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Coronavirus. Usa: rischio di calo del Pil fino al 30% nel secondo trimestre

Gli analisti continuano a studiare gli effetti del Covid-19 sulla fiducia dei consumatori, dopo che l’economia statunitense si è contratta del 4,8% nei primi tre mesi di quest’anno. Per Gianluca Pastori, docente alla Cattolica di Milano e ricercatore Ispi, un rimbalzo significativo potrebbe esserci dalla fine di giugno in avanti. Guardando alle presidenziali Usa, aggiunge, è presto per dire se si opterà per un voto via posta

Giada Aquilino - Città del Vaticano

L'economia americana nel trimestre gennaio-marzo 2020 si è contratta del 4,8%. Il dato riflette i contraccolpi del coronavirus, che influiranno con probabilità anche sul secondo trimestre: previsto un calo del Pil fino al 30%. Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, dopo che la Banca centrale Usa ha deciso di lasciare i tassi invariati nel range compreso tra lo zero e lo 0,25%, ha lanciato l’allarme proprio per il Pil del trimestre in corso, che potrebbe far segnare un "calo senza precedenti", visto che i danni economici del lockdown non hanno ancora evidenziato tutto il loro impatto.

La contrazione del Pil

Mentre il Covid-19 fa registrare negli Stati Uniti oltre 1 milione di contagi e più di 60 mila morti, i nuovi dati sul Pil indicano la maggiore contrazione economica dal 2009 e sono “un colpo molto grave”, dice a Vatican News Gianluca Pastori, docente di Storia delle relazioni politiche tra il Nord America e l’Europa all’Università Cattolica di Milano e ricercatore dell’Ispi. Si tratta, spiega, di “un colpo in larga misura inatteso e che contribuirà ulteriormente a deprimere la fiducia del consumatore americano. Questa era la grossa incognita di tutti gli analisti, cioè come avrebbe reagito il cittadino americano di fronte all'arrivo del coronavirus. Ha reagito peggio del previsto. Quello che potrebbe succedere in questo momento - prosegue Pastori - è che si inneschi un effetto cumulativo, cioè i dati confermano una sfiducia già esistente e questa sfiducia, a sua volta, accelera il processo di caduta del Pil”.

Rimbalzo nel terzo trimestre

Nelle ultime settimane, più di 26 milioni di persone negli Usa si sono registrate per la disoccupazione, un numero senza precedenti. “Di fatto è stata distrutta tutta la job creation realizzata dal 2009 a oggi. Cioè l'economia americana si ritrova in questo momento nella situazione del 2007 e forse anche un po’ peggio. E questo significa conseguenze su tutto il ciclo produttivo: sulla domanda, sulla produzione e quindi potenzialmente anche sull’occupazione. Sullo sfondo di questo scenario, che non è scuramente positivo, c’è però qualche segnale di speranza. Tutti gli osservatori sono abbastanza concordi nel prevedere un rimbalzo significativo non nel secondo trimestre, ma nel terzo, quindi dalla fine di giugno in avanti. E tale rimbalzo dovrebbe influire positivamente sull’occupazione. Il mercato del lavoro americano è tradizionalmente molto flessibile: ha perso molto in queste settimane e probabilmente continuerà a farlo nelle settimane future, ma dovrebbe riuscire a ricuperare, almeno in parte”. Per il ricercatore dell’Ispi il rimbalzo previsto nei prossimi mesi potrebbe essere legato anzitutto “alla fine della pandemia e alla conseguente ripresa dell'attività produttiva”. “Non dimentichiamo - aggiunge - che una situazione come quella che gli Stati Uniti stanno vivendo, come anche l'Italia, si traduce in un risparmio forzato, in una mancata spesa forzata, da parte dei cittadini che non possono uscire. Una parte di questa domanda, che non si esprime durante il lockdown, si esprime nelle settimane e nei mesi successivi. E questo dovrebbe aiutare la ripresa economica: dipende molto anche da come il passaggio alla fase 2 viene gestito”.

Le presidenziali

A proposito delle presidenziali del 3 novembre, il presidente Donald Trump ha negato di voler rinviare le elezioni sull'onda della pandemia. Secondo uno degli ultimi sondaggi, il 70% degli americani sarebbe favorevole ad un voto per posta. “È ancora molto presto per dire cosa si farà. In questo momento vedo la posizione del presidente Trump più come una risposta data alle pressioni democratiche perché si voti per posta. Già da diverso tempo è stato il partito democratico a dire di spostare il meccanismo elettorale sulla posta, sia per le primarie, sia per le presidenziali”. Un primo grande test di voto via posta si è avuto con le primarie democratiche in Ohio, vinte con oltre il 70% da Joe Biden, che ha recentemente incassato l’appoggio di Hillary Clinton per la corsa alla Casa Bianca. Nelle sue prime dichiarazione dopo i risultati dell’Ohio, Biden ha annunciato che, se fosse eletto, l'ambasciata americana in Israele rimarrebbe a Gerusalemme, pur criticando le circostanze in cui l'attuale presidente Trump nel 2018 ha operato il trasferimento della sede diplomatica da Tel Aviv. Nel caso di una vittoria, Biden ha annunciato l’intenzione di riaprire un consolato americano a Gerusalemme est con la prospettiva della soluzione dei due Stati, israeliano e palestinese.

L'intervista a Gianluca Pastori

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30 aprile 2020, 13:14