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Vaccinazioni in un ospedale di Caracas Vaccinazioni in un ospedale di Caracas 

Venezuela, monsignor Moronta: i vaccini non siano una questione politica

Con l'annuncio dell'arrivo di cinque milioni di dosi di siero attraverso il programma Covax, inizia una nuova fase della campagna di immunizzazione nel Paese del Sud America, che sconta ancora un grave deficit nella somministrazione. Il primo vicepresidente della Conferenza episcopale: c'è bisogno di più dosi e di dare effettiva priorità ai medici e alle fasce più vulnerabili

Michele Raviart – Città del Vaticano

Il Venezuela riceverà 5 milioni di dosi di vaccino contro il Covid-19 entro luglio, attraverso il programma di solidarietà internazionale Covax, dando il via ad una nuova fase della campagna di immunizzazione. Ad annunciarlo è stato il presidente Nicolas Maduro, che ha specificato che richiederà al programma, sostenuto dall’Oms e dall’Alleanza globale per i vaccini, dosi del vaccino Johnson & Johnson. Il Paese sudamericano, infatti, ha detto di non voler accettare quello prodotto da AstraZeneca, del quale aveva già ricevuto a inizio anno due milioni e mezzo di dosi, che non sono state utilizzate dal governo per la preoccupazione sugli effetti collaterali malgrado le rassicurazioni dell’Oms. Questo, assieme a ritardi nei pagamenti – lo stesso Maduro ha confermato di aver depositato 120 milioni dollari sul conto di Covax – ha causato uno slittamento della campagna di vaccinazione, in un Paese che sta vivendo una nuova ondata di contagi e ha registrato 230 mila casi positivi e circa 3.000 morti, cifre che potrebbero essere sottostimate a causa della difficoltà nel monitorare la diffusione del virus.

La seconda campagna di vaccinazione

Con le dosi ricevute da Covax, inizierà quindi la seconda fase di vaccinazioni per il Venezuela dopo quella di inizio febbraio - ancora in corso - realizzata con le 2,7 milioni di dosi del vaccino cinese Sinopharm e quello russo Sputink V. Ad usufruire dei nuovi vaccini saranno i cittadini più anziani possessori di una carta speciale fornita dal governo. Un sistema criticato dalle opposizioni perché giudicato discriminante su basi politiche, anche se il ministro della Salute Carlos Alvarado ha affermato che i cittadini non in possesso della card potranno vaccinarsi registrandosi sul sito del Ministero della Salute venezuelano.

Servono 14 milioni di dosi 

“In questo momento il piano di vaccinazione è molto al di sotto del livello necessario. Siamo all’ultimo o al penultimo posto nella media internazionale”, spiega a Vatican News monsignor Mario Moronta, vescovo di San Cristobal e primo vicepresidente della Conferenza episcopale venezuelana. “Noi della Conferenza episcopale siamo in contatto con il miglior gruppo di medici del Venezuela, i quali dicono che se volessimo ottenere che un’alta percentuale della popolazione possa essere vaccinata entro la fine dell’anno, avremmo bisogno di 14 milioni di dosi”.

I vaccini non sono di parte

La prima fase della vaccinazione ha riguardato i medici e il personale sanitario, oltre alle autorità, alle forze di sicurezza e agli insegnanti ma, spiega monsignor Moronta, “in diverse regioni questo non è stato fatto: solo quelli affiliati al gruppo del partito di governo sono stati vaccinati e anche persone che forse non avevano lo stesso bisogno di altri gruppi più vulnerabili”. Per questo, ribadisce, “la Conferenza episcopale e i vescovi chiedono la necessità di una vaccinazione di massa, che non è un problema politico o di parte, anche se è stato trasformato in questo nel dibattito politico”.

Mancano posti letto negli ospedali

La pandemia, che si è andata ad aggiungere alla preesistente crisi politica, economica e sociale, sta impattando sul già fragile sistema sanitario, soprattutto adesso che si stanno innalzando i contagi. “Stiamo sperimentando un aumento dei casi di Covid”, ribadisce il presule, “molti dei malati vengono curati nelle loro case, soprattutto negli Stati di Zulia e Yaracuy, come anche in alcune parti della regione della Capitale Caracas”. “Il numero di positivi è così grande che c’è una crisi di letti negli ospedali e non è facile trovare posti in quelli pubblici, mentre le cliniche private, a causa della svalutazione della moneta nazionale, hanno prezzi molto cari”.

L'aiuto della Chiesa ai migranti

San Cristobal, la diocesi di monsignor Moronta, si trova al confine con la Colombia e lì, oltre a sensibilizzare i fedeli sull’importanza delle vaccinazioni, la Chiesa ha creato delle “case rifugio” dove possono riposarsi, mangiare e lavarsi le migliaia di persone che stanno lasciando il Paese. “Siamo una delle poche istituzioni che si preoccupano dei migranti e delle persone più bisognose”, sottolinea il vescovo. “Spesso”, come nel caso della parrocchia di San Antonio del Tàchira, “anche se gli abitanti sono molto poveri, si organizzano per dare da mangiare ai migranti: Questo significa che l’opzione per i poveri è anche ‘dai poveri’.

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31 maggio 2021, 15:49