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Caritas Libano: restare uniti per superare le difficoltà

La mancanza di una guida sicura in politica e il diffondersi del coronavirus soprattutto negli strati più poveri della popolazione. Sono queste le principali cause dell'aggravarsi della situazione umanitaria in cui versa da mesi mesi il Libano. L’intervista a Padre Michel Abboud, presidente della Caritas del Paese: in tanti specie i giovani stanno lasciando il Libano

Marina Tomarro - Città del Vaticano

Continua l’emergenza umanitaria in Libano peggiorata sia dalla forte instabilità politica, che vede il Paese ancora alle prese con la scelta di un nuovo premier, che dal coronavirus. Infatti per far fronte al numero sempre più alto dei contagi, il ministero dell'Interno libanese ha disposto il lockdown per 169 villaggi e località ed ha ordinato la chiusura dei bar e dei locali notturni su tutto il territorio nazionale. I contagi infatti sono in aumento dall'inizio di luglio, quando il governo ha allentato il lockdown nazionale ed ha riaperto l'aeroporto internazionale di Beirut. I nuovi casi hanno subito poi un'impennata nei giorni successivi alla devastante esplosione del 4 agosto nel porto della capitale che ha provocato oltre 200 morti, circa 6.500 feriti ed ha lasciato senza casa circa 300mila persone.

Molti decidono di lasciare il Paese

“La situazione è grave sia dal punto di vista sanitario che da quello economico,- spiega padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano - perché tante attività sono chiuse, e la gente non riesce più a lavorare. Molte zone di Beirut sono state colpite da una profonda crisi economica”.

Ascolta l'intervista a Padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano

In questo momento a che punto è la ricostruzione?

R - Stiamo lavorando velocemente perché tra poco saremo in inverno e arriveranno le piogge. Stanno venendo alla luce tante situazioni gravi. Gli ingegneri che lavorano con noi, vannonei terreni, tra le case e tornano con le lacrime agli occhi, quando vedono le famiglie che, nonostante abbiano la casa distrutta, non la vogliono lasciare, e rimangono li… Abbiamo fatto una lista con le famiglie più povere della città: loro adesso non hanno niente e non sanno dove andare. Il nostro compito è aiutarli a ricostruire le loro case. Abbiamo tanta fede in Dio, e Lui ci manda la gente che ci dà una mano per continuare a fare questo.

Quanto influisce in tutto questo l'instabilità politica che state vivendo nel Paese?

R - Siamo nella confusione totale. I gruppi politici, sono a confronto e la gente si sente persa. Anche quando si parla con i responsabili della politica dicono di non sapere bene cosa stia succedendo. Poi stiamo affrontando anche un'altra crisi, in quanto sono in tanti che stanno lasciando il Paese, soprattutto i giovani che dicono di non avere futuro in Libano e decidono di andare via. Ma andare via, per noi adesso, non è una cosa facile.

Che significato ha avuto in questo contesto la pubblicazione dell'ultimo enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”?

R -  Abbiamo bisogno adesso di quello che ha detto il Papa. Di rimanere uniti, di accettarci reciprocamente, perché da noi ci sono tante guerre, e la nuova generazione adesso sta ascoltando i politici parlano come nel passato. Questa enciclica è un’invito a restare insieme, accettandoci con amore nelle nostre differenze. È questo il messaggio che il Papa vuole farci arrivare: cioè che adesso è il momento dell'unità per salvare il Libano. E questa enciclica ci vuol dire: “Abbi cura del tuo fratello”.

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15 ottobre 2020, 14:48