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Soldati israeliani nei pressi del confine siriano (Reuters / Amir Cohen) Soldati israeliani nei pressi del confine siriano (Reuters / Amir Cohen)

Confini contesi e crisi economica: cresce la tensione tra Israele, Siria e Libano

Dopo i bombardamenti della scorsa settimana, l'aviazione israeliana ha colpito al confine siriano nuovi obiettivi dell'esercito di Damasco nel Sud del Paese. Intanto in Medio Oriente a preoccupare è anche la situazione di instabilità in Libano: in polemica con il premier Diab, si è dimesso il ministro degli Esteri. L'intervista a Lorenzo Marinone, analista del Cesi esperto dell'area

Andrea De Angelis – Città del Vaticano

Il Medio Oriente torna al centro delle cronache, almeno per due motivi. L’esercito israeliano nella notte di domenica scorsa, ha sventato un tentativo di “piazzare ordigni esplosivi” lungo il confine con la Siria. Ad affermarlo il portavoce militare israeliano, che ha spiegato come nell'azione portata avanti nel nord del Golan non vi siano state vittime israeliane. Secondo i media del Paese, sarebbero stati uccisi “quattro terroristi”. Non c'è al momento conferma ufficiale della loro morte. Altra questione è quella relativa all'instabilità del Libano, con le dimissioni del ministro degli Esteri Hitti, in polemica con le politiche intraprese dal premier libanese Diab.

La strategia di Hezbollah 

In seguito all'operazione israeliana, il portavoce militare ha spiegato come “l’esercito ritiene il regime siriano responsabile per tutti gli eventi che generano dal suo territorio e non tollererà alcuna violazione della sovranità israeliana”. Una settimana fa, lo scorso 27 luglio, l’esercito israeliano ha sventato un altro attacco di un commando di Hezbollah che ha provato ad entrare in territorio israeliano dal confine siro-libanese nei pressi del Monte Hermon. “Hezbollah sta cercando di cambiare le regole non scritte del gioco”, afferma nell'intervista a Vatican News Lorenzo Marinone, analista del Cesi ed esperto di Medio Oriente.

Ascolta l'intervista a Lorenzo Marinone

“Quello che sta succedendo al confine tra Siria ed Israele potrebbe far pensare al ripetersi di schemi già consolidati, ma in realtà - prosegue l'esperto - non è così: Hezbollah non è più una minaccia per Israele solo dal Libano, ma anche dalla Siria”.

La minaccia per Israele

“Israele è consapevole della minaccia di Hezbollah in Siria, per questo da anni porta avanti una campagna di bombardamenti al confine, cercando di limitare i danni. I bombardamenti però negli ultimi tempi sono aumentati - rileva Marinone - e c'è una ragione ben precisa”. Cosa è cambiato dunque? “Hezbollah sta provando a modificare le regole del gioco, perché di fatto è sempre stato legittimato a rispondere in Libano. Questo è accettato da parte di Israele, ma - spiega Marinone - non è così se gli accadimenti si verificano in Siria”. Hezbollah dunque sta tentando di avere “diritto alla rappresaglia anche se Israele lo colpisce in Siria, alzando di fatto la posta in gioco ed il costo politico di qualsiasi intervento di Israele contro Hezbollah in Siria”.

Instabilità in Libano 

Aumentano le tensioni anche in Libano per il graduale collasso economico e finanziario. Le manifestazioni di protesta nel Paese sono iniziate già lo scorso autunno, ad inizio 2020 poi la formazione di un nuovo Governo. A distanza di mesi, però, l'Esecutivo inizia a perdere pezzi: si è infatti dimesso il ministro degli Esteri Nassif Hitti, che denuncia la mancanza di soluzioni da parte del premier Hassan Diab ed il rischio del fallimento del Paese. Al suo posto subentra Charbel Wehbe, considerato vicino al presidente della Repubblica Michel Aoun.

La crisi economica

Il buco nelle finanze libanesi ammonta a circa 90 miliardi di dollari, mentre l’accordo con il Fondo Monetario Internazionale necessita di una serie di provvedimenti legislativi la cui adozione in un Paese politicamente frazionato come il Libano è tutt’altro che semplice. Intanto, la lira libanese continua a perdere valore e la disoccupazione cresce, complice anche l'effetto della pandemia. “Il Libano è di fatto uno Stato fallito dal punto di vista economico da anni, ma è stato tenuto artificialmente a galla con operazioni finanziarie non proprio trasparenti ed ortodosse. I nodi vengono al pettine e - afferma Marinone - è quanto sta avvenendo in questo momento, mostrando tutti i limiti dei partiti libanesi circa la capacità di affrontare la crisi economica. I partiti sono più attenti a salvaguardare il proprio ruolo, anziché - conclude - operare congiuntamente per uscire dalla crisi”.

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04 agosto 2020, 12:40