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Crisi Covid-19, Presidente CESE: l'Ue ha mostrato una sinergia inedita

Alla vigilia del Consiglio europeo, che il 19 giugno si riunisce in videoconferenza per esaminare la questione della creazione di un fondo per la ripresa in risposta alla crisi e un nuovo bilancio a lungo termine dell'UE, Luca Jahier, Presidente del Comitato Economico e Sociale europeo, plaude agli sforzi delle istituzioni dell'Unione per rilanciare i rapporti tra gli Stati membri e rimettere al centro la solidarietà

Antonella Palermo – Città del Vaticano

"Next generation Eu non è soltanto un pacchetto di salvataggio, è uno sprone, un acceleratore per gli investimenti, per l'innovazione e per le nuove tecnologie; se lo sapremo fare il Next generation Eu rinnoverà il nostro mercato unico e consoliderà la nostra capacità di innovare la nostra resilienza”. Così la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, in un'audizione ieri all'Eurocamera, in cui ha definito il Recovery fund un patto generazionale. Su ciò che ruota attorno alla complessa operazione politico-economica, riflette nella nostra intervista Luca Jahier, Presidente del Comitato Economico e Sociale europeo (CESE), che spiega come il Recovery fund sia un pezzo di una strategia molto più ampia. Si concentra sulla “straordinaria e senza precedenti capacità di reazione dell’Europa in un tempo assai ristretto. Dal 13 marzo scorso – sottolinea - in quattro settimane l’Europa ha fatto più di quello che è stato fatto in quattro anni dopo l’esplosione della crisi finanziaria del 2008”. E precisa che ad oggi, l’insieme delle misure già esecutive superano i 5 trilioni di euro, “una somma superiore di cinque volte il piano Marchall a prezzi attualizzati. Stiamo parlando di un insieme senza precedenti per dimensioni, rapidità e profondità”.

La pandemia ha rafforzato il continente

“Non solo dal punto di vista delle misure economiche, ma anche sotto il profilo delle relazioni esterne, l’Europa ha mostrato una sollecitudine particolare, per esempio nei confronti dei profughi e rifugiati”, ricorda Jahier. “A pandemia in corso, nonostante la restrizione delle frontiere, l’Ue ha portato in porto il riconoscimento dei minori non accompagnati dalle isole greche che provenivano dalla Turchia, una operazione molto complessa, ha trovato i Paesi che potevano ospitare. L’Europa ha inoltre preso l’iniziativa di lanciare il grande evento mondiale di raccolta fondi di 7 mld per finanziare la ricerca sul vaccino per il Covid-19. Ha mostrato una forza inedita”. Jahier sintetizza ciò che abbiamo imparato tutti in questo periodo così difficile, un principio basilare profondamente radicato nella tradizione cattolica: che la mia salvezza dipende dalla tua sicurezza. E dice che questa è la grande lezione entrata nel cuore degli europei e che si è manifestata in una svolta straordinaria, quella avvenuta in Germania.

La svolta tedesca

Con uno sguardo a ritroso, Jahier fa memoria di quanto accadeva dieci anni fa.  “Merkel e Sarkozy decidevano i presupposti del patto di austerità per poter concedere soldi alla Grecia. Nacque una operazione di salvataggio basato però su tagli e riforme molto stringenti. Dieci anni dopo Merkel e Macron decidono che è ora di raccogliere denaro sul mercato privato europeo, di metterlo nel bilancio europeo, di garantirlo e di metterlo a disposizione a titolo gratuito, così sarà per i 500 mld dei 750 che la Commissione propone. E’ un cambio radicale. E’ una Germania che sul cuore spezzato costruisce una scelta politica sintetizzabile in mai più da soli”. Jahier spiega che la Germania - da sempre contraria a qualunque forma di ulteriore indebitamento o di condivisione del rischio per aiutare i Paesi più colpiti – fa sì che alla base delle misure prese ci sia un patto per cui diventa il paese che paga di più e l’Italia quello che beneficia di più dei fondi e alle condizioni più agevolate. “Se non si legge questo – scandisce - non si riesce a capire la profondità della svolta avvenuta in pochi mesi e con la convergenza di tutte le istituzioni, della gran parte dei governi e della gran parte delle opinioni pubbliche europee: siamo oltre il 65% di adesione alle scelte tedesche. Siamo di fronte insomma a un capitale politico di energie che rimettono al centro la solidarietà che non si vedeva dalla fondazione dell’UE”.

Il ruolo del CESE

Il CESE non ha mai chiuso. E' una assemblea di 350 persone che rappresentano il mondo delle imprese, delle banche, dei lavoratori, degli ambientalisti, delle cooperative, tutto il Terzo Settore dei 27 paesi europei, una realtà composita che ha saputo creare convergenze cruciali. “Siamo stati i primi ad adottare delle risoluzioni che andavano nella direzione che poi è stata realizzata, i primi a parlare di ripartire dalla salute in Europa, i primi a sollecitare una ‘unione europea della salute’. Abbiamo messo l’accento su un bene che deve essere accessibile soprattutto tra le frange più povere ed escluse, che hanno meno mezzi, tra i più fragili in generale”. Così la salute, elemento pur marginale nei Trattati europei, diventa un progetto speciale all’interno dei pilastri della politica della Von der Leyen. Jahier spiega anche come il CESE sia stato “promotore di un movimento di opinione per spingere a una mobilitazione in giorni in cui non era scontato che si adottasse il primo meccanismo europeo di garanzia per la disoccupazione, che si adottasse una linea di credito di 200 mld. interamente dedicata alle spese sanitarie e correlate a un tasso di interesse minimo, dello 0,11%”.

L’Europa accoglie le istanze dei vescovi

I vescovi europei hanno invocato che bisogna lavorare insieme per una ripartenza che non lasci indietro nessuno. Come si è comportata l'Europa? “Sin da metà marzo le istituzioni Ue hanno detto proprio ciò che hanno chiesto i vescovi – sottolinea Jahier – e cioè che l’Europa si facesse presente sulle frontiere più necessarie, nell’accompagnare le fasce nelle regioni più colpite e che rimettesse al centro potentemente la parola solidarietà, non come misura secondaria ma come misura strutturale”. Attribuisce alla Presidente della Commissione europea, madre di sette figli con un passato da medico, la sensibilità di inserire la dimensione della cura nella politica. “Bisogna ora che questo venga capito e spiegato e che questo capitale non venga disperso ma consolidato e implementato”.

I rischi di polverizzare il capitale

Luca Jahier conclude individuando i rischi più forti in cui si potrebbe incorrere in questa fase: “che, aggirato il picco della pandemia, ciascuno torni ai propri interessi egoistici; il realizzarsi di una separazione dura con la Gran Bretagna, che avrà ulteriori assetti pesanti sull’economia a fine dicembre; il terzo rischio, il più grosso, è di difettare nella applicazione di quanto deciso. Ogni ritardo nella messa in opera di questi investimenti per le future generazioni renderà estremamente colpevoli”. Quale sarebbe la conseguenza? “Un effetto rivolta che sarà cavalcato dai soliti sovranisti e che travolgerà le nostre democrazie. Dobbiamo tutti lavorare perché il capitale politico diventi norma. Che i soldi non vengano sprecati dai soliti furbetti per interessi clientelari”.

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18 giugno 2020, 17:09