In Somalia desolazione e insicurezza In Somalia desolazione e insicurezza 

Somalia: 30 anni dopo l’inizio del caos ancora tutto da rifare

Trenta anni fa, con la caduta del presidente Siad Barre, iniziava per la Somalia un periodo di destabilizzazione, conflitti interni e violenze, problemi con i quali ancor oggi il Paese del Corno d’Africa è alle prese. Gravissime in tre decenni le ricadute umanitarie per la popolazione civile. Con noi monsignor Giorgio Bertin: " La popolazione sta vivendo un vero disastro"

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

Nel 1969 Siad Barre saliva ai vertici della Repubblica Somala. Andato al potere con un colpo di Stato incruento fu considerato all’inizio del suo regime un presidente illuminato, che portò avanti e realizzò molti interventi in campo sociale, decretando l’uguaglianza di tutti i cittadini, uomini e donne. Dopo qualche anno la svolta autoritaria, che degenerò alla fine della sua esperienza a capo della Somalia in una vera e propria repressione dura e sanguinosa. 

Tra il 1988 e il 1990 si contano più di 50 mila morti in quello che fu uno dei conflitti più drammatici di tutta la storia africana. In piena guerra civile, il 26 gennaio 1991 Siad Barre venne destituito. Successivamente alla sua cacciata e ancora oggi il Paese africano vive in uno stato di grave tensione e destabilizzazione e non è ancora stata creata alcuna forma di governo stabile. È quasi diventato uno slogan dire che la Somalia è uno ‘Stato senza Stato’, ma la realtà è che da 30 anni non ci sono istituzioni che abbiano un vero controllo del territorio e, afferma a Radio Vaticana – Vatican News monsignor Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio e vescovo di Gibuti, “la popolazione civile sta vivendo un vero disastro”.

Ascolta l'intervista a monsignor Giorgio Bertin

Lavorare per il bene comune

Il futuro della Somalia non appare roseo, afferma il vescovo. In questi 30 anni ci sono stati numerosi tentativi di creare un governo duraturo, ma invano. Presto ci saranno elezioni, ma il tessuto sociale è estremamente parcellizzato. C’è invece bisogno che la comunità internazionale e le parti sane della popolazione e delle istituzioni somale, lavorino insieme per il bene comune e non per interessi particolari. Un esempio di questo, racconta monsignor Bertin, è l’incidenza della pandemia in Somalia. I dati parlano di pochi contagi e pochi decessi, ma perché non c’è un monitoraggio serio e totale sui test. I dati ufficiali parlano di 4.700 contagi, oltre 3.600 guarigioni e 130 morti. Sicuramente una situazione sottostimata a causa della mancanza di organi di controllo in tutto il Paese.

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27 gennaio 2021, 15:03