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Proteste a Phoenix, Arizona dei sostenitori di Trump Proteste a Phoenix, Arizona dei sostenitori di Trump 

Elezioni Usa: Biden in vantaggio. In piazza i sostenitori di Trump

Mancano 17 grandi elettori al candidato democratico per vincere le presidenziali, avanti in Arizona e Nevada. Trump denuncia brogli. Decine di arresti tra i manifestanti

Michele Raviart - Città del Vaticano

Nevada, Georgia, Pennsylvania, North Carolina. A Joe Biden basta la vittoria in uno di questi Stati per arrivare alla Casa Bianca. Il candidato democratico finora è sostenuto da 253 grandi elettori sui 270 necessari per vincere. Con l’Alaska, che esprime tre grandi elettori e che sarà con ogni probabilità vinta da Trump e l’Arizona, 11 elettori, che dovrebbe andare a Biden – ieri era stata assegnata ai democratici, ma gli ultimi voti scrutinati vedono Trump in leggera ripresa - gli occhi sono puntati principalmente sullo Stato di Las Vegas.

Attesa per il Nevada

In Nevada (6 elettori) Biden è infatti in vantaggio di ottomila voti e lo Stato è considerato democratico, ma è ancora possibile una rimonta di Trump. Il presidente in carica è saldamente in testa in North Carolina (15) ed è avanti in Georgia (16), anche se qui è Biden che sta riducendo il vantaggio di Trump. Più complicata la situazione della Pennsylvania (20), dove mancano ancora i risultati di centinaia di migliaia di voti arrivati per posta.

Ritardi nel conteggio dei voti postali

La grande quantità di voti espressi via posta è infatti la grande novità di questa tornata elettorale e questo spiega il ritardo nei risultati, che potrebbero arrivare nelle prossime ore o addirittura nei prossimi giorni, visto che in alcuni Stati c’è tempo fino al dieci novembre per l’arrivo dei voti postali spediti entro martedì.

Biden vince il voto popolare

Quello che è certo finora è che Biden, che ha intercettato il voto delle donne, degli operai del Midwest e dei moderati indecisi, ha vinto il voto popolare e che Trump ha tenuto nonostante le previsioni della vigilia. “Siamo a qualche cosa come 72 milioni di americani per Biden e 68 milioni di americani per Trump”, spiega a Vatican News Alia K. Nardini docente di Relazioni internazionali allo Spring Hill college di Bologna, quindi “c’è stato sicuramente un premio dell’elettorato concesso ai democratici, che anche con Hillary Clinton (nel 2016 ndr) avevano avuto il voto popolare dalla loro parte, ma non in queste percentuali”.

Ascolta l'intervista integrale ad Alia K. Nardini

Un "referendum su Trump"

Questo voto, poi, “è stato un referendum su Trump piuttosto che una scelta su una visione della direzione sulla quale deve muoversi il Paese”. I risultati, spiega ancora, “ci dicono che Trump non è più un outsider che si gioca la carta di ‘parlare alla pancia del Paese’ e del ‘cavalcare la piazza’, ma che gli americani hanno valutato anche quanto Trump ha fatto”.

Biden: gli Usa rientreranno nell'accordo sul clima

Biden, intanto, parla già da probabile vincitore. “Lavorerò tanto per coloro che non hanno votato per me quanto per quelli che hanno votato per me”, ha affermato in un comizio in Delaware. L’ex-vicepresidente dell’amministrazione Obama ha parlato anche di riconciliazione verso le opposizioni e promesso che gli Stati Uniti rientreranno nell’accordo sul clima di Parigi non appena varcherà la soglia della Casa Bianca.

La strategia di Trump

Trump aveva già reclamato per sé la vittoria poche ore dopo la chiusura dei seggi, denunciando brogli e irregolarità nel voto e accusando i democratici di frode. Già annunciato il riconteggio dei voti in Wisconsin (dove la vittoria di Biden è stata di circa l’1%) e annunciato azioni legali anche in Pennsylvania e Georgia. “La strategia è stata quella di far sembrare l’intero processo elettorale non come qualcosa di rigoroso e fondamentale per la democrazia statunitense”, sottolinea Nardini, “ma come una macchina controllata dall’establishment liberal per minare la volontà popolare. Una strategia che non ha pagato, perché gli statunitensi hanno votato con molto entusiasmo e con molta fiducia”.

Decine di arresti a New York

Si registrano tuttavia le prime proteste. Sostenitori di Trump armati di fucili e pistole si sono riuniti davanti al dipartimento elettorale di Phoenix, in Arizona, al grido di “stop al furto”. Disordini si sono verificati a Portland, a Denver, a Minneapolis e a New York, dove i manifestanti hanno lanciato uova contro la polizia, dato fuoco a cassonetti e spaccato la vetrina di un negozio. Decine gli arrestati.“I disordini ci saranno sicuramente, tuttavia non credo che assumeranno toni preoccupanti nel senso di minare la democrazia statunitense o mettere in discussione la tenuta democratica del Paese”, conclude Nardini. Sicuramente “è una modalità che per noi europei è abbastanza aliena e c’è il rischio che possa sembrarci peggio di quello che in realtà è. La differenza la farà la Corte Suprema verificando quella che sarà la costituzionalità del processo”. Sebbene la Corte sia a maggioranza repubblicana “non ci si aspetta che ci sarà una partigianeria nel concedere queste elezioni da una parte e dall’altra. Il sistema statunitense è solido e reggerà l’urto”.

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05 novembre 2020, 15:11