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Che paradiso! On line la speciale edizione della Giornata delle catacombe

Con un fitto programma di interventi, letture, laboratori per bambini e una mostra si snoda fino al tardo pomeriggio di oggi la terza edizione della Giornata delle Catacombe. Ne parliamo con il Segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, che promuove la Giornata, monsignor Pasquale Iacobone

Laura De Luca – Città del Vaticano

Si svolge oggi sabato 10 ottobre la terza Giornata delle Catacombe, in ambito virtuale sul sito www.giornatadellecatacombe.it. Il titolo è Che paradiso! Monsignor Pasquale Iacobone, segretario della Pontificia Commissione per l’Archeologia Sacra, che ha in cura tutte le catacombe d’Italia, ci illustra questo titolo:

Ascolta l'intervista a monsignor Iacobone nella Puntata del programma Fotografie

R. - Il titolo Che paradiso! è l’espressione che tante volte abbiamo sentito dai visitatori delle nostre catacombe soprattutto quando hanno ammirato i tanti paesaggi rappresentati sulle pareti: fiori, piante, animali, giardini paradisiaci ci rimandano all’anno di riflessione sulla Laudato si’ che il Papa ha fortemente voluto.

Per cui ci colleghiamo a quella celebrazione, esaltando il tema della natura, sia quella che viviamo quotidianamente, sia quella che speriamo di vedere quando saremo dall’altra parte, nel giardino dei beati…

Due paradisi che si richiamano a vicenda, dunque, terreno e celeste. Il logo di questa giornata è riportato sulla schermata del sito (dove è possibile collegarsi per seguire il nutrito programma) ed è il dettaglio di una pittura murale…

R. - Ci troviamo nella catacomba di Pretestato tra l’Appia antica e l’Appia Pignatelli, che è visitabile solo su richiesta. E ci troviamo in particolare nel cubicolo delle stagioni. Qui siamo di fronte alla primavera con fiori, frutti e una nidiata di uccellini con una mamma che dà il cibo ai suoi piccoli…  si tratta di un’immagine bella che ci riporta proprio alla rappresentazione della natura nelle catacombe, che vuole rimandare a quel giardino paradisiaco cui aspiravano tutti coloro che erano stati sepolti lì.

Monsignore non è singolare, non è bello che le persone in qualche modo costrette sotto terra immaginassero e rappresentassero ciò che era sopra, e particolarmente la natura? E che per tanti cristiani costretti alla clandestinità fosse proprio quello, lontano dalla luce, il loro paradiso?

R. - Nelle catacombe non abbiamo mai rappresentazioni truci, crudeli o pessimistiche. Abbiamo sempre immagini paradossalmente luminose, belle, felici positive… Proprio perché si augurava ai defunti, a coloro che lì riposavano (cimitero significa “luogo del riposo”) di ritornare alla vita e di ritrovarsi nell’Eden: ecco perché tutti gli elementi della natura (la vegetazione, gli animali, le decorazioni) non fanno che augurare un felice percorso verso la meta ultima, quella “festa dei beati” di cui ci parla anche Dante.

Ebbene, queste immagini cosi vivaci sono un augurio, una speranza, una preghiera, ma anche un appello (in questo senso il richiamo alla Laudato si’) a mantenere vivo il paradiso nel quale siamo stati collocati, a non dimenticare la responsabilità verso la casa comune dove siamo soli inquilini di passaggio.

Il pensiero alle catacombe, per voi che della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra ne curate la manutenzione e la comunicazione, ci avvicina sempre alla stagione cupa e insieme luminosa della storia della chiesa in cui la professione della fede era a rischio. Non pensa che questo contrasto luce/ombra, visibilità/nascondimento abbia in fondo giovato all’entusiasmo, alla diffusione della fede, e che oggi invece, in un’epoca di iper-connessione e visibilità sia più difficile avvicinarci e far avvicinare alla verità del Vangelo?

R. - Nelle catacombe noi scopriamo una serie di simboli che non erano appariscenti, cioè non erano alla luce del sole, ma che erano destinati agli occhi dei visitatori, dei parenti dei defunti, ai defunti stessi. Era quindi una convinzione intima, profonda di fede che si esprimeva attraverso quelle immagini. Esse rappresentavano la storia della salvezza, il cammino prima di Israele e poi della chiesa, nonostante tutte le difficoltà, senza negare la realtà dura. Abbiamo infatti tante immagini di sofferenza- i cosiddetti paradigmi di salvezza- come per esempio Daniele tra i leoni, i tre giovani nella fornace ardente, il sacrificio di Isacco, o immagini femminili, come Susanna nella catacomba di Priscilla…  Eppure in quelle scene di sofferenza c’è sempre il segno della speranza, della salvezza che viene da Dio.

Questa è la fede intima che anima i cristiani delle catacombe, che si esprime poi anche nel martirio, nella testimonianza coerente “sopra terra”. Credo sia un appello anche a noi, a rivedere lo spessore e i contenuti della nostra fede: un messaggio che viene da lontano ma che è attuale ancora oggi.

Il sito è ricchissimo di fotografie, anche interattive, che introducono il visitatore in questi luoghi, ma c’è una documentazione fotografica in particolare inserita solo il 10 ottobre che si riferisce a una catacomba aperta al pubblico per la prima volta solo quest’anno e solo in questa occasione…

R. - Tutta la giornata è ovviamente virtuale perché non è possibile quest’anno far confluire tutte le migliaia di persone che hanno partecipato alle giornate precedenti; proprio per questo offriamo già adesso una visuale delle catacombe fra le più note, alcune addirittura visitabili con interattività a 360°. Per il giorno della commemorazione ecco l’inserimento della catacomba di Anapo, piccola ma splendida, sulla via Salaria qui a Roma, solitamente chiusa al pubblico e che pochissimi conoscono: uno scrigno prezioso. In questa occasione sono visibili i suoi spettacolari affreschi.

Al contrario, le altre catacombe hanno visto migliaia di visitatori, non solo grazie alle vostre iniziative, ma anche negli anni passati, per il grande afflusso di turisti spesso non italiani. Quest’anno come sta andando?

R. - Ovviamente anche le nostre catacombe risentono della crisi, come tutti i monumenti ovunque in altre città d’arte in Italia. Qui noi abbiamo dovuto chiudere già a fine febbraio. Solo a giugno è stato possibile, grazie anche all’intervento dell’Istituto Superiore di Sanità, fornire un protocollo ad alcune catacombe in vista di possibili riaperture. Alcune sono già aperte su richiesta e su prenotazione, le principali di Roma e d’Italia. Basta andare sui rispettivi siti e appunto prenotarsi. Però, purtroppo, si lamenta una assenza grave dei visitatori non italiani che costituivano il 70 8-80 % dell’affluenza. Venendo meno costoro, le nostre catacombe non sono più visitate come negli anni passati. Il che significa che abbiamo anche una crisi per le guide, per il personale che era impiegato, per l’indotto…

Ha citato alcune catacombe non romane. Solitamente ed erroneamente si presume siano una ricchezza solo di Roma e dintorni. Non è cosi. E la Commissione tiene sotto controllo tutta la mappa delle catacombe sparse per l’Italia. Ci ricorda qualcuno di questi paradisi sotterranei?

R. - Cominciamo da quella più a nord, stranissima, dell’isola di Pianosa, visitabile grazie all’accordo con il parco dell’isola d’Elba. Poi ci sono le due bellissime di Chiusi, sempre in Toscana…Passiamo alle due abruzzesi di san Vittorino vicino l’Aquila e di Castelvecchio Subequo. Il Lazio ne ha più di cinquanta, al di là di quelle romane abbiamo per esempio le catacombe di Porsenna e di Formello a nord e quelle di Grottaferrata e Albano a sud. Scendendo, abbiamo le catacombe napoletane, le siciliane di Siracusa a est, di Palermo e Villa Grazia di Carini a ovest. E infine Sant’Antioco in Sardegna. (Monsignor Iacobone, forse per non essere tacciato di campanilismo, ha tralasciato di citare le catacombe della “sua” Canosa! NdR)

Monsignore, sullo stesso sito www.giroantadellecatacombe.it una bellissima mostra fotografica presenta i singolari scatti di Max Serradifalco riuniti sotto il titolo Laudata terra. Opere a confronto con l’enciclica Laudato si’. Sono immagini aeree (da satellite, aerei o droni) di dettagli della nostra terra che casualmente ci restituiscono figure di volti o di animali

R. - Sì, sono scatti satellitari in cui però l’occhio dell’artista, nelle sinuosità dei fiumi, nella diversa coloritura della terra, sa cogliere figure di volti, di animali , perfino architetture. Ecco per esempio dei ritratti fra cui uno che ricorda i bronzi di Manzù (di papi e di cardinali)…Sono gli scherzi della natura!

Max ha realizzato questa indagine per mostrarci la bellezza di una terra (alcuni scatti sono davvero emblematici!) che rischia di diventare deserta, di perdere questa bellezza e questi colori. Abbiamo dunque voluto questa mostra virtuale per ricordare l’appello del papa nella Laudato si’ a custodire la nostra casa comune e a farla vivere come un giardino quotidiano…

Non mi dica che  è stato un caso che dopo l’incoraggiamento a guardare nei sotterranei delle catacombe lo stesso sito della Giornata delle Catacombe ospiti una serie di sguardi dall’alto! Insomma dalle profondità della terra all’alto dei cieli

R. - Quasi un’alternativa alla banalità e alla piattezza degli sguardi quotidiani. La profondità della catacomba e l’altezza del satellite per tirarci fuori dalla palude quotidiana.

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10 ottobre 2020, 07:54