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Il Mediterraneo potenziale modello di “economia blu”

Dal bacino del Mare Nostrum la speranza di una rinnovata cooperazione in tema ambientale. E’ quanto emerge dalla Dichiarazione sulla “economia blu” dell’Unione per il Mediterraneo. Non mancano nell’area i problemi di divisioni e instabilità, ma dal punto di vista delle risorse le potenzialità di rilanciare l’economia ci sono, come conferma l’esperto di politiche dell’energia Andrea Carlo Bollino

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Si torna a scommettere sul Mare Nostrum. I ministri dei 42 Paesi che fanno parte dell’Unione per il Mediterraneo hanno adottato nei giorni scorsi una nuova “Dichiarazione sull’economia blu”, dopo la prima firmata sei anni fa. Secondo la nota resa pubblica a conclusione della riunione che si è tenuta in modalità virtuale, i Paesi del bacino mediterraneo tornano a “impegnarsi con forza a cooperare strettamente e ad affrontare le sfide comuni nei settori chiave dell’economia blu". La dichiarazione, sottoscritta sotto la presidenza congiunta dell’Unione europea e del Regno di Giordania, è frutto del percorso che “ha coinvolto oltre 100 esperti e rappresentanti di organismi internazionali”.  

Sostenibilità e economia

La sostenibilità è importante in un’area che è cruciale sul piano politico ma decisamente esposta agli effetti negativi dei cambiamenti climatici con “temperature che aumentano a una velocità superiore del 20 per cento rispetto alla media mondiale con ricadute evidenti sull’ambiente marino”. Per questo i ministri hanno concordato di lavorare insieme per “facilitare la transizione a una economia blu sostenibile, riducendo le pressioni sull’ambiente e investendo su modelli imprenditoriali sostenibili, nell’ambito del turismo, della pesca, dell’energia, dei trasporti”. Per il commissario europeo per l’ambiente, gli oceani e la pesca Virginijus Sinkevičius gli impegni presi sono “un passo decisivo verso la gestione sostenibile del Mediterraneo  e un contributo alle ambizioni del Green deal europeo”. Tra le attività da citare ricordiamo l’acquacoltura, il turismo costiero, le biotecnologie marine, l’energia degli oceani, l’estrazione mineraria nei fondali marini.  

Delle problematiche aperte e delle possibili strategie abbiamo parlato con Andrea Carlo Bollino, docente di economia dell’energia all’Università Luiss e membro del T20, il gruppo di Think Thank creato in supporto del G20 a presidenza italiana:

Ascolta l'intervista con Carlo Andrea Bollino

Il professor Bollino ricorda i temi e le problematiche aperte se si parla di Mare nostrum: innanzitutto quella dell’inquinamento che mette a rischio la pesca per gli effetti negativi sulle specie acquatiche. Un inquinamento dovuto a diversi fattori tra cui gli scarichi dei rifiuti e l’uso dei combustibili per i trasporti in mare. E a questo proposito Bollino spiega che l’Unione europea, in particolare con il piano Green Deal contenuto nell’ambito del Next generation Eu, sta portando avanti piani concreti per alternative ai combustibili fossili. Le alternative esistono - sottolinea Bollino – e già sono una realtà ad esempio nel Mare del Nord. Il punto è che tutto ciò può contribuire seriamente – assicura l’esperto di politiche dell’energia – a preservare posti di lavoro e crearne di nuovi.   Bollino ricorda  che il tutto si riflette anche sul turismo e anche in questo caso diventa un potenziale fattore di sviluppo e di impiego.

Quando l’economia è blu

Bollino poi afferma che in questo caso l’espressione “economia blu” indica l’attenzione a tutto ciò che riguarda l’acqua, in primis mari e oceani, ma che tra gli scienziati la differenziazione tra l’espressione “economia verde” e “economia blu” è in genere correlata alle potenzialità delle nuove fonti di energie legate a “idrogeno verde” o a “idrogeno blu”, che si accomunano per essere alternative ai combustibili fossili ma si distinguono per alcune caratteristiche proprie.   

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04 febbraio 2021, 08:00