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Siamo i custodi gli uni degli altri

"Sono forse io il custode di mio fratello?": è la domanda che ci interroga e sfida in questo periodo di solitudine forzata ed emergenza in cui tutti ci si riscopre più fragili e bisognosi. La riflessione di suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità

Emanuela Campanile - Città del Vaticano 

Ci siamo "rincorse" come si dice, ma poi ce l'abbiamo fatta: appuntamento alle 16.00 per l'intervista telefonica. Suor Veronica Donatello è una vera forza della natura, nonostante i mille impegni da responsabile del Servizio nazionale CEI per la pastorale delle persone con disabilità, trova sempre tempo per tutti. Forse è vero che Dio lo moltiplica a quelli che Lui ama. Chissà.  

Ascolta l'intervista integrale a suor Veronica Donatello

Già, il tempo, che ne hai sempre troppo poco, che fugge in un lampo. Poi, all'improvviso, diventa troppo lento, troppo pesante, troppo solitario. E tutto per colpa di un virus. Suor Veronica intanto è già in linea. Ad iniziare l'intervista è lei, con una domanda:

R. - "Sono forse io il custode di mio fratello?. Sì, la risposta è sì. Più che mai, questo tempo credo ci stia offrendo la possibilità di riscoprire che siamo legati, cioè che ognuno è responsabile e appartiene all'altro, che appartiene ad una comunità che è più grande. Ecco, questa è una cosa che pregando mi ritorna. Sono il custode? Sì, e quindi, anche queste regole che ci vengono date in questo tempo, regole che avranno un inizio e una fine, servono per essere e per imparare ad essere custodi l'uno dell'altro. Nessuno è Dio. Siamo tutti fratelli."

Suor Veronica, ci stiamo scoprendo fragili, ma tante sono le persone disabili che vivono la fragilità ogni giorno. Una prova nella prova...

R.- Forse dovremmo imparare da loro che sono abituati a lasciarsi accompagnare, supportare dagli altri. Penso a loro, alle loro famiglie, ai loro genitori che in questo tempo vedono tolti dei servizi essenziali. Una situazione davvero complessa quanto lo è questa realtà che stiamo tutti vivendo. Veramente, l'unica possibiltà che vedo è farsi prossimi a quella famiglia o a quel nucleo attraverso la parrocchia, i vari numeri verdi messi a disposizione nelle città. Un giorno, una mamma mi ha inviato un messaggio con scritto "Non lasciamoci soli". Ecco, non lascimoci soli, perchè il rischio è quello di chiudersi. Penso, invece, che in questo tempo di fragilità ci possiamo fermare e custodire l'altro e anche noi stessi. Il Signore dice: Fermatevi e sappiate che io sono Dio. Dobbiamo recuperare la preghiera, le cose per le quali non abbiamo mai tempo, alcune relazioni. Questo, senza dimenticare che c’è gente che fatica nella quotidianità. Penso ad un disabile adulto, un pluridisabile, un apersona disabile rimasta sola ecco, penso che fare rete è un supporto, un piccolo passo che ognuno di noi può fare. Questo ti fa capire che appartieni ad una comunità. Dobbiamo imparare a custodirci.

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21 marzo 2020, 09:00