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Coronavirus: il Brasile diventa il terzo Paese più colpito al mondo

Più di mille i morti in una sola giornata. Oltre 570 mila i contagiati in tutta l’America Latina. Nuove manifestazioni in Cile contro il presidente Pinera, mentre rimane l’incognita Venezuela. Con noi, per una riflessione, la professoressa Antonella Mori esperta dell'area

Michele Raviart – Città del Vaticano

Con 1.179 morti per coronavirus nelle ultime 24 ore e oltre 270 mila casi positivi ufficiali, il Brasile è ormai il terzo Paese al mondo per numero di contagi dopo Stati Uniti e Russia. Una situazione difficile da monitorare e che riguarda soprattutto le parti della popolazione più povere che non possono permettersi di rimanere a casa e non lavorare.  Lo stesso governo centrale del presidente Bolsonaro, sebbene la Camera dei deputati abbia appena approvato l’obbligo di utilizzare le mascherine nei luoghi aperti, è sempre stato restìo ad ampie misure di lockdown ed è anzi stato in forte contrasto con le misure intraprese in questo senso da alcuni governatori degli Stati federali.

Le scelte di Bolsonaro

“Il costo per bloccare questa evoluzione così forte della pandemia”, spiega a Vatican News Antonella Mori, docente di Macroeconomia alla Bocconi ed esperta di America Latina, “sarebbe quello aumentare la crisi economica e portare la gente a morire per fame, quindi Bolsonaro preferisce consentire alle persone di uscire di casa per poter continuare a lavorare e lasciare aperte tutte le attività, sapendo però che in questo modo il contagio aumenterà”.

Ascolta l'intervista integrale ad Antonella Mori

Il conflitto con i governatori

“Alcuni sindaci e governatori sono riusciti in realtà a imporre dei lockdown nelle grandi città”, prosegue la professoressa Mori e “quando la popolazione riceve un messaggio così contraddittorio dalle istituzioni si creano delle situazioni  in cui, anche nelle grandi città, parte dei sostenitori di Bolsonaro escono  a manifestare contro il lockdown”.  Una situazione di incertezza in cui pesa anche l’assenza di un ministro della salute, dopo l’estromissione di Luiz Henrique Mandetta, medico vicino alle posizioni dell’Oms nell’affrontare il virus, e le dimissioni, pochi giorni fa, dell’oncologo Nelson Teich.

Perù e Messico tra i più colpiti

In generale in America Latina i contagi sono oltre 571 mila, con oltre 30 mila decessi. Le situazioni più gravi in Perù e in Messico, dove tuttavia la curva epidemica sta rallentando. In Cile ieri si sono registrati oltre tremila nuovi casi positivi e 31 morti. Sono questi i numeri più alti dall’inizio della pandemia, che non hanno impedito ai cittadini della capitale Santiago, una dei luoghi più colpiti dal coronavirus nel Paese, di scendere in piazza e manifestare contro il presidente Sebastian Pinera, sulla falsariga delle proteste per il carovita di inizio ottobre.

Proteste in Cile

“Sembrava che la situazione fosse sotto controllo invece negli ultimi giorni è tornato ad aumentare il numero dei contagi”, afferma Mori. Pinera ha irrigidito il lockdown è ha investito molto, “in termini di spesa pubblica, sia per aiutare le classi povere sia per aiutare le persone che in questo momento non stanno guadagnando”.  Le manifestazioni di questi giorni, che hanno portato il presidente ad annunciare una distribuzione porta a porta di 2.5 milioni di pacchi alimentari per i più poveri, fanno capire, spiega ancora la professoressa Mori, “che Pinera sa che non si può utilizzare il coronavirus per mettere un po' da parte il tema della riforma della Costituzione, perché l'attenzione dei cileni è un'attenzione ancora molto forte”.

Nessun dato certo dal Venezuela

In tutta la regione, poi, resta l’incognita Venezuela, da cui non arrivano dati sanitari certi. Poco più di 700 infatti, i casi segnalati con oltre 250 morti. “Il coronavirus è arrivato in Venezeula e questa è un'ennesima crisi che si somma a quella istituzionale, politica, economica e umanitaria quindi il quadro non può che essere drammatico”, conclude Antonella Mori. “Già sapevamo prima del coronavirus che negli ospedali mancavano le medicine, alcune volte manca l'elettricità quindi la situazione non può che essere drammatica. In più alcuni venezuelani che hanno lasciato il Paese ed erano andati in Colombia per esempio, e si erano fermati lungo il confine stanno tornando  e anche quello può essere un canale di contagio nuovo”.

 

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20 maggio 2020, 16:17