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Libia: sì di Tripoli al cessate il fuoco chiesto da Russia e Turchia

Il governo riconosciuto di Tripoli accoglie l’appello di Russia e Turchia per la ripresa del processo politico. Mosca ed Ankara chiedono anche un cessate il fuoco da domenica prossima. Bruxelles esorta le parti libiche a sfruttare il ruolo di mediazione dell’Ue. L’analisi di Claudia Gazzini dell’International crisis group

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

Si moltiplicano gli appelli al dialogo politico per la soluzione pacifica della crisi libica. Da parte di Tripoli arrivano segnali di apertura alla richiesta di una tregua giunta ieri da Russia e Turchia. Il Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico (Gna) in una nota "accoglie con favore qualsiasi appello alla ripresa del processo politico e ad allontanare lo spettro della guerra, in conformità con l'Accordo politico libico e il sostegno alla Conferenza di Berlino patrocinata dalle Nazioni Unite".

L’analisi: centrale è riuscire ad avere un accordo

Al momento non si conoscono i dettagli della richiesta di porre fine alle ostilità entro la mezzanotte di domenica prossima. “Sappiamo che la posizione di Tripoli e della Turchia pone come condizioni il ritiro delle forze di Haftar dalle posizioni precedenti all’avanzata iniziata lo scorso aprile – commenta Claudia Gazzini, analista dell’International crisis group- e l’esclusione del generale da qualsiasi negoziato politico e non credo questa sia la linea della Russia. L’altra incertezza è sulla possibilità di implementare questo cessate il fuoco e sulle posizioni del nucleo egiziano, saudita ed emiratino che pure sostiene Haftar”. Serve un punto di partenza politico per far ripartire il dialogo e riportarlo nel solco degli accordi di Skhirat firmati nel 2015. “Il tema centrale è riuscire ad avere un accordo per un nuovo governo di unità nazionale – prosegue Gazzini - e su questo bisogna aprire le trattative. L’Onu aveva proposto un format, ai margini degli incontri che si sono tenuti a Berlino, che prevede la raccolta intorno al tavolo di rappresentanti del Parlamento di Tobruk e quelli del Consiglio di Stato di Tripoli e altri membri indipendenti. E’ un format difficilmente implementabile, quindi forse bisogna pensare qualcosa di più creativo. La difficoltà resta sul ruolo che può avere Haftar e i suoi esponenti in un futuro negoziato politico e se si piò andare al negoziato prima del ritiro delle forze”.

Ascolta l'intervista a Claudia Gazzini

La situazione sul terreno

Sul terreno, intanto, gli uomini del generale di Haftar continuano l’avanzata verso ovest: fonti legate all'uomo forte della Cirenaica parlano di raid aerei a ovest di Sirte per aprirsi la strada verso Tripoli, obiettivo dell'offensiva lanciata il 4 aprile scorso da Haftar. “Intanto – aggiunge l’analista – la popolazione continua a soffrire, soprattutto a Tripoli e nei dintorni. Nel resto del Paese, però, quello non colpito dai combattimenti, la vita va avanti normalmente come prima”.

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09 gennaio 2020, 12:46