 dicembre 2022, 12:54