Il bombardamento su Ganja Il bombardamento su Ganja

Violato il cessate il fuoco in Nagorno-Karabakh. Scambio di accuse tra armeni e azeri

Drammaticamente interrotta la tregua nella regione del Caucaso. Era entrata in vigore alle 12.00 di ieri per “ragioni umanitarie”

Francesca Sabatinelli e Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Non ha retto neanche 24 ore l’accordo di cessate il fuoco entrato in vigore, ieri a mezzogiorno, nel Nagorno-Karabakh. L’intesa tra Armenia e Azerbaigian è caduta sotto le accuse reciproche di aver violato la tregua ma, soprattutto, di aver commesso gravi violazioni e crimini contro i civili.

Accuse e smentite di attacchi e bombardamenti

In un attacco delle forze armene contro la città azera di Ganja, la notte scorsa, sarebbero rimaste uccise sette persone e oltre 30 ferite, tra loro anche bambini. Ad essere presa di mira, secondo il ministero degli Esteri di Baku, sarebbe stata una “area residenziale” della città. Secca la smentita del ministero della Difesa del Nagorno Karabakh, che nega di aver bombardato Gandja, sostenendo di aver rispettato la tregua. Inoltre, ieri sera, diverse esplosioni erano state registrate a Stepanakert, capitale regionale del Nagorno-Karabakh.

Tregua umanitaria

Il cessate il fuoco, raggiunto con la mediazione del Cremlino, era stato perseguito con lo scopo di permettere, tramite la mediazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa, lo scambio dei prigionieri e il recupero dei morti. I colloqui a Mosca erano stati il primo contatto diplomatico tra i due Paesi da quando, lo scorso 27 settembre, erano scoppiati i combattimenti a causa dello status della regione contesa, con decine di vittime tra militari e civili. I governi di Erevan e Baku avevano inoltre ratificato una formula che prevede la supervisione del Gruppo di Minsk, la struttura messa in piedi nel 1992 dall'Osce per prevenire il riaccendersi delle ostilità nella regione del Nagorno-Karabakh. Il Gruppo è formato da Stati Uniti, Russia e Francia.

Il Papa prega per la pace nel Caucaso

L’appello del Papa

Poche ore dopo lo scoppio del conflitto, lo scorso 27 settembre, Papa Francesco aveva esortato all'Angelus domenicale a pregare per la pace nel Caucaso, chiedendo alle parti coinvolte “di compiere gesti concreti di buona volontà e di fratellanza” capaci di “risolvere i problemi non con l’uso della forza e delle armi, ma per mezzo del dialogo e del negoziato”. Una via, quella dei colloqui, che Armenia e Azerbaigian avevano deciso di intraprendere e che purtroppo sembra essersi già interrotta.

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11 ottobre 2020, 10:36