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Una fabbrica distrutta a Tripoli dopo gli scontri tra il governo di Al-Serraj e le milizie di Haftar Una fabbrica distrutta a Tripoli dopo gli scontri tra il governo di Al-Serraj e le milizie di Haftar 

Caos in Libia: la minaccia militare dell'Egitto contro il governo di Tripoli

Il presidente Al-Sisi si è detto pronto a schierare le truppe in Cirenaica e proteggere l’area di Sirte dall’influenza turca. Per il governo di Tripoli è una dichiarazione di guerra: aumenta così il rischio di una guerra per procura nel cuore del Mediterraneo

Michele Raviart – Città del Vaticano

Sirte è una “linea rossa”, superata la quale le forze militari egiziane devono essere pronte “a condurre qualsiasi missione, all’interno dei nostri confini o, se necessario, all’esterno”. Con queste parole il presidente dell’Egitto Abdel Fattah Al-Sisi si è rivolto sabato scorso ai soldati della base militare di Sidi Barrani, a circa 100 chilometri dal confine libico. Una prospettiva di intervento militare diretto che è stata giudicata come una “dichiarazione di guerra” dal governo di Tripoli guidato da Fayez al Sarraj e legittimamente riconosciuto dalla comunità internazionale, e che, con l’aiuto della Turchia sta conquistando posizioni a scapito del generale Haftar e del parlamento di Tobruk.

Al-Sisi: un intervento legittimo

Per il Cairo, infatti, quella è l’unica autorità legittima e per questo, ha ribadito Al-Sisi, “ogni intervento diretto da parte dell’Egitto” sarebbe “legittimo e in linea con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. “Le parole del presidente Al-Sisi”, spiega a Vatican News Gabriele Iacovino, direttore del Centro Studi Internazionali, “rientrano nella strategia egiziana”. “Il grande obiettivo”, sottolinea “è quello di non far arrivare forze vicine all’islamismo dei Fratelli musulmani o comunque a un islamismo internazionale, mantenuto e supportato da Paesi come la Turchia e il Qatar, vicino ai confini del Paese”.

Ascolta l'intervista integrale a Gabriele Iacovino

Tripoli: tutto il Paese è zona rossa

Sebbene il ministro degli Esteri egiziano Sameh Soukri abbia comunque sottolineato come l’intervento armato sia “l’ultima opzione per preservare la sicurezza dell’Egitto”, il governo di Tripoli ha rivendicato la sua autonomia. “Tutto il Paese è zona rossa”, si legge in una nota del Consiglio presidenziale libico, che si ritiene il “legittimo e unico rappresentante dello Stato libico” e l’unico ad avere il diritto di stabilire la forma e la tipologia degli accordi e di scegliere le sue alleanze”, riferendosi in questo caso ai rapporti politici e militari con la Turchia.

Rinviato il vertice della Lega Araba

La mediazione quindi si preannuncia difficile ed è stata rimandata a domani la riunione dei Ministri degli Esteri della Lega Araba, chiesta d’urgenza dall’Egitto e che non vedrà la partecipazione del governo di Tripoli. Per il ministro degli Esteri Mohammed Siala, questo avrebbe accentuato la spaccatura tra i governi arabi sulla crisi.

A rischio la stabilità del Mediterraneo

“La Libia purtroppo”, conclude Iacovino, “proprio per l’impossibilità finora di trovare una soluzione al conflitto sta diventando sempre di più il palcoscenico di una guerra per procura, con la presenza di forze esterne a quelle libiche. Più si va avanti, più questo rischio diventa concreto.  Quello che di fatto abbiamo visto in Siria nel corso degli ultimi anni, con l’intervento iraniano, russo, turco e americano, di fatto potrebbe diventare un qualcosa di reale anche in Libia, con tutte le conseguenze che si possono solamente immaginare in questo momento per quanto riguarda la stabilità dell’intero bacino del Mediterraneo”.

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22 giugno 2020, 16:16