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Iran-Usa, l'importanza della diplomazia internazionale per la de-escalation

Resta alta la tensione tra Stati Uniti e Iran dopo l’uccisione del generale Soleimani nel raid statunitense in Iraq venerdì scorso. L’Iran chiede vendetta e il ritiro americano dalla regione, ma il Presidente Trump difende il blitz per la sicurezza statunitense. L’importanza della diplomazia per tentare la de-escalation. Nostra intervista al professor Riccardo Redaelli, docente di geopolitica all’Università cattolica

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

In Iran si è registrato ancora un bagno di folla nelle celebrazioni per la morte di Qassem Soleimani. Oggi durante la cerimonia di sepoltura a Kerman più di trenta persone sono morte e decine sono rimaste ferite nella calca. E se il Presidente Usa Trump continua a difendere l'attacco aereo che ha ucciso il generale iraniano, affermando in un’intervista che il blitz ha reso gli Usa "molto più sicuri", da parte iraniana il Parlamento ha designato tutte le forze armate degli Stati Uniti "terroristi" e ha stanziato circa 200 milioni di euro a sostegno delle forze Qods, di cui il generale Soleimani era al comando.

Sako: “la regione è un vulcano”

“È necessaria la saggezza per evitare l’eruzione del vulcano in procinto di esplodere”. Così il patriarca caldeo di Baghdad, il cardinale Louis Raphael Sako, durante la messa dell’Epifania, celebrata ieri nella Cattedrale di San Giuseppe a Baghdad. Secondo quanto riportato dall’agenzia Sir, il cardinale si è rivolto “alle persone sagge di tutto il mondo perché evitino questa eruzione, poiché saranno le persone innocenti il carburante di questo fuoco”. Dal patriarca anche un pressante appello alla preghiera a cristiani e musulmani “affinché i responsabili delle decisioni agiscano saggiamente e valutino attentamente le conseguenze delle loro strategie”.

L’importanza dei diversi attori nella de-escalation

Intanto, la diplomazia è al lavoro: previsto per il 9 gennaio una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, mentre l’Europa si riunisce il giorno dopo per un Consiglio straordinario dei ministri degli Affari esteri dei Paesi membri. Proprio in queste situazioni di estrema crisi la diplomazia può e deve agire lavorando su più livelli, secondo il professor Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università cattolica: “Un primo livello di breve termine – afferma - è cercare di scongiurare un avvitamento della crisi con reazioni e controreazioni; sul piano più lungo, invece l’esigenza è portare su un binario più sensato le relazioni tra Iran e Usa che ora sono al punto più basso”. Se è difficile che un singolo fattore possa aiutare la via negoziale, l’Europa, secondo Redaelli, potrebbe giocare un ruolo più attivo, mentre riguardo agli altri attori internazionali: “A livello regionale, gli attori principali, soprattutto Israele e Arabia Saudita, soffiano sul fuoco, mentre a livello più ampio Russia e Cina potrebbero avere un ruolo ma per diversi motivi entrambe in questo momento giocano in modo molto attendista”.

Ascolta l'intervista al prof. Redaelli

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07 gennaio 2020, 13:15