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Tito Stagno, la Luna e Paolo VI: “La sua benedizione è stata sempre con me”

All’età di 92 anni è scomparso il giornalista italiano che nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1969 raccontò in una storica diretta televisiva l’allunaggio dell’Apollo 11. Un’impresa che anche Papa Montini seguì con emozione, come rievocava il cronista nel 2018 in una lunga intervista ai media vaticani

Eugenio Bonanata – Città del Vaticano

“Quella benedizione me la presi anche io. E ancora la conservo, che può sempre far comodo”. Queste parole di Tito Stagno, scomparso oggi a Roma a 92 anni, rappresentano l’emblema di una videointervista realizzata nel 2018 da Vatican Media e Officina della Comunicazione, in vista della canonizzazione di Paolo VI. Al centro della chiacchierata, l’eccezionalità dello sbarco sulla Luna, del suo lavoro in quelle ore, i sentimenti che mossero Papa Montini, che seguiva in diretta mondovisione la missione di Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins a bordo dell’Apollo 11, nell’indimenticabile “veglia” d’estate del 1969.

Ascolta l'intervista integrale a Tito Stagno

Un momento immortalato anche da una foto che ritrae il Pontefice bresciano con le braccia spalancate davanti allo schermo televisivo. Il gesto con cui Montini volle benedire tutti gli addetti ai lavori che a vario titolo parteciparono all’impresa. “Ebbe parole anche per i comunicatori che avevano notificato lo svolgimento e l’ora dell’impresa”, ricordò Tito Stagno rievocando la definizione del Papa a proposito di quell’“audacissimo volo”, che – disse - “allarga alle profondità celesti il dominio sapiente e audace dell’uomo”. “Non è una cosa che accade tutti i giorni tramettere la conquista del nostro satellite naturale”, confidava Stagno parlando del clima di quei frangenti. “Roma era deserta” e in ogni casa le famiglie stavano raggruppate davanti al tremolante bianconero delle tv di allora per seguire un evento che avrebbe cambiato lo sguardo del mondo.

Paolo VI assiste all'allunaggio dell'Apolo 11 (1969)
Paolo VI assiste all'allunaggio dell'Apolo 11 (1969)


"Astronauta ad honorem"

Fra l’altro, in tutto il Paese c’era desiderio di progresso e la diretta fu una grande prova per la televisione di Stato italiana dove si respirava un’atmosfera di festa. “Quell’apprezzamento da parte della più alta autorità religiosa – ricordò Stagno – non fece che aumentare l’entusiasmo del personale: giornalisti, ma anche i tecnici” che diedero vita a quella notte memorabile nello studio 5 Rai di via Teulada. “Fu un grande lavoro di squadra”, come grandi furono gli attestati di stima che Stagno riconobbe come il punto fermo e alto della sua carriera. “Ha cambiato il mio modo di pensare: da allora, qualunque altro avvenimento, sia pure importante, lo affrontavo con molta tranquillità come una cosa normale”.

Del resto, il settore spaziale fu una passione cresciuta via via (un giorno il premier Rumor lo chiamo simpaticamente “astronauta ad honorem”), confermata anche dalle riviste specializzate nel salotto di casa. Tutto nacque nel 1957. “Fui io a strappare dalla telescrivente la notizia che la Russia aveva mandato in orbita il suo primo satellite artificiale, lo Sputinik. E riuscii ad aggiungere dei particolari perché per caso, poco tempo prima, avevo letto una rivista che parlava del futuro dell’astronautica e dei satelliti”. Da allora Stagno continuò a raccontare le imprese spaziali attraverso la televisione, passando dal primo volo di Jurij Gagarin intorno alla Terra fino al lancio dell’Apollo 8 nel 1968 quando il mondo vide per la prima volta il paesaggio lunare ascoltando gli astronauti recitare in coro un passo della Genesi.

Il Papa della Luna, il cronista della Luna

Un percorso professionale intenso, che lo vide affermarsi anche in altri settori come quello sportivo, che portò il giornalista e conduttore sardo di origine - era nato a Cagliari il 4 gennaio 1930 - a ricoprire tante posizioni di rilievo nella Rai. Stagno raccontò di essere stato anche “telecronista affezionatissimo di Giovanni XXIII, il nonno di tutti, che andava nelle borgate e che mandava le carezze ai bambini”. A caratterizzare il suo pontificato fu anche il breve preavviso delle uscite che metteva a dura prova i giornalisti al seguito, come avvenne per il pellegrinaggio ad Assisi e Loreto del 4 ottobre del 1962 annunciato quasi alla vigilia. Fu una vera e propria scuola per l’intero sistema comunicativo del paese che successivamente mise in campo questa esperienza al servizio di Paolo VI. L’uomo che avrebbe raccontato la Luna sapeva che un giorno l’arcivescovo di Milano sarebbe diventato Papa: “L’ho capito dal suo sguardo il giorno del conclave quando passò davanti alle nostre telecamere che erano in fila lungo il corridoio che dalla Cappella Paolina porta alla Cappella Sistina”.

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01 febbraio 2022, 14:15