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Coronavirus: l'ospedale da campo alla fiera di Bergamo Coronavirus: l'ospedale da campo alla fiera di Bergamo 

Impotenti difronte ad un virus. Una lezione per il futuro

A Vatican News la testimonianza di Luca Lorini, direttore della Rianimazione dell’Ospedale di Bergamo: non siamo eroi ma persone che con passione fanno sempre questo lavoro. Il Covid è un nemico invisibile che ha favorito la solidarietà tra gli uomini

Luca Collodi - Città del Vaticano 

“L’hashtag #iorestoacasa non è sufficiente, e va inteso non solo come non si deve uscire di casa ma bisogna seguire invece il mantra #nessunoincontrinessuno, e va fatto nelle nostre case, con qualunque familiare: è così che si ferma la catena dei contagi”. “Se si deve aiutare chi ha bisogno, sottolinea Luca Lorini direttore del Dipartimento di Emergenza, Urgenza e Terapia Intensiva dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, vanno usati tutti gli accorgimenti del caso, anche se si sta bene, anche se non si hanno sintomi. Se facciamo tutti così, i casi positivi crollano: è l’unica arma che abbiamo per vinceremo il Covid”.

Ascolta l'intervista al dottor Lorini

La solidarietà vince il male

"Tutto il mondo parla di questo periodo come di una guerra. In realtà, se ci pensiamo bene, questa pandemia non ha niente a che vedere con le guerre. La guerra è fatta contro un nemico visibile, che fa rumore. Questo è un nemico invisibile. Le guerre, spiega il direttore Lorini, si fanno uomo contro uomo, in realtà questa è una pandemia dove per la prima volta tutti gli uomini del mondo sono uniti per combattere un nemico che non è al suo interno. La guerra ha una durata lunga. Questo virus non avrà la durata della guerra. E mi auguro anche che i numeri di una guerra, che sono spesso centinaia di migliaia di morti, grazie alla nostra capacità di restare insieme, di fare solidarietà, non siano quelli delle vittime belliche. Da mesi tutti parlano di guerra contro il Covid. Ma non è così”.

Non siamo degli eroi

“No. Non siamo eroi. Perché gli eroi sono quelli che tutti i giorni fanno ciò che è nelle loro possibilità". E noi facciamo questa cosa sempre nella nostra vita. Tutte le notti, tutti i giorni, le feste. Quindi non siamo degli eroi. Ma gente cosciente, consapevole, con tanta scienza, con passione, che tenta di fare il proprio mestiere tutti i giorni. La differenza con il passato è che oggi siamo sotto i riflettori e quindi la gente vede meglio quello che facciamo”. 

Un domani diverso

“Al riguardo abbiamo un sacco di speranza. Perchè alla fine, se siamo e saremo bravi a continuare così, stando a casa, il numero dei morti cala e mi auguro che continuerà a scendere. Ciò ci darà la grande possibilità di ripensare ad un mondo nettamente diverso e quindi alla lunga, questa lezione che ci è stata data da questo piccolo micro organismo potrebbe tramutarsi anche in opportunità”.

La sofferenza in corsia

“Per noi non è una cosa nuova. Forse la novità è il numero dei morti, la concentrazione, in così poco tempo. E la seconda cosa nuova è stata l'impotenza. Spesso abbiamo  malattie e le relative cure. Dei vaccini, terapie. In questo caso abbiamo visto subito che eravamo impotenti. Di fronte a questo micro organismo siamo tornati al Medioevo. E questo ci insegnerà molto per proseguire nel nostro mestiere nei prossimi anni”. 

La testimonianza dei malati

“Sì. I malati che si accorgono di finire in terapia intensiva hanno paura di non uscire più da quel posto. Di non risvegliarsi. E questo è il motivo per cui chiedo ai pazienti usciti dalla terapia che stanno andando a casa di lasciare a chi resta questa testimonianza: è molto, molto importante che i malati vedano che una grossa fetta, più del 60%, dei pazienti che finiscono in terapia intensiva vanno a casa guariti”. 

Carenza di mascherine e respiratori polmonari  

“Vorrei che fosse chiaro a tutti quanto sto per dire. In due giorni, del tipo pronti, via, abbiamo avuto la necessità di avere il 500% in più del materiale che normalmente utilizzavamo. E nonostante questo, Regione Lombardia, amministratori, direttori generali hanno chiesto tutto senza limiti, nè di soldi, nè di materiale. Ma il materiale non esisteva. Non c'è nessuno che 48 ore può passare da 10mila mascherine al giorno a un milione, perchè non esistevano fisicamente. Abbiamo dovuto lavorare giorno per giorno. C'è stata una sorta di azione di embargo, perchè chi produceva questo materiale all’estero non ce li ha mandati perchè serviva ai loro Paesi. Allora abbiamo chiesto all'Italia che divenisse autonoma nella produzione. Cosa che sta succedendo da pochi giorni.

Il problema della burocrazia

Quello che mi stupisce è che la gente  non capisce ciò e che i giornalisti, i politici capiscano che è la burocrazia il vero problema: un problema che rallenta tutto e che esisteva anche prima. Ora, dobbiamo fare in modo che queste cose che non funzionano diventino positive nel post Covid. Dopo infatti sarà un mondo diverso. E speriamo anche per la sanità. Quella italiana è la migliore al mondo, ma si può ripensare con un diverso equilibrio tra gli ospedali per malati acuti e la capacità di dare assistenza sul territorio”. 

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06 aprile 2020, 17:54