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Omaggio al professor Samuel Paty Omaggio al professor Samuel Paty  

Francia, monsignor Lebrun: dobbiamo testimoniare la vera fratellanza

Educazione, sicurezza internazionale, politica e fede: occorre unire le forze per reagire a violenza e fanatismo che inquinano il senso vero della religione. A Vatican News dopo il brutale assassinio del professor Samuel Paty, parla l'arcivescovo di Rouen, Dominique Lebrun e lancia il suo appello ad una riflessione comune, cristiani e musulmani, sulla testimonianza da dare insieme in questo momento di tensione sociale

Gabriella Ceraso e Benedetta Capelli - Città del Vaticano 

Sarà organizzato nel cortile della Sorbona, stasera, l'omaggio nazionale annunciato dall'Eliseo in memoria di Samuel Paty, il professore decapitato venerdì scorso da un giovane ceceno, nella periferia di Parigi, per aver mostrato ai suoi allievi le caricature di Maometto durante una lezione. Nello stesso momento una "marcia bianca" partirà dalla scuola Le Bois d'Aulne, dove insegnava Paty. Sono solo le ultime di una serie di manifestazioni che hanno mosso le piazza francesi in nome della laicità dello Stato e della libertà di espressione.

Una riflessione tra credenti per dare testimonianza di Dio - amore

Ma non è solo questo il problema di fronte alla violenza dell'estremismo islamico. Non si può parlare solo di educazione, di necessari interventi politici e di sicurezza internazionale e lavoro diplomatico: urge una riflessione teologica. Forte è l'appello ai nostri microfoni di  monsignor Dominique Lebrun l'arcivescovo di Rouen, dove, quattro anni fa, padre Jacques Hamel veniva barbaramente assassinato da due estremisti che avevano giurato fedeltà al sedicente Stato islamico. Di fronte al nuovo episodio di violenza contro il professor Samuel Paty, subito l'arcidiocesi ha pensato di rispondere con la preghiera e la riflessione insieme ai fratelli Musulmani, domenica scorsa,  davanti alla Stele repubblicana per la pace e la fraternità eretta vicino alla chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, in memoria proprio di padre Jacques Hamel. Quanto accaduto, spiega monsignor Lebrun, ha sconvolto il nostro cuore, ritrovarsi insieme è stato naturale "per dire che il nostro cuore è attaccato al Dio dell'amore" che offre e dona amore per tutti. 

Ascolta l'intervista a monsignor Dominique Lebrun

R. - Vediamo che c'è una parte della nostra popolazione, in Francia, che pensa che il giovane che ha colpito aveva le sue ragioni, perché non sopportava più queste caricature. E allora c'è gente che dice che bisogna reagire. Pochissimi sono capaci di compiere l’atto di togliere la vita ad un uomo ma altri capiscono che si può andare fino in fondo. Credo che questa volta non sia solo una pazzia che viene dall'estero e che trova in Francia alcune persone che sostengono lo Stato islamico, che ormai non c'è più, ma c’è veramente nella popolazione una difficoltà grande e tutti noi dobbiamo rispondere. Lo Stato deve rispondere per quanto riguarda l'ordine pubblico, ma anche vigilare sull’educazione che si dà. Le personalità di cultura devono reagire così come la diplomazia perché c'è ancora questo legame con una rete mondiale islamica. C’è però anche un problema teologico, c'è un problema spirituale. Qual è il Dio che una persona può invocare per ammazzare o per difendersi o per rifiutare la libertà di espressione? Dobbiamo capire e anche dialogare con tutti i credenti e i credenti devono dialogare con i non credenti o i credenti delle altre religioni per capire qual è questo Dio. Io credo che non è un Dio è un idolo quello che una persona si immagina. Questo non è Dio ma lo penso io e l'altro perché non lo crede? Abbiamo pensato subito che era utile che le religioni manifestassero per una idea: adorare Dio e non ammazzare che è l'unica cosa che ci è stata data nei dieci comandamenti.

 

Lei ha fatto appello all'educazione, ha fatto appello alla politica, ha fatto appello anche alla sicurezza internazionale, ma dal punto di vista teologico anche ad una riflessione su quello che è Dio vero, cioè quali sono le radici della fede e per questo vi siete riuniti con la comunità islamica…

R.- Ci siamo riuniti per prima cosa per dire che non accettiamo questa violenza, ma anche per dire che bisogna dialogare su una cosa fondamentale: a quale Dio crediamo? E’ necessario aprire questo dialogo con tutti e anche accettare le questioni dei non credenti. Noi sentiamo molto in Francia alcuni che dicono, di fronte agli ultimi fatti, che la religione porta alla violenza, quindi la religione deve essere scartata dalla vita pubblica. Noi questo non l’accettiamo perché di fatto per noi è il contrario, Dio è un Dio di pace. C'è qualche difficoltà e va affrontata e anche chiederci se c'è la possibilità nello stesso paese di coabitare secondo delle leggi e soprattutto quando abbiamo una fede che non è una fede privata ma che ci porta ad un comportamento sociale. Se la religione è diversa, le leggi devono essere diverse? Questo dobbiamo affrontarlo.

Ci sono e ci saranno anche domani degli omaggi della popolazione nel cortile della Sorbona, ci sono state manifestazioni, c’è stato un richiamo allo stato laico e alla libertà di espressione. Le chiedo se l'enciclica del Papa, incentrata sulla Fratellanza - un termine problematico sotto un certo punto di vista e se si guarda a situazioni di questo tipo - ci può aiutare, ci può sostenere?

R. - Certamente il testo ci può aiutare perché ci parla dei conflitti, ci parla anche della guerra e quali sono le vie per uscire da questo. E la via vera è quella del dialogo, un dialogo profondo e totale che non può scartare il dialogo sulla fede di ognuno, sulle religioni. Nelle scuole pubbliche francesi un passo in avanti è stato fatto una decina d'anni mettendo in programma il fatto religioso come una cosa da insegnare. Un passo importante per evitare l’oscurantismo e la possibilità che ognuno si faccia la propria religione, sentendosi autorizzato a ricorrere alla violenza se la propria religione lo comporta. Il dialogo è certamente, come dice il Papa, la via vera, il Vangelo è un libro di dialogo, anche se affronta la violenza e comporta la croce.

C'è un messaggio che lei vuole lanciare, in nome di quello che state provando e state vivendo, a tutti i credenti che prima o poi potrebbero trovarsi ad affrontare una simile difficoltà?

R. - Il Papa nella sua enciclica recita il motto francese: liberté, égalité e fraternité. Giustamente, dice il Papa, la fraternità è di un altro ordine. Abbiamo fatto delle leggi per la libertà, per la libertà di andare di venire, di espressione, la libertà di pensare, di coscienza. Abbiamo fatto delle leggi per l'uguaglianza giustamente, ma sulla fraternità, sulla fratellanza non si tratta di leggi, si tratta di uno spirito che deve abitarci tutti, parlando chiaro, parlando di quello che c'è nel cuore. Quando ho visto quello che è accaduto il nostro cuore era veramente a pezzi. Subito abbiamo pensato di ritrovarci insieme per dire che il nostro cuore è attaccato a un Dio di amore, che vogliamo ricevere insieme l'amore di tutti. Lasciamo parlare il nostro cuore umano.

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20 ottobre 2020, 11:26