Una scuola in Africa, prima del lockdown Una scuola in Africa, prima del lockdown 

Eritrea: chiude la scuola italiana ad Asmara

Aperta nel 1906, era uno degli istituti di eccellenza del Paese, che in pieno lockdown vede ancor più ridotte le possibilità di futuro per i giovani. Don Mussie Zerai: nel chiuderla, perdiamo tutti

Michele Raviart – Città del Vaticano

Chiude dopo oltre cent’anni ad Asmara, in Eritrea, la scuola italiana, polo culturale d’eccellenza nel Paese. Per decenni, riferisce l’Agenzia Fides, è stata un punto di riferimento prima per i ragazzi italiani, figli e nipoti dei coloni, e poi per i ragazzi eritrei o dei figli di coppie miste italo-eritree. 

Un arricchimento reciproco

“La scuola italiana ha una storia lunghissima”, spiega a Vatican News il sacerdote eritreo don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeisha. “In questa scuola”, afferma, “si sono formate tantissime persone compreso mio padre, che poi è venuto in Italia a continuare i suoi studi. Quindi è una scuola che ha dato molti frutti alla cittadinanza ed è anche l'unico segnale, il più tangibile, reale e vivo che è rimasto del legame tra Italia ed Eritrea. Mantiene il legame tra queste due culture e fa conoscere agli eritrei, nel bene e nel male, chi erano questi italiani che hanno colonizzato. È un arricchimento per i giovani eritrei e viceversa. Venir meno a tutto questo è un danno per l’Eritrea, ma anche per l’Italia”.

Ascolta l'intervista integrale a don Mussie Zerai

Un "risarcimento morale"

Alla base della decisione della chiusura il mancato accordo tra i due governi su una commissione tecnica congiunta e il ritiro graduale negli ultimi anni dei docenti italiani, seguiti dalla decisione unilaterale del preside di avviare la didattica a distanza a causa del coronavirus, senza l’autorizzazione delle autorità di Asmara. Con la perdita della scuola, nata nel 1906 durante il colonialismo, il Paese perde un’occasione per formare le nuove generazioni, spiega ancora don Mussie Zerai. “L’Italia”, ribadisce, “tramite quella scuola poteva aiutare dando borse di studio ai giovani, per avere anche un futuro a livello professionale e poteva cercare di riscattare anche le sue responsabilità morali del passato con una sorta di risarcimento anche in questo senso, ma la scuola era finita negli ultimi anni per diventare soltanto una scuola di élite, dove andavano a studiare solo i figli di chi aveva soldi o i figli dei potenti di turno, invece se fosse diventata più aperta e mirata, poteva diventare un veicolo per aiutare quel Paese in un processo di democratizzazione, e recuperare il senso della giustizia sociale, dei diritti e della cura dell'ambiente. Poteva essere uno strumento ottimo, ma nel chiuderla perdiamo tutti”.

L'unico futuro per i giovani è la guerra

La chiusura della scuola va a colpire un Paese in cui per i giovani è sempre più difficile prospettare un futuro migliore. Sottolinea infatti don Zerai: “con il Covid-19 il Paese è diventato ermeticamente chiuso, per cui nessuno entra e nessuno esce. I luoghi di culto sono chiusi, non si può praticare e non ci si può radunare, eppure il regime ha radunato migliaia di ragazzi, li ha caricati sui bus e li ha portati nei campi di addestramento. L'unico futuro che viene garantito ai giovani è questo: il servizio militare a tempo indeterminato. Poi c'è la povertà che il Covid-19 ha aggravato ancora di più. Tante persone vivevano di lavoro giornaliero e quant'altro e tutto questo è chiuso e tutte le attività sono quasi totalmente ferme per cui la situazione sia per i giovani, ma per tutti gli eritrei, è diventata veramente pesante.

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15 settembre 2020, 15:34