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Moschee chiuse per il Ramadan Moschee chiuse per il Ramadan

Ramadan al tempo del coronavirus, moschee chiuse e preghiere in casa

Inizia stanotte il mese sacro di digiuno per l’Islam. Per circa 1,8 miliardi di fedeli musulmani di tutto il mondo sarà impossibile pregare in moschea. Ma l’atto di culto, spiega Abdellah Redouane, resta lo stesso

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Sarà senza la preghiera collettiva al tramonto, sarà senza l’Iftar, la cena che segna la fine del digiuno, sarà con le moschee chiuse, ma sarà sempre il Ramadan, il mese sacro del digiuno, dedicato alla preghiera, alla meditazione e all'autodisciplina e, anche se in streaming, resta il Ramadan. Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale di Italia, noto come la Grande Moschea di Roma, spiega chiaramente come la pandemia covid-19 cambierà sì il modo di fare il Ramadan, ma sicuramente non l’atto di culto in se stesso. “Ci sono le alternative, la novità è che invece di andare in moschea si pregherà da casa”. “In queste settimane – racconta Redouane – ci siamo già abituati a convivere con questo virus che ha cambiato la vita e la quotidianità di tutti. Sta a noi fedeli interpretare al meglio questo atto di culto, seguendo gli stessi principi e le stesse regole del Ramadan abituale, eccetto, naturalmente, l’andare in moschea”.

Ascolta l'intervista con Abdellah Redouane

I fedeli seguiranno le indicazioni e resteranno a casa

L’Organizzazione mondiale della sanità, nelle sue raccomandazioni specifiche per i musulmani durante il Ramadan, ha consigliato a chi più debole o colpito dal covid-19 di consultare i medici prima di affrontare il digiuno, gli imam delle principali città italiane hanno invitato i loro fedeli a rispettare le regole del distanziamento sociale, avvisandoli via internet del dovere di restare a casa, è possibile però che si sfugga in qualche modo al controllo, in Italia ci sono molte sale di preghiera non ufficiali e non autorizzate. “Secondo quello che ci risulta – prosegue Redouane – la stragrande maggioranza dei fedeli è molto sensibile alla pericolosità di questo virus, sono convinti che restare a casa sia un modo per contrastare la sua propagazione”.  

Nel mondo adottate drastiche misure per evitare il contagio

Il Ramadan, nel mondo, interessa circa un miliardo e 800 mila fedeli, molti governi temono che il mese sacro possa scatenare una drammatica escalation della pandemia per la volontà di molti di voler correre il rischio di contagio pur di recarsi nelle moschee. Dall’Iraq alla Giordania, dall’Egitto all’Arabia Saudita, le autorità sono corse ai ripari con l’adozione di varie misure per arginare il pericolo. Si va dal coprifuoco, all’emissione di fatwa per scongiurare la partecipazione alle preghiere collettive. Chiuse le due moschee più sacre per l’islam, La Mecca e Medina. Stessa cosa per la moschea di Al-Aqsa, nella Città Vecchia di Gerusalemme, terzo sito più santo dell'Islam. In Pakistan, alcuni leader islamici si sono ribellati alla chiusura dei luoghi di preghiera, ma le autorità hanno proibito gli assembramenti.

“Voglio rimanere ottimista – continua Redouane – e pensare che questa prova vada combattuta assieme. Ciascuno deve sentirsi responsabile della propagazione o meno di questo virus, e accettare quelle che vengono definite regole restrittive, ma che io chiamo misure di protezione per i fedeli, è una sfida che va vinta assieme”. Il ruolo centrale lo hanno gli imam che, seppur non dal pulpito della moschea, comunicheranno con i fedeli attraverso internet e “continueranno a svolgere questo ruolo fondamentale di sensibilizzazione dei fedeli, invitando da una parte a seguire le regole, dall’altra a rispettare le prescrizioni religiose”.

Le parole del Papa sono una luce per tutte le religioni 


In questo tempo 'sospeso',  è necessario, inoltre, che le religioni si facciano testimoni di fratellanza universale, un esempio è stata la lettera inviata a Papa Francesco dall’ayatollah Alireza Arafi, rettore dell’Università internazionale al Mustafa di Qom in Iran, con la quale si indicava la necessità, in un momento di sofferenza per Paesi e nazioni, di formare una “comunità delle religioni celesti al servizio dell’umanità”. Le religioni, conclude Redouane, “devono concretizzare la fratellanza universale in atti di generosità verso l’altro, verso il prossimo, e su questo punto penso che Papa Francesco stia svolgendo un ruolo importantissimo, non c’è giorno in cui non faccia una dichiarazione che vada in questa direzione. Penso che il Papa, in questo periodo in questo buio, sia una luce che illumina la strada per tutti gli esseri umani indipendentemente dalle loro religioni, e i religiosi devono fare lo stesso”. 

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23 aprile 2020, 14:06