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L’estate di Sant’Egidio accanto ai profughi di Lesbo

La ‘vacanza alternativa’ sull'isola greca dei volontari della Comunità. Il mese di agosto dedicato a chi risiede nei campi, tra lezioni di inglese e un pranzo in amicizia

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Anche questa è resurrezione: quella di chi per la prima volta, anche ad oltre 40 anni di età, si siede ad un banco di scuola e pronuncia la sua prima parola in inglese, così come quella di chi riesce a ritrovare una dignità seduto ad una tavola assieme a famiglia e amici. Un piccolo miracolo che accade sull’isola di Lesbo, in questo mese di agosto, divenuta il ritrovo di un gruppo di 120 persone, di ogni età, provenienti da diversi Paesi europei, chiamati dalla Comunità di sant’Egidio, e che hanno tenacemente voluto, impiegando le loro vacanze estive, mettersi al servizio di chi, da mesi e mesi, è rinchiuso nei campi, aiutando con un sorriso, giocando con i bambini o servendo pasti.

A pranzo al Ristorante dell'Amicizia
A pranzo al Ristorante dell'Amicizia

Il Ristorante dell’amicizia

Sono quasi 16mila i migranti presenti sull’isola greca in questo momento, tra loro moltissimi minori non accompagnati. Sono tutti richiedenti asilo o in attesa di ricollocamento, e trascorrono il loro tempo in precarie condizioni igieniche, in tende di fortuna tra polvere e fango, nutriti in modo inadeguato, soprattutto i bambini. Situazioni drammatiche, aggravate dalla pandemia e dal lockdown. La ‘vacanza alternativa’ di questi volontari è rivolta a tutte queste persone, in maggioranza donne e bambini, afghani, siriani e africani, tutti in fuga da guerre, violenze, persecuzioni, che, in questo caldo mese estivo, hanno potuto sedersi ad una tavola apparecchiata per loro, nel ‘Ristorante dell’amicizia’, un vecchio frantoio riadattato, che, nel pieno rispetto delle misure anti-Covid, permette di mangiare bene, “non sulla polvere o sulla terra, non cibo occasionale, bensì cibo cucinato per persone che possono sedersi, avere un tempo di dignità, mangiare senza paura e con calma. Questo vuol dire umanizzazione, vuol dire calo della rabbia e della rassegnazione, perché qualcuno si occupa di loro”, racconta Mario Marazziti della Comunità di Sant’Egidio, anche lui in piena vacanza alternativa, impegnato ad insegnare nella ‘English school of friendship’, sempre nello stesso frantoio del ristorante, ma che la mattina ospita le classi, livello base e avanzato.

Ascolta l'intervista con Mario Marazziti

La scuola di inglese, per loro è futuro e speranza

“Tutti coloro che possono uscire dal campo – racconta ancora Marazziti – fanno 2-3 km a piedi, arrivano qui, hanno il loro quaderno, scrivono il proprio nome, hanno la propria penna o matita. E non saltano una lezione! È incredibile come una classe che va dagli 8 ai 45 anni, possa diventare una vera classe di inglese per tre ore di seguito, e senza una lingua veicolare”. Alcuni di loro non sono mai andati a scuola, alcuni non conosco i caratteri che vengono insegnati, alcuni non hanno mai scritto da sinistra a destra, eppure, al termine della lezione, in un inglese stentato, saranno tutti in grado di dire il proprio nome e la provenienza. “L’inglese vuol dire futuro e speranza – aggiunge Marazziti – e questo futuro è poter comunicare con tutti e ricominciare la propria vita, e allora è entusiasmante. È un mondo di ragazzini, un mondo di bambini pieni di vita, pieni di pazienza, è una speranza per loro e per tutti noi. Queste persone sono una grande forza e qui si vede proprio la Risurrezione, basta un niente.  E poi ci si riposa, faticare a scuola è un grande riposo rispetto alla vita da profugo!”.

Gli alunni vanno dagli 8 ai 45 anni
Gli alunni vanno dagli 8 ai 45 anni

Presto un nuovo corridoio umanitario

Essere volati a Lesbo in questo momento, per Sant’Egidio, significa anche gettare le basi per il prossimo corridoio umanitario. Grazie ad un accordo tra Italia e Grecia se ne avvierà presto uno nuovo, che interesserà circa 300 persone, che la Comunità sta cominciando a conoscere ed individuare nel campo di Moria. L’Europa arrivata in questo mese a Lesbo si oppone all’Europa che chiude, “ma io credo che sia questa l’unica Europa – conclude Marazziti – perché quella che chiude non si ricorda più che è Europa, e se quella che chiude stesse qui a Lesbo, e vedesse tutto questo senza occhiali, ne verrebbe conquistata”.



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20 agosto 2020, 07:50