Volontari- Croce Bianca, Calusco D'Adda -Bergamo Volontari- Croce Bianca, Calusco D'Adda -Bergamo 

Giovani, volontariato e Covid 19: un'esperienza da non dimenticare

Sono ragazzi della provincia bergamasca, la più colpita dall'epidemia, che hanno lasciato studi e attività per mettersi a servizio della comunità, dei malati, degli anziani. Coinvolti emotivamente e scossi da situazioni anche più grandi di loro: sono i ragazzi della Croce Bianca

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano 

Si chiama Floriana Pellicioli e ha 24 anni, è in servizio nella Croce Bianca di Milano dal 2015 e, come lei, tanti giovani coetanei. Un volontariato faticoso sempre, perchè impegnativo, ma mai come nell'ultimo mese quando il Coronavirus è dilagato nella provincia bergamasca dove abita, a Calusco D'Adda, trasformando i turni in 8 ore continuative e chiamate incessanti, tutte Covid, tutte importanti. In soli cinque giorni si è arrivati anche a 20 morti in questa piccola cittadina con lutti e contagi in crescita come in tutta l'Isola Bergamasca. Tante le famiglie in quarantena e molte spezzate dalla perdita di un parente o di un amico. 

La risposta a tutto questo è stata ed è, la solidarietà, anche oggi che le condizioni generali degli ingressi in ospedale e degli interventi di emergenza sono in via di miglioramento: c'è un sistema di spesa solidale per chi è in difficoltà e c'è un sistema di assistenza volontaria che è appunto quello della Croce Bianca che fa servizio da 118, fa trasporto sanitario per dializzati, fa da centro mobile di rianimazione con medici a bordo e pensa anche a recapitare la spesa o a fare consegnare pasti per chi ne ha bisogno. E nella squadra, in prima linea, ci sono giovani, per lo più ventenni, che hanno potuto  - in questo periodo di emergenza, lasciando attività lavorative e attivistà scolastiche - dare il cambio e sostenere i volontari più anziani coprendo turni pesanti fisicamente e psicologicamente.

Un'esperienza che li ha cambiati e che fa sperare loro che, quando tutto sarà finito, sia chiaro che "nessuno si salva da solo" e che ognuno "deve fare la sua parte per il bene di tutti".  È quanto in sintesi ci racconta Floriana, soccorritrice volontaria e caposervizio, che in questi giorni ha potuto fare tanto, ma non quanto avrebbe voluto, pur di salvare tutti:

Ascolta l'intervista a Floriana Pellicioli

R.  - Adesso come adesso devo ammettere che la situazione è molto migliorata in realtà, perché, rispetto a circa due- tre settimane fa, quando comunque la mole di lavoro era oggettivamente tantissima, e finivi un servizio e subito dopo c'era un altro,  tutti di emergenza-urgenza e quasi tutti comunque Covid, adesso siamo tornati, diciamo, alla normalità almeno come mole di chiamate urgenti.

È un'esperienza che però, in un certo qual modo, vi ha formato anche perché siete venuti a contatto con situazioni di dolore, di separazione, di distacco, di perdita spesso con la consapevolezza  di non fare in tempo, di non potercela fare. Ecco, questo che significato ha avuto per te?

R. - Io ammetto che ho avuto tante esperienze importanti, nel senso che poi tornavo a casa e mi sentivo di non aver fatto abbastanza, di non aver potuto fare abbastanza, semplicemente perché magari andavi sul paziente, e ti rendevi conto che il signore o la signora, avevano paura di andare in ospedale perchè temevano di non tornare più e di non avere più contatti con i familiari, come continua a dire la televisione. Ed è proprio brutto: tu non sai cosa dirgli, ti sforzi di dire che andrà tutto bene senza sapere tu stesso come andrà in realtà. Dei pazienti che ho soccorso, in effetti, alcuni ho saputo che appunto non ce l'hanno fatta, altri per fortuna ho scoperto che ce l'hanno fatta, stanno migliorando e presto torneranno a casa. Ma di tutti gli altri purtroppo non saprò mai se ce l'hanno fatta o meno. Quindi è abbastanza difficile. È da 5 anni che sono in Croce Bianca e non ho mai avuto problemi. Invece in questo periodo sono tutte situazioni difficili, tutte uscite che emotivamente ti coinvolgono molto e poi non devi aiutare le persone solo fisicamente ma devi proprio aiutarle anche psicologicamente, devi spingerle a resistere, devi convincerle che in ospedale la situazione migliorerà anche se non sei assolutamente sicuro che sia così, perché non sappiamo come andrà.

Si è detto che una delle cose belle di questo momento è stato il movimento di solidarietà che ne è nato e il fatto di ritrovarsi tutti dalla stessa parte: è una cosa che riscontri? E poi, c'è stato chi ha contraccambiato l'amore e la dedizione del vostro lavoro?

R. -  Sì, mi sono accorta in questo periodo che la gente ha davvero tanta comprensione e ci stima tanto per quello che facciamo. L'altro giorno una signora mi ha detto: "Non volevo neanche chiamarvi perché non volevo disturbarvi il giorno di Pasqua....". Ho notato che veramente la gente si è resa conto che siamo tutti nella stessa situazione e che dobbiamo aiutarci a vicenda perché altrimenti non ne verremo mai fuori.

Cosa ti auguri per il futuro prossimo e cosa vorresti che rimanesse di quanto stiamo vivendo, dato che alla fine ne usciremo sicuramente diversi forse migliori...

R. - Speriamo di sì. Io mi auguro innanzitutto che la gente si renda conto che siamo tutti uguali e soprattutto che dobbiamo aiutarci sempre; che non si può essere egoisti e pensare solo a se stessi ma che ognuno deve fare il suo per migliorare appunto la comunità.

Ti chiedo se hai fede e se ti è capitato di dire una preghiera per chi seguivi o per chi dovevi lasciare...

R. -  Sì io ho fede e sì mi è capitato certo di pregare per chi ho seguito, anche prima di questo periodo in realtà.

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18 aprile 2020, 09:00