Operatori Rsa: siamo ‘vaccini’ contro incuria e indifferenza

Parlano due giovani donne che si prendono cura degli anziani ospiti in una Residenza Sanitaria Assistenziale della bergamasca. Attraverso la tenerezza dei loro gesti e sguardi, ci testimoniano l’accompagnamento dei più fragili in un frangente che ha sconvolto l’organizzazione degli spazi e del personale e imposto un di più di umanità

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Sale a 31, con una nuova vittima oggi, il numero degli infermieri morti per Covid-19 che hanno contratto il virus lavorando, di cui il 32% prestava servizio nelle Rsa. Su oltre 600 Residenze Sanitarie Assistenziali, centri di riabilitazione e lungodegenza e case di riposo controllati dai carabinieri del Nas, il 17% presentava irregolarità su procedure e spazi riservati a possibili casi di positività o sulla formazione di operatori e sulla dotazione di dispositivi di protezione. "Il tema delle strutture extra ospedaliere è fondamentale, servono un ripensamento e una revisione per un adeguamento progressivo non solo degli standard di cura, ma anche dei percorsi di presa in carico”, ha argomentato il vicedirettore dell'Oms e membro del comitato tecnico scientifico Ranieri Guerra, a proposito di quello che ha definito il “massacro” nelle Rsa. Al di là delle indagini che faranno il loro corso, vogliamo illuminare la tenerezza con cui operatori accorti accompagnano i loro gesti di prossimità per alleviare le sofferenze degli anziani e dei più fragili. 

Il di più della relazione

Nel centro di Cologno, in provincia di Bergamo, la Fondazione RSA Vaglietti-Corsini ONLUS accoglie 67 persone di varie età, con varie patologie e situazioni. E’ una realtà che si radica nel territorio con un forte senso di appartenenza nella comunità. Silvia Spolti, educatrice presso la struttura racconta che in questi giorni, in cui necessariamente gli ospiti non possono avere contatti con i propri familiari, “bisogna investire in un di più di relazione, che costituisce già il fulcro del nostro lavoro. Cerchiamo di dare loro delle parole belle, calde, in modo che si possano sentire persone non abbandonate. Anche per noi si pongono nuove sfide assistenziali. C’è il nostro sforzo di mantenere ai loro occhi una parvenza di normalità, anche in una situazione straordinaria.

Le video-chiamate e l'aggancio alla famiglia

“Tutta la nostra quotidianità è stata stravolta”, racconta Barbara Begnini, Operatrice Socio Sanitaria nel reparto Covid creato appositamente nella struttura. “Gli anziani non ci riconoscevano all’inizio, con le tute e le mascherine”. Attualmente ospita 11 pazienti, tutti dimessi dagli ospedali, ormai asintomatici, in attesa della negativizzazione dei tamponi, per poter poi essere riammessi a domicilio. “Stiamo creando un nuovo percorso costruito insieme agli stessi pazienti”, spiega Barbara. “Arrivano spaesati. Ci ha colpito molto che prima di riordinare i loro effetti personali, cercano il cellulare per sentire le loro famiglie. Per esempio, è entrata Suor Isidora, un poco sofferente; quando ha visto sul monitor il viso della sua Superiora le si sono illuminati gli occhi. Càpita a tutti. Quindi cerchiamo di trovare uno spazio di ascolto e dire parole che sanno un po’ di famiglia”.

Ascolta l'intervista a Silvia Spolti e a Barbara Begnini

L’inchino davanti alla persona che si spegne

“Qui non si muore, si scompare. Si ha la sensazione che le persone spariscano”, confida Silvia. “Se ne vanno in tanti e se ne vanno le nostre radici, come ha detto il Papa”. E racconta come la scorsa settimana ha assistito all’ultima chiamata di un familiare. “Accarezza tu per noi”, mi hanno detto di fare. Ho sentito tanta fiducia da parte loro. Ho capito davvero quanto siamo affidati gli uni agli altri. Diamo spesso un poco per scontato alcuni gesti, finiamo anche per banalizzarli, qui invece la carezza diventa un inchino alla vita che si spegne. Una riverenza verso lo spazio sacro dell’altro. Riuscire a tutelarlo, con delicatezza, con attenzione, diventa un esercizio per noi complicato ma credo ci stia insegnando che la persona che abbiamo davanti e il suo corpo sono sacri. Ci porteremo dentro anche questo ‘positivo’ di empatia e prossimità”.

Affidati gli uni agli altri

“Per ciascuna persona, credente o non credente, questo è proprio un tempo propizio per capire il valore della fratellanza”, conclude Barbara. “Un tempo di dedizione e servizio, di lavoro fatto con il cuore. Difficile, triste, quando smonti un turno e sai che una persona non ce l’ha fatta, ti senti impotente, ma bisogna continuare a sperare. Questa vicinanza è fondamentale, un semplice sguardo che va oltre gli occhialini che indossiamo, un sorriso che va oltre la mascherina sul viso, e un tocco che va oltre il lattice dei nostri guanti. Nonostante il buio che avvolge le Rsa, noi dobbiamo continuare e andare un poco oltre”.

Le donne e la cura

All’indomani del giorno di Pasqua, il Papa ha sottolineato il valore delle donne in prima linea, ricordando l’esperienza delle donne che andarono al sepolcro di Gesù e lo trovarono vuoto. “Anche in queste realtà di assistenza si possono vedere dei concreti segni di resurrezione”, ci tiene a dire Silvia. “Lo si vede tra noi operatori: si è creato il senso di condivisione, dell’impegno, dell’interessamento reciproco, anche del coraggio a entrare all’interno di queste situazioni. Tutti davvero stanno lavorando con senso civico e credo che questo vada riconosciuto. Stiamo riscoprendo l’attenzione degli uni verso gli altri. Stiamo andando nella direzione della speranza. Io credo che ci siano anche qui dei vaccini contro l’incuria, l’indifferenza, contro lo scoraggiamento. Stanno uscendo delle professionalità che noi stessi non ci riconosciamo e che invece abbiamo e che vengono dimostrate proprio in questi frangenti più difficili”.

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16 aprile 2020, 17:17