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La Val di Stava ricorda la tragedia di 35 anni fa La Val di Stava ricorda la tragedia di 35 anni fa 

35 anni fa il disastro in Val di Stava. Monsignor Tisi: non fu fatalità

Con una celebrazione eucaristica nel cimitero monumentale della Chiesa di San Leonardo, a Tesero, in provincia di Trento, ieri è stata ricordata, 35 anni dopo, la tragedia della Val di Stava. Il 19 luglio 1985 due bacini di decantazione di una miniera franarono, rilasciando il loro contenuto di fango, detriti e fluorite lungo la stretta valle. Vennero cancellati in un momento alberghi, abitazioni e 268 vite umane. A presiedere la Santa Messa è stato l'arcivescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi. "Il disastro della Val di Stava non fu una fatalità, ma causa dell'incuria e dell'interesse economico", ha detto il presule nell'omelia. le interviste all'arcivescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi, e al Colonnello dei Carabinieri, Luigi Foglia

Giancarlo La Vella - Città del Vaticano

“Non una mera fatalità o casualità, ma interesse economico, profitto, incuria e superficialità, che hanno prevalso sulla persona umana”. Con queste parole monsignor Lauro Tisi, arcivescovo di Trento, ha ricordato, nella Santa Messa di commemorazione di ieri a Tesero, il disastro della Val di Stava, in provincia di Trento, avvenuto 35 anni fa. Poco dopo le ore 12.00 del 19 luglio 1985, gli argini dei bacini di decantazione di una miniera cedettero e causarono la fuoriuscita di 180 mila metri cubi di fango e fluorite, che precipitarono lungo la stretta valle, cancellando in un attimo alberghi, abitazioni e vite umane: 268 furono le vittime del disastro. Il conseguente procedimento penale si concluse con 10 condanne per disastro e omicidio colposo. Mons. Tisi ricorda come il disastro ha cambiato la mentalità della gente nel rapporto con l'ambiente.

Ascolta l'intervista a monsignor Lauro Tisi

R. - E' stato fatto un grande lavoro perchè non si perda la memoria di quanto accaduto e per far sì che il ricordo di questo fatto diventasse veramente un monito sull'incuria e sul disprezzo della persona umana, perché purtroppo la filiera che ha creato questo disastro è tutta ascrivibile a irresponsabilità, a manutenzioni non fatte e soprattutto sottovalutazione anche del pericolo, che era stato segnalato da più parti con un rimpallo di responsabilità, tra chi ha gestito la miniera, le varie componenti che l'hanno gestita, veramente impressionante, per cui oggi sappiamo con sicurezza che è stato il profitto, l'incuria, la superficialità e la sottovalutazione del rischio che hanno portato a questa disgazia e a questo ha contribuito tantissimo la comunità locale e l'associazione e la fondazione Val di Stava. Questo ha consentito anche alla nostra realtà di sviluppare un'attenzione molto forte per l'ambiente. Da quell'evento nel Trentino è cambiato l'approccio all'ambiente, è stato un momento di svolta per il Trentino proprio anche nella sua custodia e manutenzione del territorio.

Monsignor Tisi, in questi oltre tre decenni qual è stata la funzione della Chiesa nell'essere vicino a tante persone che hanno perso i loro cari?

R. - A cominciare dai miei predecessori, c'è stata un'adesione continua alle iniziative per evitare che la loro azione finisse poi insabbiata o cancellata, perché c'era anche una volontà di rimuovere, di cancellare le responsabilità del crollo della miniera. Per questo abbiamo dato un contributo al progetto, che poi è stato realizzato, proprio anche della costruzione di un luogo fisico con un museo e con tutta una serie di documentazioni che lo fa vedere. Questo è stato importantissimo, perché oggi se uno va in Val di Stava, lì dove c'è il museo, c'è questo luogo visitato da tantissime persone e c'è proprio una documentazione precisa sulle responsabilità del disastro e poi anche sulla ricostruzione successiva. Questo è stato importantissimo, perchè ha permesso di non imputare la tragedia alla fatalità e allora, dopo 35 anni, ormai c'è un consenso di tutta la comunità trentina su questo fatto, che è diventato anche un volano per ripensare il rapporto con il territorio e con l'ambiente alpino.

Molti hanno definito la tragedia di Val di Stava come "il piccolo Vajont" (ammesso che si possa definire piccola anche la perdita di una sola via umana). Quali sono oggi le emozioni della popolazione di Tesero e della Val di Stava?

R. - Quando a morire sono le persone, il dolore non viene cancellato dal tempo. Anche ieri ho ascoltato di nuovo storie piene di lacrime e di sofferenza risalenti a 35 anni fa, che hanno sconvolto in maniera impressionante la vita di intere famiglie, non solo del Trentino, ma anche di tante altre zone d'Italia, perché tra le vittime abbiamo tanti lombardi, ma anche turisti di altre zone d'Italia. Credo che questo dolore così vivo, che a distanza di tanti anni viene poi rivissuto ancora con le lacrime, sia la prova che in queste tragedie dentro la drammaticità emerge anche la grandezza dell'uomo, perché l'ambiente può essere in qualche misura anche ripristinato; le strutture sono state rifatte e oggi la Val di Stava è tornata ad essere una splendida zona alpina, ma il dolore di chi se ne è andato non è rimarginato, continua a essere particolarmente vivo, ma implicitamente questo dice che il valore grande è la persona umana. E' nato anche un gemellaggio con Longarone, nella zona del Vajont, che ogni anno viene vivificato, per cui c'è una delegazione di Longarone che viene al nostro anniversario e viceversa una delegazione di Stava va all'anniversario del Vajont. Quindi credo che veramente quello che ci ha insegnato questa tragedia è ancora una volta il valore enorme della persona è il valore grande che ha ogni volto d'uomo, non è paragonabile a nessun altra realtà. 

35 anni fa i soccorsi alla piccola Val di Stava

Alla notizia della tragedia, nella tarda mattinata del 19 luglio 1985, scattarono immediatamente i soccorsi. Tra i primi a intervenire ci furono i Carabinieri del 7° Battaglione “Trentino Alto Adige” di stanza a Laives (Bz), a pochi chilometri dalla Val di Stava. Il Colonnello Luigi Foglia, all’epoca capitano e aiutante maggiore del reparto, rievoca la concitazione di quelle ore:

Ascolta l'intervista a Luigi Foglia

R. - Per l'esattezza i primi ad intervenire non siamo stati noi Carabinieri, ma sono stati i Vigili del Fuoco volontari della zona. In quel momento, erano le 12.22,  io ero con l'elicottero del centro di Volpiano, sopra, Tesero, quando il comandante del 7° Battaglione Carabinieri, il Colonnello Roberto Cirese, mi chiamo e mi disse: "Guarda che è successo qualcosa nella zona di Cavalese!". Virammo con l'elicottero e mi trovai di fronte la Val di Stava, che io conosco molto bene, e la trovai distrutta. Mi ricordo che chiamai il tenente Gervasi e gli dissi di preparare subito il Reparto di Soccorso e di partire. I nostri Carabinieri del 7° Battaglione, oggi 7° Reggimento, furono i primi come reparto organico ad arrivare sul posto alle ore 15.20. Ricordo ancor oggi la distruzione, ricordo la morte anche di 13 componenti di una famiglia, che io conoscevo personalmente molto bene, e di un Carabiniere ausiliario, che si era congelato da appena una settiman,a che era parente di questa famiglia, e poi la disperazione delle persone che si erano salvate e che cercavano i loro familiari, che invece erano rimasti sotto la melma della fluorite.

L'arcivescovo di Trento ha detto ieri che non è una fatalità quello che è successo in Val di Stava, c'è la responsabilità dell'uomo...

R. - No, questo non fu subito evidente. Noi eravamo arrivati là principalmente per dare un aiuto a chi c'era, e poi arrivarono anche gli Alpini e facemmo vigilanza antisciacallaggio, ma non eravamo autorizzati a pensare alle responsabilità. Però le responsabilità, secondo me, e questa è un'idea mia del tutto personale, c'erano e ci sono, nel senso che il primo invaso era stato costruito e tutto andava bene. L'errore umano, secondo me è stato quello di costruire il secondo invaso sul primo, senza pensare che prima o dopo avrebbe ceduto.

35 anni dopo, la Val di Stava ricorda con emozione, con dolore, quell'evento. Lei stesso ha dedicato una pubblicazione a quanto successe allora. Quali le emozioni di oggi?

R. - Allora, quali le emozioni oggi? I primi 20 anni sono stati 20 anni di giuste battaglie legali da parte dei parenti delle vittime. Io ero presente il giorno in cui celebrarono il ventennale: tante belle parole, tanti bei ricordi e c'è stata una ricostruzione, e mi ricordo che era stato realizzato un bel museo della memoria . E rammento ancora che 2 anni fa, in occasione del raduno del 7° Battaglione Carabinieri,  ci fu l'intervento di un responsabile di questo museo, che venne a spiegare che cos'è la Val di Stava adesso, per le persone, per gli abitanti di Tesero. Per me Stava è un brutto ricordo, un ricordo che tocca l'animo di tutti e sinceramente io ogni volta che qualcuno mi dice la parola Stava sto male. Sì, ho scritto una piccola pubblicazione, poche cose, ma sono i ricordi di quei primi giorni da quel famoso 19 luglio per un mese intero. Ricordo che ci sono dei colleghi, dei Sottotenenti, appena arrivati al reparto, che vennero mandati in servizio in Val di Stava per il servizio di antisciacallaggio con dei Carabinieri e che spiegavano a loro che quelle fiammelle che si vedevano nella notte, i fuochi fatui, erano purtroppo i residui carbonici dei cadaveri che erano ancora sotto il fango. E diversi Carabinieri chiesero di essere esentati dal servizio, più che per paura, per un sentimento di rispetto nei confronti dei morti.

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20 luglio 2020, 11:50