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Brasile, una campagna per sospendere l’attività mineraria durante la pandemia

Padre Bossi, missionario comboniano, spiega come nelle zone del Paese dove l’estrattivismo minerario è più intenso aumentino i contagi. “Per il dopo pandemia – spiega – temiamo aumento devastazioni ambientali”.

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

La vulnerabilità dei popoli indigeni dell’Amazzonia al tempo della pandemia, sottolineata da Papa Francesco al Regina Coeli del giorno di Pentecoste. È particolarmente evidente in Brasile. Qui, dove i contagiati di coronavirus hanno superato quota 700mila, le popolazioni amazzoniche rischiano di subire un genocidio, come denunciato recentemente dalla Repam, Rete ecclesiale panamazzonica. Particolarmente grave è l’aumento dei contagi nelle zone dove avvengono le estrazioni minerarie tanto che la Chiesa locale si è unita a un centinaio di organizzazioni della società civile per chiedere la sospensione dell’attività mineraria durante l’attuale pandemia. I sostenitori della campagna, intitolata “L’attività mineraria non è essenziale, la vita sì”, sottolineano l’inutilità per la sopravvivenza delle popolazioni di questa attività che anzi favorisce il diffondersi del virus assieme all’estrattivismo illegale, in questa fase sempre più tollerato. Della situazione della pandemia in Brasile e in particolare tra i lavoratori del settore estrattivo, ha parlato, in un’intervista a Radio Vaticana Italia, padre Dario Bossi, superiore provinciale dei missionari comboniani nel Paese latino-americano e tra i partecipanti al recente Sinodo sull’Amazzonia.

Ascolta l'intervista a padre Bossi:

R. – La pandemia di coronavirus sta lasciando il Brasile allo sbando: non sappiamo nemmeno prevedere il suo sviluppo e quando finirà. Ci troviamo in un contesto di totale disorganizzazione dal punto di vista sanitario e politico, un contesto che è arrivato al punto di ammettere linee di negazionismo. Ci sembra addirittura che, per poter mantenere il potere e il controllo del Paese, a qualcuno convenga conservare il caos nelle strutture e nelle relazioni. In questa fase i popoli indigeni denunciano una deliberata omissione del governo nel soccorrere la salute delle loro comunità, e queste denunce che sono state fatte riverberare in Brasile e hanno anche raggiunto il livello internazionale: almeno in due casi abbiamo riscontrato denunce alla Corte penale internazionale. Il caso delle miniere, delle industrie estrattive, è forse uno dei paradossi più gravi per il Brasile e per l’Amazzonia. In molti Paesi dell’America Latina, l’estrazione mineraria è stata dichiarata un’attività essenziale: questo, almeno in Brasile, è assurdo perché il prodotto interno lordo dell’estrazione nel Paese è lo 0,66% e dal 70 al 90% dei materiali estratti viene esportato. La domanda quindi è: per chi queste attività sono essenziali? Al contrario, per la popolazione e le comunità che si trovano attorno alle regioni minerarie e lungo tutta l’infrastruttura di esportazione, queste sono attività molto pericolose. Un dato lo rende molto chiaro: la media del rapporto tra i morti e i contagiati in Brasile è il 6%, ma nei municipi dove si riscontrano attività di estrazione mineraria questa media sale molto di più. Nella mia regione, ad esempio, nel Pará, in Parauapebas, abbiamo l’8%, nel municipio di Marabá il 18%. Ciò dimostra che persone che si trovano in regioni già colpite dall’inquinamento e dagli impatti dell’attività mineraria, sono molto più sensibili e fragili all’attacco del virus. Le terre indigene, come abbiamo detto, sono quelle più esposte e anche in questo caso le attività di estrazione mineraria sono una minaccia incredibile: in particolare, nelle regioni indigene in questo periodo di pandemia si porta avanti il progetto di regolarizzare legalmente le attività minerarie delle grandi imprese, ma anche l’estrattivismo illegale che sta avvenendo, soprattutto da parte dei cercatori d’oro. Solo nella regione del popolo Yanomami, nella Rondonia, si trovano 20 mila garimpeiros – cercatori d’oro – illegali, che con le loro invasioni stanno distruggendo e inquinando i fiumi ma anche contaminando la popolazione tramite il Covid.

C’è stata una mobilitazione civile anche con l’appoggio della Chiesa, per impedire una strage?

R. – La Chiesa si sta muovendo in modo – a me sembra – abbastanza organizzato e forte. Io faccio parte, come consigliere, della Commissione episcopale per l’ecologia integrale e le attività estrattive, e stiamo proponendo molte riflessioni, denunce … abbiamo fatto un percorso tematico sul tema dell’estrattivismo minerario durante la “Settimana Laudato si’” … Altre Commissioni della Conferenza dei vescovi brasiliani sono molto attive, come la Commissione per l’Amazzonia o la Commissione per la trasformazione sociale; e anche la nostra rete ecumenica “Iglesias y Minería”. Noi come Chiesa ci siamo uniti a una serie di altre organizzazioni della società civile, in Brasile, attorno a una campagna che è stata firmata da più di 100 organizzazioni e da più di 800 persone singole, il cui titolo è molto emblematico: “L’attività mineraria non è essenziale, la vita sì”. La vita, sì. Questa campagna esige e sollecita la sospensione, durante il tempo di pandemia, delle attività minerarie per i motivi che spiegavo all’inizio, ma anche chiede che si garantiscano, in questo periodo di sospensione, i salari e le tasse che sono pagati da queste imprese; e si mantenga soprattutto la regolamentazione pubblica sui ritmi e le tasse di estrazione, e anche la gestione degli stock già accumulati, per non forzare l’estrazione e il ritmo forsennato dell’estrazione, in questo tempo di pandemia.

Lei crede che queste azioni arriveranno a risultati concreti?

R. – Io direi che qualsiasi campagna o denuncia, oltre ai risultati immediati, sta contribuendo a far riflettere e a porre basi per un nuovo inizio. Infatti, lo scenario, la prospettiva più probabile nel dopo-pandemia qui, in Brasile – credo in tutta l’America Latina – è il ritorno e il recupero di un ritmo violento di saccheggio e di estrattivismo depredatore, per competere con il resto delle economie mondiali. Praticamente, di fronte a una prospettiva di crisi economica, ciò che sarà più facile per le visioni ristrette di una politica fatta di interessi, sarà di considerare l’Amazzonia e il resto dei territori brasiliani come spazi vuoti da conquistare, ripetendo oggi, di nuovo, e intensificandola, una logica coloniale, una logica di saccheggio per l’esportazione. Non è questa la linea che propongono la “Laudato si’”, il Sinodo dell’Amazzonia, che ci stimolano a sospendere, con vigore e con decisione, le estrazioni in questo tempo di pandemia. Dobbiamo sapere dire “no”: sono altri i cammini che dobbiamo percorrere, e questi cammini – come dice molto bene l’Enciclica “Laudato si’” – partono dal protagonismo delle popolazioni nei loro territori, perché sono loro che conoscono in modo più profondo e in modo affettivamente più vincolato quello che può essere il futuro della vita nelle zone in cui esse hanno posto le loro radici. Quindi, restituire il protagonismo alle comunità nei territori è uno degli obiettivi delle nostre campagne, dei nostri lavori di evangelizzazione, ma è anche un obiettivo di lungo termine per la Chiesa e la società nuova, che dovranno riaprirsi dopo la pandemia.

Possiamo dire che la situazione creata dalla pandemia conferma la pericolosità di certi modelli economici globalizzati, più volte denunciati da Papa Francesco?

R. – Papa Francesco non risparmia parole nell’attaccare questo modello economico che ci ha portato veramente al limite della sopravvivenza. Ricordiamo che l’Amazzonia si trova al limite del punto di non ritorno, passando il quale si innescherà un meccanismo incontrollabile e irreversibile di autodistruzione e di desertificazione di questo bioma. Papa Francesco dice che questa economia non ha anima, e a Pentecoste, proprio facendo riferimento all’Amazzonia e al Sinodo, ha ripetuto che l’economia non è il tempio dello Spirito, mentre invece la persona e la creazione lo sono, sono il luogo in cui lo Spirito vive e abita. Questa economia uccide, sta scritto nell’Esortazione “Evangelii gaudium”. Ci sembra che l’intuizione di convocare i giovani per l’evento dell’”Economia di Francesco”, che subito, qui in Brasile, abbiamo ribattezzato come “Economia di Francesco e Chiara”, sia un’intuizione profetica perché ci aiuta a recuperare dinamiche, che tra l’altro hanno una fortissima dimensione femminile, di un’economia circolare, di un’economia che torna a valorizzare la dimensione locale, comunitaria: la dimensione dei beni comuni, la ricchezza dell’intuizione del bem viver – buen vivir; la diversificazione economica e, soprattutto, come dice la “Laudato si’”, la politica come l’istanza massima di controllo sugli interessi economici di pochi.

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09 giugno 2020, 13:45