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Crocifisso in aula Crocifisso in aula 

Crocifisso, il giurista Vari: nella sentenza della Cassazione aspetti positivi e anche ombre

La sentenza pronunciata ieri dai giudici della Suprema Corte chiude un procedimento giudiziario avviato da un professore di Terni raggiunto da un provvedimento disciplinare essendosi opposto all'esposizione del crocifisso nella sua aula. I giudici hanno stabilito la non obbligatorietà della presenza del simbolo religioso affidando alla comunità scolastica la scelta. Ma riconoscendo che l'esposizione del crocifisso non è in alcun modo un atto discriminatorio

Adriana Masotti - Città del Vaticano

In Italia sta suscitando numerosi commenti e prese di posizione, anche di segno opposto, la sentenza con cui ieri la Cassazione ha stabilito che l’esposizione del crocifisso a scuola non costituisce un atto di discriminazione, ma spetta alla comunità scolastica decidere sulla sua presenza o meno, cercando una soluzione rispettosa di eventuali dissenzienti. Il crocifisso, riconosce la Suprema Corte, rappresenta “l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo” e la sua esposizione non contrasta con il principio di laicità. Una dichiarazione "sacrosanta", secondo il teologo monsignor Bruno Forte. Per l'arcivescovo di Chieti-Vasto, una campagna contro il crocifisso non avrebbe, invece, alcun senso perchè "sarebbe la negazione della nostra identità culturale più profonda, oltre che della nostra radice spirituale". 

Il crocifisso in aula non contraddice il principio di laicità

Una novità stabilita dalla Suprema Corte è invece la non obbligatorietà della presenza del simbolo cristiano per eccellenza nelle aule scolastiche, che non equivale però al suo divieto. Sotto il profilo giuridico, a fare da norma in materia, imponendo il crocifisso, era un regolamento degli anni Venti, mai abrogato. Un provvedimento che risale dunque al periodo fascista, quando il cattolicesimo era 'religione di Stato', ma che aveva trovato una rinnovata validità nel successivo contesto repubblicano. Tanto che la Suprema Corte nella sentenza di ieri chiarisce che la norma di un secolo fa è suscettibile di essere interpretata oggi in senso conforme alla Costituzione in quanto "la laicità italiana non è 'neutralizzante': non nega le peculiarità e le identità di ogni credo e non persegue un obiettivo di tendenziale e progressiva irrilevanza del sentire religioso". Il principio di laicità, precisa la Cassazione, "non nega né misconosce il contributo che i valori religiosi possono apportare alla crescita della società". Un aspetto senz'altro positivo, commenta ai nostri microfoni Filippo Vari, professore di Diritto costituzionale all’Università Europea di Roma e vicepresidente del Centro studi Livatino:

Ascolta l'intervista a Filippo Vari

Professor Filippo Vari, aspetti positivi come il riconoscimento della presenza non discriminante del crocifisso nelle aule scolastiche, e qualche elemento problematico riguardo alla sentenza della Cassazione. Qual è il suo parere?

La pronuncia depositata ieri contiene senz'altro alcuni elementi positivi, il primo è quello a cui lei accennava. La Cassazione ha riconosciuto che il crocifisso può essere esposto senza che ciò dia vita a una discriminazione nei confronti dei non credenti, discriminazioni fondate sul fattore religioso che, nel mondo del lavoro, sono come regola generale proibite. La Cassazione ha riconosciuto che l'esposizione del crocifisso non comporta alcuna discriminazione nei confronti dei non credenti. Infatti il crocifisso è un simbolo che per noi credenti ha un valore religioso, ma ha anche un valore culturale perché esprime una serie di principi promossi da Gesù e poi dalla Chiesa cattolica e sui quali si fonda anche la nostra Costituzione. Pensiamo ad esempio, uno fra tanti, alla solidarietà. Un altro elemento positivo della pronuncia è quello della ricostruzione della separazione tra Stato e autorità religiosa nel nostro ordinamento in una chiave costruttiva, cioè la Cassazione ha riconosciuto che il nostro ordinamento - come già era stato detto da diversi giudici tra cui alcune pronunce molto importanti del Tar e del Consiglio di Stato - si ispira a un'idea di laicità positiva, cioè che non esclude la presenza del fattore religioso nella sfera pubblica, un fatto molto molto importante. 

Quindi la Cassazione dà torto a quanti si sentono non rispettati nella loro libertà di pensiero dalla presenza del crocifisso, però stabilisce anche che sia la comunità scolastica a decidere in autonomia su l'esposizione o no del crocifisso e qui forse nasce qualche difficoltà... 

Sì, in questa sentenza ci sono anche delle ombre, e cioè noi finora abbiamo avuto una normativa che sembrava chiara e che imponeva l'esposizione del crocifisso e però non si pronunciava sull'esposizione di altri simboli religiosi. Invece ci troviamo ora in una situazione in cui la Cassazione sostanzialmente ha finito per creare una norma, una regola e questo va aldilà del ruolo del giudice invadendo una sfera che è di competenza degli organi rappresentativi, del Parlamento. Tanto è vero che poi le conseguenze di questa pronuncia non sono chiare, nel senso che la Cassazione ha detto che è compito di ogni comunità scolastica scegliere sull'eventuale affiancamento di altri simboli religiosi. Ora l'esposizione di altri simboli, a mio avviso, è una soluzione possibile secondo la nostra Costituzione, com'era possibile e legittima l'esposizione del solo crocifisso, ma la decisione della Cassazione di rimettere alla comunità scolastica una scelta così significativa dal punto di vista simbolico, è qualcosa che spettava all'organo rappresentativo, cioè doveva essere il potere legislativo, il Parlamento - che è il luogo di composizione tra le diverse sensibilità e tra le diverse anime e culture del Paese - a prendere una tale decisione. Qui invece siamo di fronte al giudice che finisce per creare una nuova regola e questo, a mio parere, va al di là del corretto confine dei rapporti tra potere politico e potere giurisdizionale. Inoltre non è nemmeno così immediato capire che cosa succederà fra pochi giorni, cioè quando inizieranno le scuole. Probabilmente non cambierà nulla, però la pronuncia della Cassazione apre a tutta una serie di tematiche molto delicate affidando l'ultima decisione ai dirigenti scolastici in un periodo in cui questi dirigenti sono presi da tanti problemi legati alla gestione della scuola in tempo di pandemia, ponendoli di fronte a questioni di non facile soluzione. 

La pronuncia della Cassazione riguardo alla possibilità di esporre altri simboli religiosi accanto al crocifisso, mi sembra un po' una contraddizione al riconoscimento del significato del crocifisso nella nostra cultura e tradizione. C'è anche il problema di chi non vuole nessun simbolo religioso... Lei che ne pensa?

In questo caso  i dirigenti scolastici saranno tenuti a trovare una soluzione ragionevole. I giudici fanno alcuni esempi come mettere il crocifisso invece che dietro le spalle del professore, in un'altra collocazione durante l'ora dell'insegnante che si sente in difficoltà con la sua esposizione, oppure mettere accanto al crocifisso una frase dove si dà visibilità ai fondamenti, anche diversi da quelli religiosi, del tessuto costituzionale. Però insisto, da un lato per una società multiculturale è giusto porsi alcune domande come quella dell'esposizione dei simboli religiosi, penso che sia anche utile per noi credenti perché di fatto ci obbliga 'a dare ragione della nostra speranza', come ci ricordava sempre san Giovanni Paolo II, però è una tematica molto complessa e il mio timore è che senza una base legislativa, senza criteri chiari cui far riferimento, i dirigerti scolastici si troveranno o potrebbero trovarsi in una situazione difficile. Tuttavia sono sicuro che la saggezza dei diversi dirigenti scolastici porterà a soluzioni rispettose per tutti, soluzioni che non sono il muro bianco, e questo è molto importante.

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10 settembre 2021, 16:43