Covid: Sicilia è rossa, città e piazze deserte Covid: Sicilia è rossa, città e piazze deserte 

Covid, Sicilia. Lorefice al clero: “Grazie per il vostro straordinario impegno”

La Lettera di un pastore alla sua comunità, colpita ancora dai contagi e ferita dalla perdita di molte vite anche tra i sacerdoti . Parole di speranza e di incoraggiamento quelle dell'arcivescovo di Palermo perchè con responsabilità tutti continuino a testimoniare la presenza di Gesù mantenendo viva la preghiera: "prendiamoci cura gli uni degli altri"

Alessandra Zaffiro - Palermo 

Ancora una volta la Sicilia è seconda in Italia per nuovi contagi. Da domenica l’isola è zona rossa. E ieri, l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, ha scritto una lettera al Clero, accompagnata dalla preghiera “In questo tempo di prova” composta lo scorso anno durante il lockdown.

Ascolta l'intervista a monsignor Lorefice

“E’ un messaggio di prossimità e di vicinanza – spiega monsignor Corrado Lorefice - scrivo ai presbiteri e ai diaconi ma avendo dinnanzi le comunità: anche questa nostra Diocesi è stata e continua ad essere colpita dai contagi, anche ferita mortalmente perché abbiamo avuto anche delle perdite di sacerdoti”.

“L'altra motivazione è di sostenere anche le comunità perché - continua l’arcivescovo di Palermo - possano continuare con grande responsabilità a tenere dinanzi a loro una cosa necessaria in questo tempo e lo stiamo sperimentando: dinnanzi a loro ci deve essere la presenza del Signore perché le comunità cristiane stanno al cospetto del Signore, ma a nome di tutti. Ieri mi sono recato in un piccolo paesino dove il parroco è stato contagiato e ho celebrato l'Eucaristia con un piccolo con un piccolo gruppo, ma l’ho celebrata per tutta la cittadina. Penso che anche la responsabilità delle nostre comunità a mantenere viva la preghiera a nome di tutti, penso che sia anche un segno che sostiene la speranza ed è per questo che allora bisogna essere anche responsabili nell'attuare le normative anti-covid, anti contagio. E questo è l’altro aspetto che ho voluto raccomandare soprattutto alle comunità attraverso chi presiede la comunità, chi serve le comunità e questo diventa importante. E’ un tempo di grande responsabilità e dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri”.

“Ovviamente  -  scrive monsignor Lorefice al clero - ne sta risentendo anche l’azione pastorale, costringendoci a limitare gli incontri in presenza e a sviluppare modalità diverse per sostenere comunque la vita comunitaria. Comprendo, in particolare, la fatica di voi cari Presbiteri e Diaconi, a vivere il ministero in queste condizioni e, mentre vi ringrazio per quello che continuate a fare in maniera instancabile, vi assicuro la vicinanza, la mia preghiera e la disponibilità ad ascoltarvi e ad accogliervi ogni qualvolta ne sentiate la necessità. Come molti di voi mi hanno manifestato, anch’io sento la mancanza dei nostri incontri formativi, dei momenti di ritiro e di condivisione e, non meno, della vicinanza fisica che ormai da mesi non ci è dato di vivere”.

Lorefice: “Sono cambiati i nostri stili nelle comunità, c'è in moto una creatività tipica dello Spirito”

“Certo sono cambiati i nostri stili nelle nostre comunità - ci spiega l’Arcivescovo di Palermo - però, direi, tutto questo ha anche come in ogni medaglia un altro risvolto: le nostre comunità forse, seppur nella prova,  stanno scoprendo sempre di più l'essenziale della vita comunitaria, della vita cristiana. Vedo anche che si cerca una preghiera più interiorizzata, una preghiera che si può fare anche nelle nostre case. Grazie ai social possiamo ancora raggiungere tante altre persone ma le nostre famiglie si possono anche trasformare in piccole chiese, possono essere raggiunti i giovani. Anch'io – aggiunge monsignor Lorefice - sto facendo una lectio per i giovani, possono essere raggiunti gli anziani ed è chiaro che c'è in moto anche una creatività che è tipica dello Spirito, anche in questo tempo così atipico lo Spirito sta suggerendo le nuove vie, per cui ho voluto anche incoraggiare, voglio incoraggiare, perché non prevalga lo scoraggiamento, tantomeno i cristiani, dobbiamo essere dei brontoloni, ma invece far sì che lo Spirito ci segni anche nuove vie, nuove opportunità perché comunque il Vangelo arrivi come parola che libera, che salva, che guarisce, che consola, che illumina”.

“Nonostante la Sicilia sia stata inserita tra le zone rosse, la partecipazione alle liturgie non viene impedita purché siano rispettate e messe in pratica le ormai ben note disposizioni che mirano a impedire o prevenire i contagi. Vi esorto, quindi, - prosegue monsignor Lorefice nella missiva al Clero di Palermo - di seguire con esattezza, senza eccezioni, le disposizioni governative, come anche le indicazioni pastorali che vi sono state date nei mesi scorsi. In particolare, la Comunione va sempre data nelle mani e la mascherina va sempre tenuta durante la distribuzione fatta mantenere alle persone in chiesa per tutta la celebrazione dell’Eucarestia. Vi ricordo, inoltre, che non sono ancora permessi gli incontri di catechesi o di formazione in presenza. Ciò vale anche per la catechesi in preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana. Anche i percorsi di preparazione al matrimonio dovranno essere tenuti attraverso le piattaforme digitali. Al riguardo, il servizio di Pastorale familiare è disponibile per qualunque tipo di aiuto e sostegno”.

Continua l’impegno della Chiesa Siciliana come frontiera alla porta d’Europa che, anche al tempo del Covid, è sempre pronta ad accogliere paure e speranze. Solo qualche giorno fa l’appello di Monsignor Lorefice affinché si fermino i respingimenti dei migranti nel Mediterraneo.

 “La collocazione della nostra isola deve tenere aperto il Vangelo”

 

“Il Vangelo è sempre antico e sempre nuovo. A maggior ragione il Vangelo è parte della storia degli uomini e deve arrivare alla storia degli uomini e quindi – sostiene monsignor Lorefice - è chiaro che questa collocazione della nostra isola deve tenere aperto il Vangelo e se la Chiesa, e la Chiesa in Sicilia, annunziano che chi attraversa il Mediterraneo, fuggendo dalla povertà e dalla guerra, prima di tutto è un essere umano che va riconsegnato alla vita, tantomeno va respinto, e va salvato dalle acque, questo è il cuore della fede cristiana. Noi siamo i battezzati, coloro che sono stati rigenerati dalle acque, sono riemersi dall'acqua e dalla morte, allora che arrivi a tutti e che arrivi anche come parola umana.  Oggi non ci salviamo se non ritroviamo la bellezza e la dignità di ogni volto umano. Prima di tutto l'altro deve essere riconosciuto. E allora penso che questo sia anche un tempo buono per il Vangelo. Certo, è un Vangelo che arriva anche come parola critica, che incontra delle contraddizioni, che incontra anche, appunto, direi anche il disappunto. A volte quando arriva come Vangelo, ma direi che questa è la riprova che stiamo annunziando il Vangelo di Cristo: ‘ero profugo e mi avete accolto, ero ammalato mi avete visitato, ero affamato e mi avete dato da mangiare’. Questo è il Vangelo di Gesù”. 

 

 

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18 gennaio 2021, 12:49