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In Italia al via l’assegno unico, benefici per oltre il 60% delle famiglie

Sul sito dell’Inps si può compilare la domanda per richiedere la nuova misura di welfare che sostituisce le detrazioni per i figli a carico. A beneficiarne saranno le fasce più povere, l’assegno cala con il crescere degli stipendi. L’economista Rizzolli (Lumsa) sottolinea la necessità di migliorare la legge per aiutare anche la classe media e incentivare veramente la natalità

Marco Guerra – Città del Vaticano

Dal primo gennaio 2022 le famiglie italiane possono fare richiesta dell’assegno unico universale per i figli a carico. Il beneficio è attribuito a lavoratori dipendenti, autonomi o incapienti e accompagnerà i figli dal settimo mese di gravidanza oltre la maggiore età, fino a 21 anni, a patto che i ragazzi studino, facciano tirocini con redditi minimi o anche il servizio civile universale.

Assegno calcolato in base all’ISEE

L’assegno viene corrisposto per ciascun figlio residente in Italia, in base al numero dei figli stessi presenti nel nucleo e alla situazione economica della famiglia attestata dall’ISEE. Gli importi risultano decrescenti al crescere del livello dell’ISEE. La domanda può essere presentata tramite il sito dell’Inps o presso i sportelli di patronato e i Caf. La misura spetta a decorrere dal mese di presentazione della domanda stessa.

Serve rafforzare la misura

La legge sull’assegno unico è stata voluta e sostenuta dalle associazioni familiari e in particolare dal Forum delle Famiglie, nell’ottica di una riforma fiscale complessiva a sostegno della natalità. Tuttavia le stesse associazioni denunciano un indebolimento della misura in fase di finanziamento e l’Ufficio parlamentare di bilancio suggerisce di aumentare le risorse dedicate per evitare che alcune famiglie rimangano estromesse dai benefici dell’assegno unico. Ai nostri microfoni i diversi aspetti della questione, nelle parole di Matteo Rizzolli, professore di Politica economica alla Lumsa e docente presso l’Istituto Pontificio Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia:

Ascolta l'intervista al Professor Rizzolli

Professor Rizzolli, anzitutto cosa cambia con l’assegno unico universale?

L’assegno unico universale è una misura che sostituisce una serie di sostegni precedenti che si erano affastellati, ad esempio c’erano le detrazioni, il bonus bebè e tutta una pletora di misure in cui era difficile orientarsi. L’assegno unico fa almeno un po’ di chiarezza.

Molti esperti e associazioni hanno lanciato l’allarme rispetto ad una fascia di famiglie che non beneficerebbero di questa nuova misura, come stanno le cose?

C’è un moderato rischio che alcuni nuclei ci vadano a perdere, ma non in maniera drammatica, ad esempio le famiglie con pochi figli e un discreto patrimonio immobiliare, tuttavia si possono fare le dovute correzioni per evitarlo o calmierare questi effetti. Ma bisogna dirlo: almeno 60- 70% delle famiglie ci guadagnano e un 20% non vedranno grandi cambiamenti.

Il Forum delle Associazioni Familiari ha proposto e sostenuto questo strumento anche come incentivo alla natalità, l’assegno unico può riuscire in questa difficile missione?

Il Forum da tanti anni ha fatto una lotta solitaria per cambiare le politiche per la famiglia in Italia. La proposta dell’assegno unico era molto diversa da quella implementata da questa legge. Di meno efficace, rispetto alla proposta del Forum, c’è la forte progressività dell’assegno, ovvero l’assegno va a decrescere al crescere dei redditi. Questo è un problema perché l’assegno dovrebbe essere un incentivo alle nascite e di incentivi in questo periodo ne abbiamo sentiti tanti – dal bonus ristrutturazioni al quello per l’acquisto di auto elettriche – e tutti erano elargiti indipendentemente dal reddito, perché si vuole fare in modo che tutte le fasce di popolazione acquistino auto e case più ecologiche. Ora se abbiamo un problema con la denatalità in questo Paese, come ci ricorda il Papa, dovremmo fare la stessa cosa con gli incentivi per le nascite. Insomma, se non mettiamo limiti di reddito per gli incentivi per le auto perché li mettiamo per i figli?

 

Può fare qualche esempio concreto?

L’assegno è commisurato all’Isee, un indicatore che va fatto calcolare. Diciamo che se l’indicatore è basso, dai 15mila euro in giù, situazione tipica di famiglie senza beni immobili (casa in affitto) e stipendi bassi, allora l’assegno unico è molto generoso e regge il confronto anche con il welfare di tanti Paesi occidentali. Il problema è che cala con l’aumentare del reddito. Per le fasce da 40mila euro annui, che sono quelle della classe media italiana, la misura si riduce drasticamente. Questo tradisce una concezione delle politiche famigliari solo come contrasto alla povertà quando invece andrebbero sostenute tutte le nascite, perché la denatalità è un problema di tutta la nazione.

Possiamo dire che l’assegno unico in tutti i casi smuove il welfare italiano in direzione della famiglia?

Certo è un passo importante che mette ordine e aggiunge risorse e che pone le politiche famigliari al centro del dibattito politico. Questo non basterà a risollevare le sorti demografiche ma la partita è aperta, in cantiere c’è il Family Act. C’è tanto da fare, se ci fermiamo all’assegno unico non cambierà nulla ma se cominciamo da questo per poi fare di più, forse risponderemo agli auspici del Papa, contrastando l’inverno demografico in corso.

L’assegno dovrà essere richiesto direttamente dai lavoratori all’Inps, un altro adempimento burocratico che rischia di creare confusione nelle famiglie?

L’assegno unico per i figli può essere richiesto anche da genitori che non lavorano. Certo il fatto che vada richiesto on line o recandosi ad un Caf, con l’indicatore dell’Isee, pone una difficoltà che prima non c’era. Questo passaggio si poteva semplificare o eliminare del tutto. Questo tradisce di nuovo l’arretratezza culturale rispetto alle politiche per la famiglia e offre l’immagine di un Stato che elargisce questa regalia dietro una richiesta.

Solo pochi giorni fa l’allarme lanciato dal Papa riguardo la denatalità, perché è importante combattere questo fenomeno e tornare a fare figli?

Il Papa il giorno di Natale ha sorpreso tutti con parole molto precise riguardo la denatalità, è chiaro che è un tema che gli sta molto a cuore e che dovrebbe stare a cuore a tutti perché è un problema. Parlando con molti italiani mi accorgo che si sottovaluta il tema, che tanti sono convinti che esiste invece un problema di sovrappopolazione. Non è così e soprattutto non è così in Italia, ma anche nella stragrande maggioranza delle nazioni, ad esclusione dell’Africa. In Italia stiamo già decrescendo e questo pone enormi problemi di debito pubblico – meno popolazione significa minore creazione di Pil – e di sostenibilità del welfare, meno lavoratori e più pensionati, una situazione insostenibile. Ci saranno danni anche alla ricchezza privata, perché se non nascono persone il valore delle case crolla e di conseguenza crollano i risparmi delle famiglie.

Servirebbe anche una narrazione diversa della famiglia a livello culturale, secondo lei?

Certamente, il Papa a Natale non ha parlato di assegni e di denaro ma ha esortato a passare "dall’io al noi", ma, ripeto, la denatalità non è un fenomeno che colpisce solo Italia. Si tratta di un trend mondiale, anche in Paesi come l’India e in tutto il Sud America si registra un tasso di fertilità in arretramento. Questo contesto molto ampio è sicuramente condizionato dalla cultura individualista monderna.

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03 gennaio 2022, 08:00