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Il presidente degli Stati Uniti Biden e la sua vice Harris Il presidente degli Stati Uniti Biden e la sua vice Harris

Joe Biden e Kamala Harris, il ticket dem alla Casa Bianca

Il neo presidente e la sua vice giureranno il 20 gennaio. Dopo gli scontri a Washington, si tirano le somme: repubblicani e democratici dovranno lavorare assieme per evitare i contraccolpi di quanto accaduto a Capitol Hill. L’analisi del sociologo Flavio Felice

Francesca Sabatinelli e Alessandro Guarasci – Città del Vaticano

Joe Biden e Kamala Harris sono stati proclamati dal Congresso presidente e vice presidente degli Stati Uniti e giureranno il prossimo 20 gennaio. Il bilancio dell’assalto di ieri dei manifestanti pro-Trump, a Capitol Hill, a Washington, si è chiuso con 4 vittime, 13 feriti e 52 arresti. In un messaggio, Donald Trump, ormai isolato anche dai repubblicani, ha parlato della “fine del più grande mandato presidenziale della storia” e dell’inizio “della nostra lotta per fare l’America di nuovo grande”, precisando però che seppur “totalmente in disaccordo con il risultato delle elezioni, ci sarà una transizione ordinata verso il 20 gennaio”, giorno del giuramento.

Negli Usa, istituzioni e costituzione forti

Le prospettive che si aprono ora, spiega a Vatican News, Flavio Felice, presidente del centro studi Tocqueville-Acton e professore ordinario di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università del Molise, “sono quelle della democrazia americana”, il che significa che, anche di fronte a “ciò che nessuno avrebbe mai immaginato che potesse accadere negli Stati Uniti”, resta il fatto che “costituzione e istituzioni americane sono sufficientemente solide” per procedere e che, al di là della “ferita nella storia della politica americana”, la  “cultura politica americana non subirà un contraccolpo da un punto di vista istituzionale”.

Ascolta l'intervista a Flavio Felice

Repubblicani e democratici insieme per sanare le ferite

La domanda che ci si pone è cosa si potrebbe fare per tornare ad una cosiddetta ‘normalità’ e soprattutto che cosa accadrà all’interno del Partito Repubblicano. “Ciò a cui abbiamo assistito – prosegue Felice – è stata la frattura del grande Partito Repubblicano, che ha guidato gli Usa negli ultimi secoli, in alternanza con il Partito Democratico”. Oggi, è opinione del docente, si tratta di un ‘partito lacerato’, che dovrà dare dimostrazione di unità nel superare questa fase, e da questo dipenderanno “i destini della vita civile americana”. Un ruolo importante lo avrà anche il Partito Democratico, ossia quello di “riuscire a riunire il Paese, non delegittimando la presidenza Trump”, atteggiamento che potrebbe risultare “un grave errore in questo momento” perché tutti coloro che sono entrati in Campidoglio, in realtà sono “elettori e rappresentano una fetta importante”, così come, pur essendoci una fascia di elettori di Trump che non sarebbero mai entrati a Capitol Hill, sono persone che “tuttavia si riconoscono“ nella sua presidenza. Di qui la chiamata in causa del Partito Democratico e delle sue future azioni, tenendo poi sempre presente l’origine del voto di Trump, che si concentra in un’America profonda, distante dalle centrali della comunicazione, ma che, tuttavia, “esiste e che è molto presente”:

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07 gennaio 2021, 16:17