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Soldati etiopi impiegati nel conflitto contro i ribelli del Tigray Soldati etiopi impiegati nel conflitto contro i ribelli del Tigray 

Etiopia, i ribelli del Tigray disposti ad accettare una tregua

I separatisti rispondono positivamente alla richiesta di "cessate il fuoco" che arriva dall’Unione Africana. Il governo di Addis Abeba prende tempo mentre la comunità internazionale premer per aprire il negoziato che si dovrebbe tenere in Sud Africa

Marco Guerra – Città del Vaticano

I separatisti che controllano la regione etiope del Tigray hanno annunciato che rispetteranno il "cessate il fuoco", dopo la richiesta di una "tregua immediata" giunta dall'Unione Africana per porre fine al conflitto che da due anni oppone i ribelli al governo di Addis Abeba. La dichiarazione dell'UA ha fatto seguito a quella rilasciata sabato da un portavoce delle Nazioni Unite che ha affermato che il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, è "gravemente preoccupato per l'escalation dei combattimenti".

Saltati i negoziati in Sud Africa

"Siamo pronti a rispettare l'immediata cessazione delle ostilità", si legge in una dichiarazione delle autorità secessioniste. "Chiediamo inoltre alla comunità internazionale di costringere l'esercito eritreo a ritirarsi dal Tigray, di adottare misure concrete che portino all'immediata cessazione delle ostilità e di fare pressione sul governo etiope affinché si presenti al tavolo dei negoziati". Il governo etiope guidato da Abiy Ahmed e i separatisti del Tigray hanno accettato la proposta dell'Unione Africana di tenere colloqui di pace in Sud Africa ma le trattative, che avrebbero dovuto iniziare lo scorso fine settimana in Sud Africa, non hanno avuto luogo e non è stata fissata una nuova data per il loro inizio.

La condanna dell’Ue

I combattimenti sono ripresi tra le forze del Tigray e le truppe federali in agosto, ponendo fine al "cessate il fuoco" in vigore da marzo che aveva consentito l'ingresso degli aiuti tanto necessari nella regione. Le richieste di una nuova tregua sono arrivate a seguito dei pesanti scontri vicino nella città di Shire, nel Tigray nordoccidentale, dove venerdì un attacco ha ucciso un lavoratore del Comitato internazionale di soccorso che stava distribuendo aiuti. Il capo della politica estera dell'Unione europea Joseph Borrell si è detto "inorridito dalle notizie di continue violenze, compreso il prendere di mira i civili nella contea di Shire”.

Casale: impedito arrivo aiuti umanitari

“La guerra ha visto delle offensive e delle controffensive a vasto raggio che si sono bloccate con la tregua di marzo, i combattimenti sono ripresi molto forti ad agosto e hanno impedito l’arrivo degli aiuti umanitari, acuendo l’emergenza umanitaria nella regione”, così analizza la situazione sul terreno per Vatican News, il giornalista Enrico Casale, africanista e giornalista della Rivista Africa. Casale ricorda poi le implicazioni interetniche del conflitto: “I tigrini hanno gestito il potere in Etiopia per quasi un trentennio, con l’arrivo del nuovo premier Abiy Ahmed questa egemonia è venuta meno e si sono sentiti messi da parte, da qui le tensioni crescenti che alla fine del 2020 hanno portato alla guerra”.

Ascolta l'intervista ad Enrico Casale

Il coinvolgimento dell’Eritrea

Casale spiega poi che il coinvolgimento dell’Eritrea in questo conflitto è dovuto al tensioni tra Asmara e la classe dirigente tigrina, quando questa governava l’Etiopia: “Non è parso verò all’Eritrea di sostenere il governo etiope contro i tigrini, anche perché Asmara rivendica parte del territorio del Tigray”. Infine, il giornalista sottolinea l’interesse della comunità internazionale alla pacificazione nel Tigray nel quadro di una maggiore stabilità di tutto il Corno d’Africa, di cui l’Etiopia è il Paese più ricco e importante.

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18 ottobre 2022, 08:00