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Livio Berruti vince l'oro nei 200 alle Olimpiadi di Roma Livio Berruti vince l'oro nei 200 alle Olimpiadi di Roma

Sessanta anni fa l’apertura delle Olimpiadi di Roma

A Vatican News Livio Berruti, oro sui 200 metri piani ai Giochi olimpici di Roma, racconta la sua Olimpiade vissuta con gioia e spensieratezza. La capitale italiana fu teatro della più grande manifestazione sportiva del mondo dal 25 agosto all'11 settembre 1960

Benedetta Capelli- Città del Vaticano

La Roma dei Cesari e quella dei Papi, una città rimessa a nuovo sulla spinta di un boom economico che segnò il dopoguerra, tradizione e innovazione che si fondevano per offrire al mondo l’edizione più “romantica” – la definirono anche così – dei XVII Giochi Olimpici. La tv in bianco e nero offrì le immagini delle competizioni per la prima volta in mondovisione, consegnando alla storia dello sport i volti di atleti provenienti da ogni angolo della terra. Uno su tutti fu quello di Abebe Bikila, etiope, che a piedi scalzi conquistò la maratona, la regina delle gare, rievocazione della corsa dell’ultima impresa di Fidippide dalla città di Maratona ad Atene per annunciare la vittoria dei persiani nel 490 a.c. Furono anche i Giochi di Cassius Marcellus Clay, un diciottenne pugile di Louisville che nessuno conosceva e che vinse la prima medaglia d’oro. Quattro anni più tardi, con il nome di Muhammad Ali, sarebbe diventato il mito della boxe che tutti ancora oggi ricordano.

L'udienza di Giovanni XXIII agli atleti dell'Olimpiadi di Roma
L'udienza di Giovanni XXIII agli atleti dell'Olimpiadi di Roma

Giovanni XXIII e gli atleti

Il giorno prima dell’inaugurazione, gli atleti di tutto il mondo si ritrovarono in Piazza San Pietro dove Papa Giovanni XXIII, di ritorno da Castel Gandolfo, li volle incontrare. Ricordando la visita del barone De Coubertin, fondatore dei Giochi Olimpici, a Papa Pio IX e l’approvazione da parte del Pontefice del suo progetto, Roncalli invitò gli sportivi a dare esempio di sana competizione. “Nelle gare – disse allora – mostratevi sempre sereni e gioviali, modesti nella vittoria, obiettivi e di buon umore nella sconfitta, tenaci nelle difficoltà. Da genuini atleti testimoniate agli spettatori la verità dell’antico detto: Mens sana in corpore sano”.

Folla in Piazza San Pietro per l'udienza dI Giovanni XXIII agli atleti olimpici
Folla in Piazza San Pietro per l'udienza dI Giovanni XXIII agli atleti olimpici

Un mondo percorso da tensioni

Alle 17.30 del 25 agosto 1960, la fiaccola olimpica fa il suo ingresso nello stadio Olimpico. E’ Giancarlo Peris, l’ultimo tedoforo, a concludere il viaggio della fiamma verso il braciere. Roma è pronta a vivere i Giochi ai quali partecipano seimila atleti di 84 nazioni. Si respira un clima di unità e gioia ma le tensioni nel mondo nel mancano: dalla guerra fredda Usa – Urss a quella più interna in Germania che sfocerà nella creazione del Muro di Berlino, c’è poi Cuba che con Fidel Castro entrerà nell’orbita sovietica. L’Italia chiuderà le Olimpiadi con 13 medaglie d’oro, tra queste ci sono quelle del pugile Nino Benvenuti e l’oro di Livio Berruti, ventunenne di Torino, primo europeo a conquistare la medaglia iridata, che correva con gli occhiali da sole; una assoluta novità ma non l’unica.

Berruti: gli errori che valgono oro

Ad ottantuno anni, oggi traccia un bilancio di quella esperienza con la maturità di un uomo che ammette errori (confessa di aver riposato prima della finale) e che ringrazia anche la sorte per quello che gli ha donato. “Ricordo quell’atmosfera di gioia, di amicizia, di serenità, di rispetto, – racconta Livio Berruti – c’era la voglia di parlarsi, tutti ci sentivamo uguali. C’era una grande partecipazione del pubblico e la sensazione di sentirsi parte di un evento importante e bello”. Sulla finale dei 200 metri, ricorda l’intervallo tra la gara di semifinale e finale, si sofferma sul record del mondo che aveva conquistato e sul fatto di aver rallentato prima di concludere. Sapeva di aver spinto troppo prima della finale e questo non era un bene. “Tutti si allenavano mentre io sono rimasto negli spogliatoi a riposare, ed era la cosa più sbagliata da fare”. Un riposo che però gli vale la medaglia. “Ma non può valere come regola – puntualizza Berruti – io non avevo una muscolatura potente ma la fortuna mi ha aiutato”.

Livio Berruti
Livio Berruti

La foto che vince l’apartheid

Nel cuore di Berruti l’Olimpiade di Roma, al di là dei trionfi sportivi, è legata ad “un amore platonico” per Wilma Rudolph, l'atleta americana che sarà la vera dominatrice dei Giochi: vincendo i 100, i 200 e la staffetta 4x100. La “Gazzella Nera”, così soprannominata, aveva contratto da bambina la poliomelite sconfiggendola. “Lei mi propose lo scambio delle nostre tute – spiega Berruti – ma quando l’ho incontrata sono rimasto ammaliato”. Gli occhi scuri dell’atleta non si dimenticano, nemmeno a distanza di 60 anni. “Ci hanno scattato una foto mano nella mano all’ingresso del Villaggio Olimpico – racconta – abbiamo anticipato di tre anni la frase di Martin Luther King che parlava del sogno di vedere mano nella mano i bianchi con i neri. Questa è la dimostrazione che lo sport è sempre avanti rispetto alla politica”. “Oggi – conclude Berruti - auguro a Roma e al mondo, a distanza di 60 anni, di costruire il futuro pensando agli altri, mettendo da parte l’individualismo, uno dei nostri più grandi difetti”.

Ascolta l'intervista a Livio Berruti

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25 agosto 2020, 08:00