La devastazione nel Ghouta orientale (archivio) La devastazione nel Ghouta orientale (archivio)

Siria. L’Opera Don Bosco di Milano punta sul futuro dei giovani

La Fondazione Opera Don Bosco onlus di Milano, in collaborazione con quella di Lugano, ha dato il via al progetto di trasferimento e ampliamento del centro salesiano di Damasco: dal cuore della città al quartiere popolare di Jaramana, nel Ghouta orientale, teatro di sanguinose violenze negli oltre 9 anni di guerra. Si punta ad offrire una scuola professionale, un centro giovanile, un ambulatorio sociale con parrocchia e possibilità di ospitalità per i ragazzi

Giada Aquilino - Città del Vaticano

Un nuovo centro salesiano che inglobi quello già esistente a Damasco, per dare una possibilità di un futuro più stabile ai giovani della Siria, dopo oltre 9 anni di guerra. È la sfida lanciata dalla Fondazione Opera Don Bosco onlus di Milano a Jaramana, quartiere popolare dell’area metropolitana della capitale siriana. Il progetto vuole “offrire una scuola professionale, un centro giovanile, un ambulatorio sociale con parrocchia e con ospitalità per alcuni giovani”, puntando sulla formazione come opportunità per “superare anche quelle difficoltà che possono sembrare a volte insormontabili”, spiega a Vatican News Stefano Arosio, responsabile della comunicazione della Fondazione Opera Don Bosco onlus.

L'intervista a Stefano Arosio

R. - Quando nel dicembre 2018 siamo stati in Siria per verificare la situazione delle opere salesiane nel conflitto in corso, abbiamo constatato che il centro già presente a Damasco presta un servizio sociale, e non solo, a un grandissimo numero di giovani: più di 1.300 tra bambini, ragazzi e studenti universitari frequentano questa realtà, situata nella zona più centrale della città, vicino all'Ospedale Italiano, ma molto piccola per poter accogliere questi numeri. Ci siamo resi conto inoltre che una gran parte dei bambini arriva dal quartiere di Jaramana, attraverso un servizio di trasporto in pullman attivato dai salesiani. Per poter andare incontro al problema dello spazio e alla richiesta di aiuto da parte soprattutto delle famiglie dei più piccoli e poveri, si è pensato a come ‘spostare’ in qualche modo l’opera e crearne una più grande, anche nella prospettiva di dare un'opportunità ai ragazzi delle scuole superiori o delle università di una formazione professionale nell’ottica della ricostruzione. Allora si è trovato un terreno nell’area di Jaramana, una zona del Ghouta orientale tristemente famosa alle cronache per combattimenti cruenti e vittime.

Il progetto è già in corso: a che punto è?

R. - È stato acquistato il terreno, in una prima fase di circa 24 mila mq, a cui si è aggiunto un altro appezzamento e siamo arrivati attorno ai 26 mila mq sui quali innanzi tutto è stata effettuata un’opera di bonifica, essendo una zona di combattimento. È stato poi costruito un muro di recinzione e ora si sta concludendo la fase di progettazione, con gli ingegneri e gli architetti, affinché il centro che ora si trova nel cuore della città venga trasferito a Jaramana e possa offrire una scuola professionale, un centro giovanile, un ambulatorio sociale con parrocchia e con ospitalità per alcuni giovani.

Dopo più di 9 anni di guerra, in queste ore scattano le nuove sanzioni Usa previste dal Caesar Act, firmato dal presidente Donald Trump a dicembre con l’obiettivo di tagliare le entrate al governo del presidente Bashar al Assad. Che momento è per la Siria?

R. - I nostri amici salesiani, con cui siamo in contatto, proprio negli ultimi giorni ci hanno spiegato che già la guerra aveva portato notevoli danni e problemi di carattere economico, con una svalutazione altissima della moneta locale. Poi c’è la situazione legata all’embargo, a cui si è unito anche il lockdown per il coronavirus, anche se per fortuna ufficialmente il Paese non ha grandi numeri di contagi e di vittime rispetto ad altre zona del mondo: le attività economiche e commerciali sono state bloccate per più di un mese e quindi è ulteriormente peggiorata la situazione della popolazione che, a causa anche dell’embargo, si trova in condizioni veramente drammatiche. Molte persone non hanno più lavoro, non hanno più nemmeno un’attività minima per il sostentamento familiare. E nella zona di Jaramana, che è particolarmente povera e dove già ci sono campi profughi di iracheni e palestinesi, le condizioni sono ulteriormente peggiorate.

Il nuovo centro cosa vuole offrire ai giovani di Damasco?

R. - Il nuovo centro, che vogliamo realizzare come Fondazione Opera Don Bosco onlus di Milano in partnership con la Fondazione Opera Don Bosco nel mondo di Lugano, una delle realtà salesiane che si occupa di questo tipo di progetti, vuole arrivare a offrire ai giovani un luogo di ritrovo in cui vivere serenamente, in cui poter avere dei momenti di socialità allargata, in cui poter avere la formazione professionale. Stiamo studiando quali siano le esigenze del mercato del lavoro, quali possano essere le professioni più utili in questo momento da poter offrire ai giovani per un impegno di ricostruzione del Paese. Quindi anche la scuola professionale verrà realizzata in questa logica.

C'è già un'idea?

R. - Sicuramente tutti i lavori di ricostruzione delle infrastrutture, quindi carpenteria, meccanica, elettrotecnica: tutto quello che serve per far ripartire un Paese che è stato in gran parte distrutto. Per questo stiamo cercando vari sostegni e aiuti, anche pensando all’embargo che ci mette nella difficoltà in questo momento di far arrivare gli aiuti economici per attivare la costruzione. Ma si sta lavorando per affrontare tutte queste sfide e si sta cercando di sensibilizzare le persone a tale progetto. Abbiamo lanciato una raccolta fondi in entrambe le Fondazioni, in Italia e in Svizzera, per poter avere il sostegno di donatori e poter rendere concreto questo sogno. Quello che abbiamo detto nella presentazione del progetto è che se ci si ferma alla questione economica si rischia di non partire mai. In questo caso bisogna proprio pensare al sogno che è quello di dare un futuro a questi giovani, per poter aver poi la forza di superare anche quelle difficoltà che possono sembrare a volte insormontabili. Don Giordano Piccinotti, che è il coordinatore delle due Fondazioni, dice sempre che l’importante è partire, iniziare e trovare poi la strada di incontrare persone di buona volontà e che abbiano attenzione agli altri, affinché i progetti si realizzino. Sul nostro sito www.operadonbosco.it si può seguire ciò che stiamo realizzando, anche in questo momento di pandemia. Noi siamo figli di Don Bosco, che è stato un grande maestro in questo campo. Dai sui sogni si sono realizzate tutte le opere che in questo momento sono presenti in 132 Paesi del mondo.

Al centro di formazione verrà affiancato anche un centro medico. Si tratta di un impegno senza distinzione di credo religioso…

R. - Assolutamente. Anche per quanto riguarda il centro di formazione, per tutte le attività non c’è alcuna restrizione o alcun limite, come d’altra parte già succede. L’ambulatorio sociale avrà alcune visite specialistiche, un laboratorio dentistico ed uno oculistico per la popolazione della zona. E anche l’iscrizione alla scuola professionale sarà rivolta a tutti, soprattutto a chi ha più necessità a livello economico o per difficoltà o vulnerabilità personali.

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17 giugno 2020, 13:54