Giornata internazionale l'abolizione della schiavitù Giornata internazionale l'abolizione della schiavitù

La schiavitù esiste ancora: almeno 40 milioni le vittime

Oggi, Giornata internazionale per l'abolizione della schiavitù, a ricordo del 2 dicembre 1949, data di approvazione della Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

La schiavitù non è un retaggio del passato. Sono trascorsi 70 anni dalla votazione, nell’Assemblea generale dell’Onu, di un accordo storico per sancire la fine di pratiche fortemente lesive dei diritti umani fondamentali, operate da soggetti privati, ma anche dagli Stati. Una Convenzione contro la schiavitù, in senso lato, concepita per richiamare la responsabilità dei Paesi membri delle Nazioni Unite a interdire situazioni di sfruttamento che un individuo si trova a subire a causa di minacce, violenze, coercizioni, estremo bisogno, inganni, abusi di poteri. Alla Convenzione entrata in vigore nel luglio del 1951 hanno aderito finora solo 82 Paesi.

Bandire sfruttamento e coercizione

Dai principi sulla carta, dagli impegni presi a parole non è stato facile passare ai fatti per bandire il lavoro forzato, specie di bambini e ragazzi, ma anche la servitù per debiti, i matrimoni forzati, il traffico di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, il reclutamento di minori nei conflitti armati.

Un giro d’affari di 150 mila miliardi di dollari

Ancora oggi, si stima, vi siano 40 milioni di persone vittime di moderna schiavitù, di cui 25 milioni forzate ad attività lavorative, che fruttano profitti illegali per 150 mila miliardi di dollari. Vi sono poi 15 milioni di persone costrette a matrimoni forzati e 150 milioni di minori costretti a lavorare, vale a dire un bambino su 10 a livello globale. Sono cifre, per quanto spaventose, in difetto, vista la difficoltà da parte delle agenzie dell’Onu e di altre organizzazioni non governative umanitarie di reperire dati su un fenomeno sommerso e praticato in tante diverse forme, che sfuggono ai controlli e alle regolari denunce.

Le donne principali vittime nell'industria del sesso

Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) sono 16 milioni i lavoratori ‘schiavizzati’ nel settore privato, in ambito domestico, edilizio, agricolo, oltre a quasi 5 milioni di persone costrette in servizi sessuali e circa 4 milioni sottomesse a lavori forzati imposti da autorità statali. Le donne e le ragazze sono le più interessate da ogni tipo di moderna schiavitù, rappresentano il 70 per cento delle vittime, con punte massime del 99 per cento nell’industria del sesso.

I Paesi più 'schiavisti' in Africa ed Asia

La moderna schiavitù è praticata in modo prevalente in Africa, seguita dall’Asia e dalla regione del Pacifico e la lista nera dei Paesi ‘schiavisti’ comprende ai primi dieci posti: Nord Corea, Eritrea, Burundi, Repubblica centrafricana, Afghanistan, Mauritania, Sud Suda, Pakistan, Cambogia, Iran.

Il traffico di esseri umani e di organi

Tra gli spaccati di realtà aberranti, sovente collegato alla tratta di esseri umani è il commercio di organi di persone costrette all’espianto, anche con la perdita della vita o che volontariamente sono spinti da estrema povertà ed ignoranza a venderli ai trafficanti di questo turpe mercato. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima, in difetto, che almeno il 10 per cento dei trapianti di organi sia portato a termine con pratiche illegali, con un giro d’affari compreso tra 840 milioni di dollari e 1 miliardi e 700 mila di dollari.  

L’India principale esportatore illegale di reni

Tra i Paesi maggiormente interessati è l’India, dove molti poveri usano i loro reni in garanzia di prestiti di denaro. Gli organi, in gran parte provenienti dalla ‘cintura renale’ dell’India meridionale vengono venduti a ‘clienti’ nello Sry Lanka, negli Stati del Golfo, nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Ma anche Canada, Australia e altri Paesi sviluppati sono tra i compratori di organi reperiti oltre in India, in Cina, nelle Filippine e in Pakistan. 

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02 dicembre 2019, 14:11