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Due anziani a Sirte, una delle città libiche dove sono presenti più combattenti Due anziani a Sirte, una delle città libiche dove sono presenti più combattenti

Nuovi problemi per una Libia in cerca di pace

Nel Paese ci sono ancora 20mila combattenti stranieri. La denuncia è del rappresentante speciale Onu al Forum di dialogo per la pace in Libia, Stephanie Williams che parla di “scioccante violazione della sovranità”. Parole che preoccupano, in un autunno invece positivo per la Libia, che ha visto il cessate il fuoco ad ottobre e lo scorso mese l’accordo sulle elezioni da tenere entro l’inizio del 2022

Andrea De Angelis – Città del Vaticano

“Stanno occupando la vostra casa”. Non usa mezzi termini Stephanie Williams, rappresentante speciale delle Nazioni Unite al Forum di dialogo per la pace in Libia, parlando dei circa 20mila combattenti stranieri che si trovano ancora nel Paese africano nonostante l'accordo del cessate il fuoco firmato ad ottobre. Per l'organismo internazionale si tratta di una "scioccante violazione della sovranità libica". "Ci sono oggi dieci basi militari nel vostro Paese, occupate totalmente o parzialmente da forze straniere", ha detto la statunitense Williams, sottolineando come i 20mila combattenti siano sia mercenari che appartenenti a forze regolari.

La Libia non ha bisogno di armi 

Il Forum politico libico prosegue nella via del dialogo, sotto l'egida delle Nazioni unite che mira a far uscire la Libia dalla grave ed annosa crisi politica. Williams ha sottolineato come il dialogo politico libico sponsorizzato dall’Onu abbia raggiunto un livello importante, quantificandolo nel “70% del percorso previsto, ma – ha aggiunto – c’è ancora tanto lavoro da fare. A partire dalla questione relativa all’embargo sulle armi. "Stanno scaricando armi nel vostro Paese, un Paese che non ha bisogno di altre armi. Non sono in Libia per i vostri interessi, ma per i loro", ha ammonito Williams.

La situazione attuale

Il Paese dal 2014 è di fatto diviso in due: ad ovest si trova il governo riconosciuto a livello internazionale e guidato da Fayez al Serraj, con sede a Tripoli, la capitale; ad est invece è insediato il maresciallo Khalifa Haftar, che da anni cerca di conquistare proprio la principale città libica. Nell’autunno 2020 sono comunque arrivate due notizie che fanno ben sperare: ad ottobre lo storico cessate il fuoco, mentre è di novembre l’accordo preliminare per tenere elezioni in tutto il Paese entro un anno e mezzo, come annunciato durante una conferenza stampa proprio da Stephanie Williams

La necessità di un Esecutivo di transizione

"Il conflitto in Libia si concluderà al termine di un percorso che ad oggi è ancora molto complesso". Lo afferma, nell'intervista a Vatican News, Luciano Ardesi, esperto di Nord Africa. "I progressi che abbiamo registrato negli ultimi mesi sono ancora sulla carta, nel Paese - prosegue - purtroppo regna l'insicurezza ed in quadro simile è difficile parlare di stabilità politica e sociale".

Ascolta l'intervista a Luciano Ardesi

La presenza di combattenti e di armi è solo uno dei problemi. "Rispetto a quanto deciso a Tunisi sulle elezioni da tenere entro 18 mesi - spiega Ardesi -, ad oggi manca ancora un tassello fondamentale quale la formazione di un Esecutivo di transizione". Il rischio è che a pagare ancora una volta sia la popolazione, specie i cittadini più in difficolta. "Williams su questo è stata molto chiara, sono almeno un milione e trecentomila le persone che stanno pagando a caro prezzo la crisi umanitaria, anche a causa anche della pandemia di Covid-19", conclude l'esperto del Paese.  

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03 dicembre 2020, 12:41