Prigionieri legati ai talebani rilasciati il 26 maggio scorso dal carcere di Bagram Prigionieri legati ai talebani rilasciati il 26 maggio scorso dal carcere di Bagram 

Afghanistan: altri duemila talebani liberati dal governo

L’obiettivo di Kabul è arrivare alla liberazione di 5000 prigionieri in poco tempo, al fine di iniziare i colloqui di pace nel Paese dopo l’intesa tra insorti e Stati Uniti

Michele Raviart - Città del Vaticano

Il presidente dell’Afghanistan Ashraf Ghani ha annunciato oggi la liberazione di altri 2000 detenuti legati ai talebani, una delle condizioni necessarie per avviare le trattative di pace e porre fine a quasi vent’anni di guerra. Già mille prigionieri erano stati rilasciati due settimane fa in occasione della fine del Ramadan, mentre altre duemila persone saranno liberate entro una data che sarà presto annunciata. Cinquecento, invece, i prigionieri liberati dai talebani.

Positiva la risposta dei talebani

“Se i 5.000 prigionieri nella lista che abbiamo fornito al governo saranno tutti liberati, saremo pronti a tenere negoziati entro una settimana”, ha commentato il portavoce talebano Suhaili Shaheen dal Qatar, il luogo dove gli insorti mantengono i contatti con gli Stati Uniti e dove a gennaio era stata siglata un’intesa al fine di favorire gli accordi di pace e far ritirare le truppe americane dal Paese.

Il ruolo degli Stati Uniti

Al momento dell’accordo Usa-talebani, spiega a Vatican News Francesca Manenti, responsabile del Centro Studi Internazionali per Asia e Pacifico, il governo era molto restìo a liberare i prigionieri, anche a causa delle difficoltà politiche tra Ashraf Ghani, poi divenuto presidente, e il suo rivale Abdullah Abdullah, che detiene metà della maggioranza del parlamento e guiderà gli eventuali colloqui di pace. Decisivo è stato l’intervento americano, con la visita in Afganistan del segretario di Stato Pompeo che, ricorda ancora Manenti, aveva definito lo stallo politico “un problema e una minaccia alla sicurezza nazionale” degli Usa.

Ascolta l'intervista integrale a Francesca Manenti

Continuano gli attacchi nel Paese

D’altra parte sul terreno, sebbene sia in vigore un cessate il fuoco informale, si registrano decine di attacchi da parte talebana alle autorità governative. “In questo momento sembra comunque esserci una volontà da parte talebana di arrivare a un negoziato”, sottolinea Manenti, “perché il processo che si è creato riconosce ai talebani una legittimità politica che in questi anni non è mai stata riconosciuta come tale. Per i talebani questa è una sorta di strada spianata per tornare a Kabul entrando dalla porta principale e non dalla finestra”. Gli attacchi servirebbero quindi a dimostrare la propria forza sul campo alle altre forze afghane.

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12 giugno 2020, 12:37