Soldati colombiani pattugliano le strade di Bogotà per far rispettare le misure di isolamento per il Coronavirus Soldati colombiani pattugliano le strade di Bogotà per far rispettare le misure di isolamento per il Coronavirus 

Colombia: guerriglieri dell’Eln annunciano un cessate il fuoco

In Colombia sembra poter risuonare l'appello alla pace fatto dal Papa. Il gruppo ribelle, fuori gli accordi del 2016, ha annunciato una tregua unilaterale di un mese, per agevolare la lotta alla pandemia. Il governo chiede la liberazione di ostaggi per sedersi al tavolo delle trattative e i vescovi si uniscono ad una voce nel chiedere alle organizzazioni armate illegali lo stop delle violenze

Marco Guerra – Città del Vaticano

“Un gesto umanitario nei confronti del popolo colombiano che soffre la devastazione del coronavirus”, con questa motivazione L'Esercito di liberazione nazionale (Eln) della Colombia ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale attivo per un mese a partire dal 1 aprile. In un comunicato pubblicato ieri suo portale Internet, il Comando centrale dell'Eln chiede quindi al governo di Iván Duque Márquez, di incontrarsi con la sua delegazione, che dal 2018 risiede a L'Avana, per raggiungere con il sostegno dei Paesi garanti del processo di pace, “un cessate il fuoco bilaterale e definito nel tempo".

Il governo: proposta “insufficiente”

L’esecutivo colombiano ritiene tuttavia che l’annuncio della tregua sia “insufficiente” ed esorta azioni concrete da parte dell’Eln, in particolare il rilascio di tutte le persone rapite dal gruppo ribelle. Il commissario per la Pace, Miguel Ceballos, ha ribadito che la guerriglia deve “soddisfare le condizioni imposte dal presidente per aprire uno spazio per il dialogo”. Attraverso un suo senatore, l’ex gruppo guerrigliero della Farc, che ha raggiunto l’accordo di pace con il governo nel 2016, ha lodato l’iniziativa dell’Eln definendola una “proposta che dovrebbe essere colta dal governo” e ha invitato le parti a creare un ambiente favorevole per la ripresa dei colloqui.

Plauso dall’Onu

L'annuncio del commando centrale della guerriglia è stato ben accolto da diversi settori politici e sociali, compreso il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, che il 23 marzo aveva chiesto un cessate il fuoco mondiale per fermare tutte le guerre per aiutare a far fronte al coronavirus. Il portavoce di del numero uno dell’Onu ha dichiarato di sperare che questo gesto "possa portare sollievo alle comunità e ai gruppi vulnerabili nelle regioni colpite dal conflitto in Colombia, e aiutare le autorità a concentrarsi sulla lotta contro la pandemia".

L’appello del Papa

E il cessate il fuoco di un mese annunciato dall’Eln va anche nella direzione auspicata all'Angelus da Papa Francesco, domenica scorsa, quando ha invocato la fine dei conflitti in corso con un appello al "cessate il fuoco totale". Il Santo Padre si è associato al richiamo delle Nazioni Unite, chiedendo inoltre “la creazione di corridoi per l’aiuto umanitario, l’apertura alla diplomazia, l’attenzione a chi si trova in situazione di più grande vulnerabilità”.

La speranza dei vescovi

Per i vescovi colombiani l’annuncio da parte dell'Esercito di liberazione nazionale (ELN) rappresenta “la speranza di un sollievo per coloro che soffrono maggiormente le conseguenze del conflitto armato”. E in un comunicato, pubblicato su Internet, a firma del presidente e del vicepresidente della Conferenza Episcopale e del vescovo ausiliare di Medellìn, invitano tutte le organizzazioni armate illegali a porre fine a qualsiasi atto di violenza .

Fermare le dinamiche di violenza

"Ci uniamo all'appello urgente di Papa Francesco e all'appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite – scrivono i presuli - l'attuale emergenza sanitaria e sociale richiede di fermare le dinamiche della violenza, per favorire l'aiuto umanitario e l'attenzione a coloro che si trovano nelle più gravi condizioni di vulnerabilità”. Ed estendono l’appello per la cessazione della violenza anche alle famiglie, essendo quello il primo spazio - osservano - dove si dovrebbe coltivare la pace.

Moro: “aperture” nel gioco delle parti

Per un’analisi della situazione e comprendere i reali margini di trattativa che posso portare ad un accordo di pace, abbiamo intervistato il professor Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo all’Università Statale di Milano ed esperto di America Latina:

Ascolta l'intervista al prof. Moro

R. – E’ una buona notizia. Nel senso che foss’anche una situazione di opportunismo, permette di uscire da una situazione in cui il dialogo con tutta la parte degli ex guerriglieri si era sostanzialmente bloccata. Allora, la Colombia ha sofferto questo percorso di dialogo con le Farc e le Farc sono diventate un partito riconosciuto, sono entrate nella vita civile, che comunque è una tensione all’interno del Paese. Il nuovo governo, viceversa, ha tentato di delegittimare per certi aspetti, almeno politicamente, le decisioni prese dall’ex presidente Santos, in realtà non ha cambiato nulla però non è andato avanti. Il risultato è che chi era rimasto fuori da quegli accordi, come l’Esercito di Liberazione nazionale, ha continuato sostanzialmente a rivendicare il proprio ruolo fuori dalla relazione politica con lo Stato.

Il governo ha risposto che non è sufficiente la proposta e chiede all’Eln di rinunciare a molte attività che definisce criminali, a iniziare, appunto, dalla liberazione degli ostaggi. Ci sono margini di trattativa, quindi?

R. – Io credo di sì. La risposta del governo fa parte del gioco delle parti. Ovviamente, la prima risposta di un governo conservatore come quello di Duque è quello di dire “non ci basta”; però già il fatto che abbia risposto dicendo “non ci basta” è diverso che dire “con voi non parliamo”, e permette di fare dei gesti concreti all’Esercito di Liberazione nazionale per mostrare che questa intenzione da parte loro è autentica. D’altra parte è anche vero che l’Esercito di Liberazione nazionale non ha fatto i passi che avevano fatto a suo tempo le Farc, per cui da un certo punto di vista è anche corretto chiedere dei gesti concreti, non solo di tregua ma anche di liberazione di prigionieri. Possiamo avere la speranza che nei prossimi giorni qualcosa di interessante possa capitare.

Papa Francesco ha chiesto di fermare ogni forma di ostilità nel pieno dell’emergenza che non conosce frontiere. La pandemia può rappresentare un momento di tregua per tante tensioni del Sud America e dell’America Latina?

R. – Sia la pandemia, sia interventi come quelli del Papa: quando diciamo che possiamo avere la speranza che qualcosa di interessante capiti, ci riferiamo anche al fatto che però questo dev’essere aiutato da interventi a livello internazionale che, come ha fatto il Papa, dicono: “Vale la pena, in questo momento”. E questo crea il contesto per cui diventi un po’ più facile fare dei passi in avanti da chi fino a ieri alzava i muri. Anche perché chi alza i muri ha sempre il problema di non voler perdere la faccia. Allora, se c’è una situazione d’emergenza e un invito così autorevole sopra le parti, ti permette di fare un passo avanti senza perdere la faccia.

Più in generale, l’America Latina come sta affrontando questa sfida, questa emergenza del coronavirus?

R. – Con grande preoccupazione perché il fatto più consistente è che in America Latina, come in tutto il Sud del mondo, non esistono sistemi di salute pubblica robusti e che garantiscano un accesso universale.

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31 marzo 2020, 12:46