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Usa, l'ultimo dibattito in tv tra Trump e Biden prima delle presidenziali Usa, l'ultimo dibattito in tv tra Trump e Biden prima delle presidenziali 

Usa, la corsa al voto dopo l’ultimo dibattito tv

A pochi giorni dalle presidenziali del 3 novembre, l’ultimo duello tv tra il presidente in carica, Donald Trump, che corre per un secondo mandato, e lo sfidante democratico, Joe Biden. Alia Nardini, docente allo Spring Hill College: leggere i sondaggi scomponendo i dati

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

L’ultimo confronto televisivo prima del voto tra i due sfidanti alla Casa Bianca, sul palco della Belmont University di Nashville, in Tennessee, è stato nella serata del 22 ottobre, meno teso del precedente. Tanti gli argomenti dibattuti, con il microfono spento a turno per lasciare a entrambi due minuti ininterrotti all'inizio di ogni tema. Alia Nardini, professoressa di Scienze Politiche allo Sping Hill College di Bologna fa il punto della situazione all’indomani del confronto tra i due candidati: “Il dibattito, come annuncia il Los Angeles Times stamattina, sembra non aver cambiato il parere di quegli elettori che sono registrati come indipendenti e non hanno ancora un’idea chiara sul candidato a cui attribuire la loro preferenza alle prossime elezioni. Questo dice molto perché i dibattiti, si sa, sono improntati a conquistare quella parte dell’elettorato che ancora deve decidere qual è la direzione che vogliono intraprenda il Paese”. Se i sondaggi al momento vedono in media un vantaggio per Biden che oscilla tra 7 e 8%, Nardini sottolinea che questi numeri vanno letti dopo averli scomposti: “Negli Stati-chiave, in realtà il vantaggio di Biden è del 4%. Anche questo dato, all’apparenza confrontante, va ricalibrato perché nel 2016 Hilary Clinton in questi stessi Stati era in vantaggio del 3,8% e questo dato, come sappiamo, non andò a decidere le elezioni a suo favore”.

Ascolta l'intervista alla professoressa Nardini

Il peso dell’early voting

Sono 47 i milioni di statunitensi che hanno già espresso la loro preferenza per il prossimo presidente, ricorrendo, molto più che per le passate presidenziali, al voto anticipato, anche per corrispondenza, a causa della pandemia di coronavirus. Per la professoressa Nardini, che cita uno studio della Cnn, il ricorso all’early voting non cambierà il risultato elettorale, perché è vero che avvantaggia tradizionalmente i democratici, che sono storicamente quella parte di elettori che vogliono esprimere subito il loro parere, dal momento che sono già decisi, ma poi potrebbe tradursi in un calo di preferenze dei democratici nel giorno delle elezioni, quando invece i repubblicani, che sembrano la parte dell’elettorato meno preoccupata dell’emergenza Covid, si recheranno alle urne in massa.

Indecisi, minoranze e anti-establishment

Per analizzare quali siano gli argomenti principali su cui si orienterà il voto del 3 novembre, la docente dello Spring Hill College richiama tre blocchi di elettori da osservare: gli indecisi, le minoranze e gli anti-establishment.  “Riguardo agli indecisi – aggiunge –, se i dati ci dicono che il 60% degli americani è convinto che gli Usa stanno andando nella direzione sbagliata, questo è un dato che va contrapposto all’approvazione verso l’operato di Trump che è del 44%. Sono numeri all’apparenza poco confortanti per i repubblicani”. Riguardo al blocco delle minoranze, la docente sottolinea che sta aumentando il consenso per Donald Trump da parte dei latinos per un convergere di temi che si allineano con la famiglia tradizionale, con la legalità e con l’economia che in America sta riprendendo pur non tornando ai livelli pre Covid. Questo dato, potrebbe, dunque, giocare a favore di un recupero, seppur parziale per Trump, perché i latinos votano tradizionalmente più democratico, specie nelle zone di confine. C’è, poi, il blocco anti-establishment, che è sempre stato lo zoccolo duro dell’elettorato di Trump e che ha tratto energia soprattutto nei dibattiti.

La gestione della pandemia nell’orientamento al voto

Gli effetti che avranno sul voto la diffusione del Covid- 19 e la gestione della pandemia nel Paese è un tema, secondo Nardini, molto interessante, su cui si è scritto poco, ma che si può osservare sui media statunitensi. “I democratici - conclude - stanno premendo molto sul fatto che la mala gestione della pandemia ha causato la morte di centinaia di migliaia di americani, ha gettato aziende sul lastrico e ridotto cittadini in povertà; invece, sulla stampa conservatrice, vengono enfatizzati i successi economici e il sistema di aiuti”.

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23 ottobre 2020, 14:05