Giovani iracheni si registrano in vista dell'incontro con il Papa Giovani iracheni si registrano in vista dell'incontro con il Papa  

La riconciliazione dell'Iraq passa per i giovani

Papa Francesco porta ai cristiani dell’Iraq “la carezza della Chiesa dopo tanti anni di sofferenze e persecuzioni”. Nel videomessaggio indirizzato al popolo iracheno il Papa sottolinea la necessità di aviare un percorso che possa rinsaldare i vincoli di fraternità tra tutte le componenti del paese, affinché sia possibile edificare un futuro di pace.

Stefano Leszczynski - Città del Vaticano

Le comunità cristiane dell’Iraq hanno conosciuto anni di martirio a causa di guerre e persecuzioni, che hanno spinto centinaia di migliaia di iracheni a lasciare la propria terra. Adesso, sembra essere giunta l’occasione di voltare pagina e di contribuire alla ricostruzione di un’intera società. Una ripartenza non facile e che richiede una forte attenzione internazionale.

L’importanza di non essere lasciati soli

L’opera di sostegno e aiuto prestato dalle organizzazioni di carità della Chiesa – spiega Alessandro Monteduro, direttore della branca italiana di Aiuto alla Chiesa che Soffre - è stato fondamentale per permettere alle comunità cristiane di sopravvivere, in particolare nel nord dell’Iraq. Uno sforzo finanziario e organizzativo che dai campi di accoglienza ha riportato tutte le famiglie cristiane superstiti in vere e proprie case. “Oggi – prosegue Monteduro - possiamo salutare con gioia il fatto che il 45% dei cristiani di quei 120mila che furono costretti alla fuga nel 2014 sono tornati nei villaggi della Piana di Ninive, così cara alla nostra tradizione”.

Ascolta la prima parte dell'intervista ad Alessandro Monteduro

Ricostruire il tessuto sociale ed economico

Creare le condizioni perché la società irachena possa tornare a prosperare richiede tuttavia un ulteriore impegno che si concretizza non solo attraverso la ricostruzione delle infrastrutture, ma anche attraverso il rilancio della componente di fede, come il restauro delle chiese, delle case parrocchiali, dei seminari, dei monasteri, dei conventi. Una realtà che sarà possibile solo investendo sulla gioventù, non solo cristiana. “Investire sulla formazione dei giovani iracheni – afferma il direttore di ACS - significa dare al paese nuove possibilità economiche, perché il nuovo grande pericolo è quello della povertà, che potrebbe spingere ciò che resta delle comunità cristiane a lasciare la terra d’origine”.

Ascolta la seconda parte dell'intervista ad Alessandro Monteduro

A Erbil la prima università cattolica dell’Iraq

E’ proprio con l’obiettivo di unire i giovani in un percorso educativo che conduca verso un futuro di prosperità e di pace che è stato portato a compimento il progetto di un polo universitario aperto a tutti, proprio nel Kurdistan iracheno. L’Università di Erbil, inaugurata ufficialmente nel 2015 e fortemente voluta dall’arcivescovo caldeo Bashar Warda, è una realtà in cui anche la Conferenza episcopale italiana ha creduto profondamente. Così come ACS che ha lanciato un nuovo programma del valore di 1,5 milioni di euro anche a sostegno di 150 borse di studio. “Ad oggi, sono già 170 gli studenti universitari iracheni – sottolinea Alessandro Monteduro – rappresentati per il 72% da cristiani, per il 18% da yazidi e per il 10% da musulmani. In quelle Aule universitarie si cementa il dialogo, l'armonia e la collaborazione sulla quale edificare la comune appartenenza a quella terra, nella speranza di non dover più raccontare l’Iraq come siamo stati costretti a fare negli ultimi vent'anni.

 

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06 marzo 2021, 07:00