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La Tunisia, tra crisi e speranza per il futuro

La situazione politico-istituzionale in Tunisia, dopo che il presidente Saied ha congelato il Parlamento e assunto tutti i poteri. Gli sviluppi futuri, il ruolo dei partiti e il problema della disoccupazione giovanile nell’intervista a Luciano Ardesi: “l’ordine pubblico e l’andamento dell’economia sono due dei tanti temi da tenere sotto controllo”

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

Ridha Gharsallaoui è il nuovo ministro dell’Interno tunisino. È stato nominato dal presidente Kais Saied, dopo che diverse organizzazioni della società civile, oltre Paesi esteri, hanno invitato il presidente a formare un nuovo governo. Intanto, un recente sondaggio commissionato da media Business News e Attessia, rileva che l’87% dei tunisini afferma di approvare le decisioni del presidente, che da domenica scorsa è anche a capo dell’esecutivo. Saied, che ha già licenziato per decreto il primo ministro, una ventina di alti funzionari governativi e il procuratore generale militare Ayouni, ha sostituito anche il direttore della televisione pubblica nazionale. Per rispondere alla critica situazione sanitaria del Paese a causa del Covid, il presidente ha anche annunciato l’istituzione di un’unità di crisi per gestire la pandemia, supervisionata da un alto ufficiale militare.

La transizione e i nodi da risolvere

“Ci aspettiamo che ci sarà un mese di transizione in cui verranno prese delle decisioni”. Così a Vatican News, Luciano Ardesi, esperto di questioni nordafricane, secondo cui il presidente Saied dovrà, come ha promesso, nominare un nuovo capo del governo. Per lo studioso, inoltre, l’ordine pubblico e l’andamento dell’economia sono due dei tanti temi da tenere sotto controllo: “La Tunisia – dice – ha sofferto molto per il Covid, che ha messo in crisi il turismo, una delle sue principali fonti di valuta estera. I rilievi degli ultimi mesi, infatti, annunciano una diminuzione del venti per cento delle entrate relative a questo settore”.

Ascolta l'intervista a Luciano Ardesi

Il ruolo dei partiti

Per Ardesi, i partiti in Tunisia sono il punto debole del sistema costituzionale. Congelato per trenta giorni dal presidente, il parlamento tunisino era uscito abbastanza frammentato dalle scorse elezioni del 2019 in cui nessuna forza politica era riuscita a ottenere la maggioranza assoluta: “Questo ha creato un conflitto tra il presidente e il partito di maggioranza relativa, Ennahda, che ha alimentato un corto circuito istituzionale. Basti pensare che il governo ha avuto un rimpasto all’inizio dell’anno, ma Saied non ha mai voluto accogliere il giuramento dei ministri, che hanno avuto la fiducia dal Parlamento, perché alcuni di loro erano accusati di corruzione”.

Gli effetti della crisi tunisina sulla società

Proprio la lotta alla corruzione è stata invocata spesso nelle manifestazioni che hanno attraversato il Paese negli ultimi mesi. Nel ricordare che la società tunisina è abbastanza vivace e partecipe - come dimostrato dalla rivolta che più di dieci anni costrinse alla fuga l'allora presidente Bel Ali, uomo forte della Tunisia, a lasciare il Paese - Ardesi osserva che allo stesso tempo essa è attraversata da una profonda crisi. A preoccupare è l’alto tasso di disoccupazione giovanile e la pandemia di Covid-19 ha colpito in particolare il commercio ambulante, che è uno dei principali mezzi di sussistenza della gioventù. “Questo – conclude Ardesi – sarà veramente il punto delicato di tutta la gestione della crisi, cioè in che modo ridare fiducia ai giovani, non solo a parole, ma dando una speranza di lavoro e futuro alla parte più numerosa della società”.

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30 luglio 2021, 10:30