Bambini in una biblioteca di Lagos: senza istruzione si rischia di perdere una generazione Bambini in una biblioteca di Lagos: senza istruzione si rischia di perdere una generazione 

Nigeria: il dramma dei bambini vittime di Boko Haram

Amnesty denuncia la drammatica condizione di migliaia di minori rapiti dai jihadisti e poi detenuti illegalmente nei centri gestiti dall’esercito. Senza istruzione si rischia di perdere una generazione

Michele Raviart – Città del Vaticano

Una “generazione perduta”, quelle dei bambini del nord-est della Nigeria vittime dei traffici degli islamisti di Boko Haram negli Stati di Borno e Adamawa. Rapiti per farne dei soldati o delle spose, spesso continuano a subire traumi anche dopo la loro liberazione, in strutture rieducative che sono soltanto centri di detenzione illegale. A denunciarlo è Amnesty International in un rapporto intitolato “Ci siamo asciugati le lacrime: occupiamoci dei bambini vittime del conflitto della Nigeria nord-orientale”.

Le ragazze rapite a Chibok nel 2014

Si tratta di “migliaia e migliaia di bambini”, spiega a Vatican News il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury. “Noi abbiamo conosciuto dei rapimenti di massa da parte di Boko Haram solo attraverso una vicenda, quella che ha riguardato le centinaia di bambine della scuola di Chibokh, sei anni fa”, ricorda Noury, “però rapire bambine e bambini è stata una prassi costante”. “Non sappiamo quanti siano morti negli scontri con l'esercito federale nigeriano, non sappiamo quanti siano morti di stenti o uccisi direttamente da Boko Haram quando cercavano di scappare”.

Ascolta l'intervista integrale a Riccardo Noury

Vittime dei jihadisti

I minori nelle aree sotto il controllo di Boko Haram, si legge nel comunicato, “sono stati sottoposti a torture, come fustigazioni e altre violenze, oltre a essere costretti ad assistere a esecuzioni pubbliche e ad altre brutali punizioni”. Nelle interviste condotte da Amnesty emerge poi la situazione di chi è riuscito a sfuggire ai jihadisti, come le ragazze imprigionate per anni e lasciate senza assistenza con i loro figli nati durante il rapimento.

Sfollati e prigionieri

In generale per chi fugge da Boko Haram ci sono due strade: o vivere da sfollati o essere catturati per anni dalle autorità nigeriane in quanto fiancheggiatori o sostenitori dei jihadisti. “La maggior parte di queste detenzioni sono illegali” e “possono configurarsi come crimine contro l’umanità”, scrive Amnesty nel rapporto, in cui si sottolinea che “i minori non sono mai accusati o perseguiti per un reato ed è loro negato il diritto di accesso a un avvocato, di comparire davanti a un giudice o di comunicare con le famiglie”.

L’operazione “Corridoio sicuro”

Violazioni sono state riscontrate, seppure in maniera minore rispetto ad altri centri di detenzione, nelle strutture realizzate grazie all’operazione “Corridoio sicuro”, finanziata da Unione Europea, Stati Uniti e Regno Unito. Nell centro di detenzione fuori Gombe, nell’omonimo Stato nigeriano e gestito dalle forze militari, a un sostegno psicologico e all’istruzione fornita non è corrisposta una sufficiente chiarezza sulle motivazioni legali della detenzione, mentre almeno sette detenuti sono morti per mancanza di assistenza medica adeguata.

Non rieducazione, ma detenzione

“Questo è l’aspetto ancora più triste di questa storia”, sottolinea Riccardo Noury, “la comunità internazionale dei donatori sta finanziando un programma di cosiddetta reintegrazione che si traduce sostanzialmente nella maggior parte dei casi in un sistema di detenzioni, prolungate, illegali, promiscue anche con adulti in cui ci sono numerosi casi di morte e ci sono violenze sessuali. Stiamo parlando di decine di bambini o ex-bambini che sono sottoposti a questo programma maldestramente chiamato di reintegrazione che in realtà è un programma di detenzioni illegali”.

L’importanza dell’istruzione

Secondo le Nazioni Unite i minori rilasciati da questi campi sono oltre 2800, ma non è possibile avere dati attendibili per le difficoltà di accesso a queste strutture. “Le autorità nigeriane sostengono di aver risolto il problema del conflitto con Boko Haram e nei territori del nord-est, ma in realtà il conflitto è tutt'altro che terminato”, conclude Noury, “devono porre fine a questo sistema di detenzioni di massa e garantire una protezione autentica, un recupero dal trauma e questo va fatto col migliore degli strumenti possibile, con l’istruzione altrimenti veramente quella generazione di bambini andrà perduta”-

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27 maggio 2020, 16:21