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La copertina del Dossier di Terre des Hommes diffuso alla vigilia della Giornata mondiale delle Bambine La copertina del Dossier di Terre des Hommes diffuso alla vigilia della Giornata mondiale delle Bambine 

La Giornata mondiale delle Bambine: basta con le discriminazioni

Offrire pari opportunità alle bambine e alle ragazze perché possano realizzare se stesse: è il dovere a cui governi, istituzioni e società civile sono chiamati tutti i giorni ma che la Giornata richiama fortemente. Ci vogliono politiche che proteggano le bambine, vittime di discriminazioni, e le sostengano. E occorre una cultura nuova. L'intervista a Paolo Ferrara, direttore generale di Terre des Hommes Italia

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Si celebra ogni 11 ottobre la Giornata mondiale delle Bambine, voluta dalle Nazioni Unite. Se è vero che tutti i più piccoli all'interno delle nostre società, del Nord come del Sud del mondo, rappresentano i soggetti più fragili e a rischio, è anche vero che tra loro sono le bambine e le ragazze le prime vittime di abusi, discriminazioni e violenze. A loro in tante regioni del Pianeta è richiesto fin dalla più tenera età di vivere come piccole adulte assumendo responsabilità e doveri nei confronti delle proprie famiglie, in tanti Paesi non vedono rispettati i loro diritti all'infanzia, alla salute, all'istruzione, alla formazione ad un lavoro, alla libertà di scegliere. 

I progressi e le conseguenze del lockdown sulle bambine

La Fondazione Terre des Hommes è impegnata da anni per tutelare e cambiare la vita di centinaia di migliaia di bambine e ragazze di tutto il mondo tramite diversi progetti. In vista della Giornata odierna, l'organizzazione ha diffuso la nona edizione del Dossier: "La condizione delle bambine e le ragazze nel mondo", perchè, per cambiare una realtà, è essenziale prima conoscerla. E' quanto afferma ai nostri microfoni Paolo Ferrara, direttore generale di Terre des Hommes Italia, che commenta i dati emersi dalla ricerca, non tutti negativi. La preoccupazione è però che i progressi raggiunti subiscano una battuta d'arresto a causa delle conseguenze della pandemia che ha stravolto la nostra vita. 

Ascolta l'intervista a Paolo Ferrara

R. - La fotografia della situazione della condizione delle ragazze nel mondo è una fotografia che in questi anni ha visto tantissimi passi in avanti su vari fronti: da quello dei matrimoni precosi a quello dell'Istruzione, a quello della lotta alle mutilazioni genitali femminili. Quello che sta succedendo, che è successo con il lockdown, è che le scuole sono rimaste chiuse e sappiamo che le scuole sono uno dei punti dove si costruisce giorno per giorno la consapevolezza dei diritti, ma anche dove le ragazze, le bambine trovano spesso protezione. Ce lo dicono tutte le ricerche che più anni di istruzione significano meno rischi di gravidanze precoci, meno rischi di matrimoni precoci e spesso anche maggiore consapevolezza per difendersi dalla violenza. Il secondo aspetto legato alla lookdown e che esso, ovviamente, riporta tutto nel chiuso delle case, e sappiamo come i maltrattamenti avvengano più spesso tra le mura domestiche, costituendo quindi maggiore pericolo soprattutto ai danni di donne, bambine e ragazze. Inoltre il lockdown blocca tutte quelle attività di sensibilizzazione e coinvolgimento delle comunità che sono state fondamentali in questi anni per ridurre sensibilmente proprio molte di queste violenze, quindi l'attenzione è grande. Purtroppo abbiamo visto anche dai dati dell'Italia, che durante i mesi scorsi è aumentato dell'80% il numero di telefonate ai centri antiviolenza e questo riscontro, probabilmente, è lo stesso a livello mondiale. Quindi temiamo arretramenti mentre la situazione stava invece migliorando.

Caratterizza questo Dossier l'attenzione a quello che succede in Italia. Ma che rischi ci sono, oppure quale realtà è già presente, nel Paese riguardo alle bambine e alle ragazze?

R. - Le bambine e le ragazze sono le principali vittime di violenza, lo sono sia in casa con i maltrattamenti domestici dove costituiscono oltre il 54% delle vittime, e sono complessivamente il 60% delle vittime di reato, inoltre per alcuni di essi questa percentuale sale fino a 80/90% quando parliamo dei reati di tipo sessuale. Ma, a parte questo che rappresenta la punta dell'iceberg, abbiamo una generale mancanza di partecipazione delle giovani donne alla vita lavorativa e alla vita professionale, ma anche alla formazione attiva. Si tratta di una situazione che colpisce tutti i settori, per dare un esempio, anche nello spot dove solo il 28 per cento degli atleti sono donne. Cioè, me lo lasci dire, c'è un lavoro enorme che dobbiamo fare di cambiamento culturale, perché se poi al di là della violenza, che chiaramente è il frutto di una cultura fortemente maschilista, guardiamo anche tutti i dati sulla partecipazione economica e anche politica delle donne e delle ragazze, ci rendiamo conto che il lavoro che dobbiamo fare è quello di investire sulle ragazze e sulle bambine perché possano sentirsi sicure di poter collaborare e anche competere,, perché no, alla pari dei bambini. Oggi invece bambine, ragazze e donne sono costrette ad un percorso a ostacoli e questo significa anche sottrarci la partecipazione poi di una forza lavoro qualificata, perché proprio le ragazze sono quelle che oggi studiano spesso materie più complicate. Penso che privarci di questa forza lavoro, di questa intelligenza, sia un fortissimo impoverimento per tutti noi.

 

Lei ha toccato un punto che la ministra per le Pari Opportunità Bonetti, durante la presentazione del Dossier, ha sottolineato e cioè la necessità di un cambio di cultura in Italia. La ministra parlava di un tabù che persiste sui temi che riguardano la violenza sulle bambine, il tabù del non dire le cose , del non nominarle. E' d'accordo?

R.- Certo, è importante che noi queste cose le nominiamo, le diciamo. Ovviamente lo diciamo attraverso i numeri, ma poi dietro ogni numero c'è una storia, c'è una persona,  ed è importante che torniamo a dirci che abbiamo un problema e che questo problema dobbiamo affrontarlo insieme e io mi ci metto. Sono un uomo e penso che si debba partire anche dalla cultura degli uomini che è una cultura che è rimasta indietro per molti versi, che continua oggi ad ostacolare la partecipazione delle bambine e delle ragazze . E'importante che in qualche modo costruiamo su questo, tenendo ovviamente in considerazione le differenze, ma lavorando sulla parità delle opportunità.

Guardando al mondo,  il vostro Dossier registra passi avanti, anche notevoli, in tanti Paesi...

R. - Decisamente in questi anni si è lavorato moltissimo a livello di sensibilizzazione, si sono messe insieme tantissime organizzazioni e comunità e si è fatto un lavoro che ha spinto molti governi a dotarsi di legislazioni sempre più avanzate per contrastare le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni precoci ecc... Solo qualche anno fa il tasso di istruzione di bambine e ragazze era sensibilmente più basso. L'importante è che continuiamo su questa strada e devo dire che molto si deve al ruolo che tante ragazze hanno avuto. Cito il caso di Malala Yousafzai, la giovane pachistana protagonista di una vera rivoluzione sul tema dell'istruzione, ma dopo di lei, centinaia di altre ragazze sono diventate protagoniste di un cambiamento culturale. Su questi grandi passi in avanti il Covid rischia, purtroppo, di farci invece tornare indietro, è necessario invece che appena la situazionee lo consentirà, si facciano nuovi grandi sforzi per contrastare la discriminazione e la violenza di genere.

Quali sono le sue raccomandazioni, le sue richieste, per arrivare a questo obiettivo?

R. - Noi abbiamo provato a formulare 4 raccomandazioni che sono il frutto dell'esperienza di questi anni sia in ambito nazionale che internazionale. La prima è favorire la partecipazione delle bambine e delle ragazze: siamo stanchi di vedere consessi in cui si decide sempre soltanto fra uomini anche quando si parla della condizione delle donne. Due: abbiamo bisogno di risorse perchè senza risorse economiche, ma anche umane, non si riesce a costruire nulla. È importante che i governi lavorino anche con le aziende e la società civile per mettere insieme le risore e lavorare per contrastare ogni discriminazione. Il terzo punto è quello della sensibilizzazione, dobbiamo cambiare la cultura. Infine, abbiamo bisogno di ripartire dai dati perchè se non fotografiamo una realtà, se non conosciamo la realtà, non possiamo trasformarla. E, come raccomandano tutte le istituzioni internazionali e anche le convenzioni internazionali, se non ripartiamo da una segmentazione dei dati anche per genere, difficilmente riusciremo a leggere la realtà in cui ci troviamo a vivere.

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11 ottobre 2020, 08:28