Padre Clint Ressler, molti dei suoi parrocchiani vivono iniquità sociali Padre Clint Ressler, molti dei suoi parrocchiani vivono iniquità sociali

Commozione e speranza alla cerimonia funebre per George Floyd

Migliaia di persone ieri ai funerali dell'afroamericano. Il prossimo 28 agosto un nuovo appuntamento a sostegno dei i diritti civili, a 63 anni dalla marcia su Washington. Padre Clint Ressler: si affrontino le radici del razzismo, le disuguaglianze sociali, economiche ed educative

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

A 57 anni dalla marcia su Washington, dallo storico “I have a dream” pronunciato da Martin Luther King, gli Stati Uniti vivranno un altro incredibile momento nella lotta per la conquista dei diritti civili ed economici degli afroamericani, si svolgerà il 28 agosto prossimo e sarà un corteo, aperto dai familiari di George Floyd e da quelli di altre vittime della violenza della polizia. “Neri, bianchi, ispanici ed arabi torneranno uniti nell’ombra di Lincoln per dire che è venuto il momento di fermare tutto questo”, ha annunciato il volto noto del reverendo pentecostale e attivista Al Sharpton, durante il discorso alla cerimonia funebre per George Floyd, ieri, alla North Central Christian University di Minneapolis, davanti ai familiari, agli amici, ai manifestanti, alle autorità locali, tra loro il sindaco e il capo della polizia. Sharpton ha chiesto di “restaurare ed impegnarsi di nuovo per quel sogno” che Martin Luther King aveva condiviso nel 1963, con il suo discorso davanti al Lincoln Memorial: quello di vedere un giorno abbattuto il razzismo, di poter vedere i neri godere degli stessi diritti dei bianchi, di vedere la fine delle diseguaglianze, esacerbate in questi tempi dalla pandemia di Covid-19.

8 minuti e 46 secondi, simbolo di un Paese che lotta per l’uguaglianza

Così come in altri momenti, anche durante la cerimonia per Floyd, la prima di tre che si terranno nel corso dei prossimi giorni, si sono vissuti in silenzio quegli 8 minuti e 46 secondi in cui l’agente Derek Chauvin ha tenuto premuto il ginocchio sul collo dell’uomo, nonostante le sue suppliche. 8 minuti e 46 secondi che sono divenuti un simbolo negli Stati Uniti per milioni e milioni di persone che, dal 25 maggio, giorno della morte del 46enne Floyd, stanno manifestando in tutto il Paese, chiedendo la fine di violenze e pregiudizi. “Si tolga il ginocchio dalla gola degli afroamericani”, ha invocato simbolicamente il reverendo Al Sharpton. Una prima vittoria per la comunità afroamericana, e in generale per tutti coloro che si stanno battendo per la parità dei diritti, è stata segnata dall’incriminazione per omicidio volontario, e non colposo, dell’agente Chauvin e di complicità per gli altri tre suoi colleghi, tutti tratti in arresto e per i quali è stato chiesto un milione di dollari di cauzione ciascuno. Si sta inoltre lavorando ad un pacchetto di riforme che assicurino una supervisione del lavoro delle forze dell’ordine e vietino la presa di soffocamento, quella usata da Chauvin su Floyd. Una pratica molto diffusa tra le forze di polizia negli Usa e che ha provocato la morte di altri afroamericani, spesso disarmati ed inermi.

In tutti gli Stati Uniti  manifestazioni per chiedere pari diritti

Per la decima serata consecutiva, ieri, il Paese è stato attraversato dalle manifestazioni per chiedere giustizia per tutti gli afroamericani uccisi dalla polizia e la fine della discriminazione razziale. Si è marciato pacificamente sul ponte di Brooklyn, a New York, e per le strade di Washington, Seattle e Los Angeles, le tre città dove è stato revocato il coprifuoco imposto dopo i gravi disordini dei giorni scorsi. Diecimila sono stati in tutto gli arresti nel Paese, la maggior parte dei quali per violazione del coprifuoco e per mancata dispersione. Una decina le vittime, morte in circostanze ancora da chiarire. Centinaia gli arresti per saccheggio e vandalismo, per un totale di 55 milioni di dollari di danni.  

Si allarga il coro di critiche contro il presidente Trump

Continua intanto la pioggia di critiche su Donald Trump, dopo quelle arrivate nei giorni scorsi da parte dei vescovi americani per aver “manipolato la religione”, con il suo omaggio al santuario di Giovanni Paolo II a Washington, a poche ore dalla visita ad una chiesa episcopaliana dove il presidente si era fatto fotografare con una Bibbia in mano. Oltre alla condanna dei presidenti predecessori, da Carter a Obama, è arrivata anche quella dell’ex capo del pentagono, il generale Mattis, che ha stigmatizzato l'uso dei soldati a Washington contro le proteste, accusando inoltre Trump di voler dividere gli Stati Uniti e di non essere un leader “maturo”. Contro Trump e il ministro della difesa Barr, inoltre, intenteranno causa l’American Civil Liberties Union, una delle principali organizzazioni americane per la difesa dei diritti civili, e Black Lives Matter, movimento attivista internazionale impegnato nella lotta contro il razzismo, per aver violato i diritti costituzionali dei manifestanti fuori la Casa Bianca, usando contro di loro i gas lacrimogeni.

Padre Ressler: molti dei miei parrocchiani subiscono il razzismo

George Floyd verrà sepolto a Houston, in Texas, dove è cresciuto, dove ha vissuto quasi tutta la sua vita e dove vive la maggior parte della sua famiglia. È stato proprio a Houston che si è svolta una delle più grandi proteste a cui hanno partecipato i familiari. “Lì la reazione è stata molto forte – racconta a Vatican News padre Clint Ressler, prete cattolico di Texas City, della chiesa di St. Mary of the Miraculous Medal – tuttavia oggi si vede un passo positivo, orientato al dialogo e a significativi cambiamenti”. La speranza di padre Clint è che vengano affrontate “le radici del razzismo, le disuguaglianze sociali economiche ed educative”. “Molti miei parrocchiani – prosegue il sacerdote americano – hanno subìto gli effetti del razzismo e dell’ingiustizia sociale, al tempo stesso è comprensibile che gli americani bianchi non se ne accorgano, alcuni non capiscono quanto sia profonda e di lunga data la sofferenza delle minoranze razziali”. La protesta pacifica, ritiene padre Clint, “è un valore fondamentale della società americana, la libertà di parola e la libertà di riunirsi pacificamente sono importanti qui”. Tuttavia, è la sua conclusione “sappiamo anche che possono sorgere situazioni instabili a causa della rabbia, anche se legittima, con un potenziale per condurre a qualcosa di produttivo e non solo distruttivo”. La grande diversità degli Stati Uniti, conclude padre Clint Ressler, “è una benedizione incredibile, che presenta anche sfide incredibili. È un laboratorio, per imparare a dialogare e vivere la regola d'oro: amare Gesù nello straniero”.

Ascolta l'intervista con padre Clint Ressler

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05 giugno 2020, 14:28